Dylan Dog Old Boy #30 - Oltre i confini della realtà





LORENZO BARBERIS



Uscito il 24 giugno 2017 il numero 30 del Maxi Dylan Dog, dedicato come sempre alle vicende dell'Old Boy, ovvero il Dylan prima della "rivoluzione dylaniata" della nuova gestione del curatore Recchioni (possibili spoiler, as usual). Un albo indubbiamente particolare, perché composto non da tre storie differenti (come sempre avviene nel maxi) ma da una sola lunga storia divisa in tre parti. Questo ne fa, se non erro, la più lunga storia dylaniata finora pubblicata, ad opera di Luigi Mignacco come sceneggiatore.



Una uscita di dimensioni imponenti in un periodo affollato (subito dopo è uscito l'albo regolare, e a breve apparirà il nuovo Color Fest) che vede anche una importante svolta nel mondo dylaniato: la Bonelli - sempre più interessata al crossmediale - ha comunicato oggi di esser tornata proprietaria dei diritti del personaggio per i nuovi media, dopo averlo ceduto per la realizzazione di un poco apprezzato film americano. L'aspettativa è quindi alta per nuovi esperimenti in questa direzione (vedi qui i dettagli).



La seconda cover di Andrea Accardi sul Maxi ci mostra il tema dell'albo, la sfida ricorrente tra Dylan e la Morte. Il titolo rimanda ad "Ai confini della realtà", suggestione che resta però più sul vago.



I disegni sono di Giuseppe Montanari, affiancato come di consueto da Grassani ma anche da Cesare Valeri e Lopresti in altri punti. Il lavoro complessivo è comunque amalgamate dalle chine, curate da Montanari in modo da garantire l'uniformità stilistica nel suo consueto segno tradizionale.



Su questa fase del processo creativo, ho avuto occasione di confrontarmi con Montanari, sempre disponibile, che ha precisato meglio la metodologia di lavoro:



"Grassani è stato uno dei tanti giovani che si rivolse al mio studio circa quarant'anni fa, e col quale mi trovai in sintonia tanto da sceglierlo quando si trattò di iniziare Dylan Dog. Lui avrebbe fatto le matite (circa il 70%) e le altre le avrei fatte io insieme a tutto il ripasso a china che avrebbe uniformato il tutto. Adesso Grassani è un po' stanco e ha rallentato ulteriormente il suo lavoro e io mi sono trovato a dover integrare maggiormente le matite. Ovviamente con lui, dopo tanti anni, è più facile la collaborazione, ma sono contento di aver potuto inserire altre mani senza far soffrire la pubblicazione. Nel tempo ho avuto molti collaboratori che poi hanno preferito staccarsi per lavorare da soli, ma Grassani ha preferito rimanere abbinato a me. Ad esempio Claudio Piccoli è stato un altro mio collaboratore che, dopo un bel po' di anni e molti lavori fatti insieme, ha scelto di volare da solo, e adesso sta disegnando Julia per Bonelli. Ho scelto questo tipo di  "lavoro di gruppo" tanti anni fa, perché mi consentiva di lavorare per più Case Editrici ed essere sempre "coperto"."



La scelta di disegnatori continua così anche il gioco di rimandi tra gli albi della serie regolare - dove è avvenuta la crisi dylaniata avviata dal pensionamento di Bloch, e sotto l'egida distante dell'evanescente John Ghost - e il mondo di Old Boy, dove tutto è rimasto dove prima. Qui il parallelo è ovviamente con l'ultimo albo di Ratigher, il n. 369 (Graphic Horror Novel, qui la mia recensione), interamente giocato sul metaletterario, dove i tradizionali Montanari e Grassani erano affiancati all'"autoriale" Bacilieri.



L'ironia metaletteraria (pur più sottile) anche di questo Maxi è evidente dalla prima pagina, dove Irma (5.iii) è chiaramente un richiamo al nuovo cellulare senziente di Dylan Dog. Qui invece è una giovane prostituta che chiama in soccorso Bloch contro un misterioso killer che la polizia trascura, in quanto rampollo di una nobile famiglia. Appare evidente il rimando a Sin City di Frank Miller, soprattutto la prima storia (anche se gli sviluppi saranno differenti).









Torna, come in DD 369, lo splatter (p.14) e anche un certo erotismo sadico, presente nelle prime storie spesso specialmente in connessione a Montanari e Grassani.



Questa prima fase si conclude con un set up interessante e classico: Bloch e Dylan arrestano il killer, ma gli viene riconosciuta l'infermità mentale e quindi condannato a una pena mite, anche a causa del Sovraintendente (la scena ricalca quella avvenuta nella continuity regolare, dove nel 338 - Mai più, ispettore Bloch - il pensionamento di Bloch è guidato dall'azione del subdolo superiore, che fa una delle sue rarissime apparizioni).











