Mercurio Loi





LORENZO BARBERIS



Mercurio Loi di Alessandro Bilotta è indubbiamente stato uno dei fumetti più interessanti emersi dalla collana bonelliana Le Storie, che viene adesso sviluppato in una nuova serie della casa editrice, la terza a colori, dopo Orfani e, di recente, il giovane Martin Mystere. Editoriale delle grandi occasioni di Davide Bonelli, che parla apertamente di "ulteriore tessera al mosaico di novità e iniziative, trasformazioni ed esperimenti - nonché conferme e riscoperte". Insomma, l'idea che l'editore intende trasmettere è quella di un piano ben preciso che si va snodando con le varie nuove pubblicazioni.



Prestigiosa anche la cover di Manuele Fior, uno dei nuovi nomi del fumetto d'arte emerso in questi anni '10 (qui una serie di articoli su di lui apparsi su Lo Spazio Bianco, che permettono di farsi un quadro dell'autore). Anche qui, un'operazione che segue quella di Gipi copertinista della scorsa stagione di Orfani (vedi qui).









Disegnatore è Matteo Mosca, che aveva rappresentato già il primo episodio (in bianco e nero) apparso all'interno delle Storie bonelliane. Il segno estremamente dettagliato funziona anche col colore, e evidenzia al tempo stesso la scelta di coniugare in questo caso l'innovazione cromatica con un tratto più tradizionale, del resto in continuità con la prima storia in B/N. Anche l'impostazione di tavola continua ad essere abbastanza tradizionale.



Il maggiordomo di Mercurio ci accoglie nella storia con una prima serie di tavole in soggettiva di un personaggio ma anche, simbolicamente, del lettore (non a caso il capitano Farnese è un "personaggio muto", come implicitamente il Lettore Ideale - che non interviene nella storia, ma ne è un "personaggio" implicito, fondamentale alla sua riuscita).











Siamo nel 1826 (vedi questa dettagliatissima ricostruzione storica del contesto), poco dopo le vicende della storia precedente; troviamo subito Mercurio Loi molto in medias res in una seconda sequenza di apertura, che si conclude a p.33 segnando un primo dinamico terzo dell'albo. Mercurio va a riflettere dal suo barbiere, quasi uno psicanalista armato di rasoio (di Ockam?), mentre l'antagonista Spada si è lasciato catturare e condannare a morte come un novello Catilina antipapista.



Fin qui la struttura narrativa ricorda qualcosa del primo Sherlock Holmes di Guy Ritchie, del 2009, che inizia in modo molto simile. Naturalmente, mentre lì la struttura si chiudeva all'interno del film, qui il piano dell'antagonista è solo in parte accennato nelle sue prime conseguenze, nell'avvio di uno scontro che si può pensare si dipanerà nell'arco di tutta la serie.



Così, mentre il fumetto originale delle Storie era molto denso e intricato, qui la vicenda si sviluppa con un ritmo meno serrato, lasciando intuire l'avvio di una continuity non dissimile da quella di una serie tv.







I colori predominanti in copertina, il giallo e il blu, sono anche quelli che strutturano il fumetto al suo interno, ad opera di Francesca Piscitelli: un giallo solare prevale nelle scene diurne, il blu invece è il colore della notte. I due volti di un Mercurio Loi professore rispettato di giorno, investigatore esoterico nella Roma sotterranea e notturna.



Un contrasto simile a quello che ha strutturato in questi anni Orfani di Recchioni, giocato sul rosso dell'ultraviolenza sanguinosa e il freddo blu metallico della tecnologia. Un colore di nuovo emotivo, e non meramente figurativo: ma se in Orfani prevalevano appunto toni accesi, qui la scelta è per tinte più tenui e sfumate.



Non a caso, invece di un ipercinetico futuro, ci troviamo di fronte a un Holmes alternativo in chiave italiana (altra novità relativamente recente per la Bonelli, condizionata dalla "America On My Mind" spiegata da Castelli). Anche qui in fondo c'è un recente precedente nella stagione italiana degli Orfani (i quali, di base, erano spagnoli); e il fumetto bonellide aveva spesso trattato di protagonisti italiani, dalla Desdemona di Di Bernardo al "milanese" Long Wei, e, naturalmente, il Walter Buio di Bilotta stesso, nella Roma contemporanea invece di quella del XIX secolo.



Insomma, una serie interessante, che si va aggiungere al panorama bonelliano nella casella finora inesplorata (a livello seriale) del "giallo" di taglio storico.