Nella regolare la sua azione si può presumere legata alla scena occulta cui si collega anche John Ghost, ma anche qui - essendo il padre del killer un nobile dedito all'esoterismo - ci potrebbe essere un simile riferimento.



Inizia così il secondo terzo dell'albo, in cui appare una scena di "riempitivo" che cita "Uno studio in rosso" holmesiano (p.41), forse con un rimando anche allo studio fumettistico del curatore Recchioni (potrebbe essere un caso: ma l'albo di Ratigher è invece tutto giocato di metafumetto).



Anche la morte di Bloch rispecchia quella che viene citata (come pura ipotesi) nell'albo 338, p.103. Là la Morte fa carte false per impedire la dipartita dell'ex ispettore (in entrambi i casi per condizionare Dylan), qui invece per ottenerla, come tassello per ottenere poi il sacrificio dello stesso Dylan Dog, con cui si chiude la prima parte.















Si cita Donnie Darko, che è un innegabile rimando della storia (p. 89), ma anche, più sottilmente, la copertina di The Hound of Death, una raccolta di storie di Agatha Christie che contiene alcune storie sovrannaturali, inconsuete per l'autrice.









La seconda parte si apre con una sequenza onirica di Dylan Zombie, e con un rovesciamento completo di situazione che rimanda molto a quello del nuovo corso, pur essendo diverso: se nel "nuovo corso" Bloch è in pensione, Groucho sottotraccia opera per Ghost (o comunque contro Dylan) e Dylan, pur dissimulandolo in singoli albi, è in una crisi profonda (in parte affrontata in Mater Dolorosa), qui Dylan è morto, Bloch lo ha sostituito dopo la pensione e Groucho è divenuto muto dal dolore. In un certo senso, Mignacco rivendica che anche lo stile tradizionale poteva implicare dei "rovesciamenti" radicali del canone, purché si mettesse tutto a posto entro pagina 98 (qui ci sono tre storie per chiudere questa mini-saga eclettica).













Ovviamente, il fatto che la morte di Dylan sia definitiva è presto messo in discussione dagli antichi amici e alleati che cercano di salvarlo, Trelkowski e Lord Wells in team up, per una volta. C'è spazio anche per numerosi camei di vecchi amori e conoscenze ormai defunte, ritrovati nel multiforme universo degli inferi. P.142-144, con Dylan che si perde nello Spazio Bianco dell'Inferno, è un chiaro rimando all'albo regolare di Ratigher in edicola (in particolare alla sua conclusione). La sua presenza diviene una scheggia impazzita incastrata nel perfetto ingranaggio degli inferi, e il Burocrate Infernale si trova costretto a cercare di porre rimedio.













Ecco che su questo si apre la terza parte, dove Dylan va a Processo nell'inferno kafkiano di sclaviana memoria. Qui viene in mente l'albo di addio (non definitivo) di Sclavi al suo personaggio, al n. 250 (a colori), dove lo abbandonava davanti al tribunale infernale (per sempre; salvo il recentissimo ritorno in "Dopo un lungo silenzio"). Ma il tentativo di normalizzazione infernale non funziona e la storia procede verso la sua circolare risoluzione.













A differenza che nel 369, dove erano chiusi dal gioco letterario di Ratigher in una rigidissima griglia a sei vignette, in questo albo Montanari (con Grassani e i nuovi supporti) può usare appieno la sua griglia, ovviamente tradizionale ma variata, con frequenti quadruple efficaci e qualche soluzione grafica elegante (156), frequenti tavole mute (consentite dall'ampiezza della storia) e qualche rara splash page (144). 





La storia viene chiusa con una classica ma efficace chiusura circolare: nonostante l'ampiezza dello spazio narrativo - a volte riempito anche con sequenze abbastanza dilatate - Mignacco non si tiene spazio per un "debriefing" finale, ma chiude in modo abbastanza spezzato, con una scena che - a una rilettura anche solo mentale della storia - ripristina l'equilibrio ordinario, annullando tutte le molteplici svolte introdotte senza particolari "spiegazioni finali" al lettore (questa assenza di noterelle a margine è abbastanza in linea col "nuovo corso" più moderno).





Un buon esercizio di stile, insomma: in più, data la costante simmetria tra Maxi e Regolare (anche qui messa in scena), potremmo quasi pensare che la stessa "blanda continuity" dylaniata sotto Recchioni potrebbe essere prima o poi soggetta a un onirico restart tramite il classico gioco dei multiversi; o almeno ci si potrebbe tenere aperta questa possibilità.





Nel complesso, quindi, un albo interessante, anche solo per aver portato a buon fine la realizzazione della più lunga storia dylaniata finora apparsa, e aver introdotto così ancora una possibile variazione di sviluppo del personaggio, nel costante ampliamento delle forme espressive tipico del nuovo corso.