Color Zagor - Il Signore dei Cimiteri



In questo caldo agosto 2023 è in uscita il primo del mese, tra le altre cose fumettistiche, un interessante Color di Zagor che vede l'esordio su una storia lunga di Stefano Fantelli, per i disegni di Marcello Mangiantini, con i colori di GFB Comics e la copertina di Alessandro Piccinelli (colori di Roberto Piere) e lettering di Alessandra Belletti.

L'uscita è celebrata anche da Fumo di China 332, nello stesso mese in edicola, che le dedica la copertina (di mano di Mangiantini, appunto) e riporta all'interno ampia intervista a Fantelli.

L'albo, di 128 pagine a colori, per 8.90 euro, si intitola "Il signore dei cimiteri", e riprende il tema zombie, un classico di Zagor. Zagor infatti, ideato nel 1961 da Sergio Bonelli sotto lo pseudonimo di Guido Nolitta, con la realizzazione grafica di Gallieno Ferri, è uno dei più longevi fumetti italiani e quindi tra i più longevi mondiali (Diabolik è del 1962, quindi lo sopravanza in questo solo Tex, del 1948). 

Se Tex è il western puro, sia pure con periodiche puntate sovrannaturali tramite figure come l'antagonista Mefisto e altri, in Zagor si opera una contaminazione del tema western con frequenti elementi eclettici di tipo sovrannaturale: e tra questo il tema degli zombie è ricorrenti. L'albo "Zombi", del 1973, è ritenuto uno dei primi prodotti culturali italiani - perlomeno di ampia portata popolare, non di nicchia - in cui appare il tema degli Zombie. 



La trilogia di Zagor del 1973 è tra i primi esempi di ripresa del tema in ambito italiano, per quanto siano attestati precedenti.


Il tema era stato portato alla ribalta, nel 1968, dal primo film di Romero, "La notte dei morti viventi", che favorirà il fasto di questo genere horror tra '70 e '80. Romero tuttavia innova il genere horrorifico, introducendo il tema della natura virale, e non magica, del fenomeno. Dichiaratamente ispirata a questa revisione di Romero sarà anche la grande testata bonelliana dell'horror, "Dylan Dog" di Tiziano Sclavi, nel 1986, dove ci troviamo in un caso intermedio: Xabaras, figura faustiana, è a metà tra scienziato e stregone.

Il genere dei morti viventi, naturalmente, è di ben più lunga data, e affonda forse le radici già nel mondo classico greco-romano (vedi qui). Nel folklore di Haiti - quello da cui nasce il termine zombi - il voodoo arriva nel 1533 dall'Africa centrale con lo schiavismo, e una prima attestazione degli zombie sarebbe nel 1697, dove però sono ancora descritti come spiriti (vedi stesso sito di prima). La rivoluzione haitiana del 1791, celebrata come festa dalla religione voodoo, porta a una fuga in massa di haitiani verso la Louisiana, diffondendovi così il culto.

La prima menzione in Occidente del termine "zombi" nell'attuale accezione risale probabilmente al 1819, in una storia del Brasile del poeta Robert Sutney.

Il romanzo "White Zombie" di Seabrook del 1929 è ritenuto il primo romanzo ad affrontare ampiamente il tema, da cui il film ononimo con Bela Lugosi (1932) ritenuto il primo grande classico filmico, nel contesto del consolidarsi dei generi col sonoro.

Altri citano tra gli antecedenti "J'Accuse" del 1919, nell'età del muto, nel contesto della I guerra mondiale, senza rimandi però al folklore haitiano.

Nel fumetto il tema arriverebbe una decade dopo: probabilmente il primo caso è in Eerie n. 1, del 1947 (a quanto affermato qui).

In Zagor, il tema zombie si riconduce maggiormente alla prima tipologia puramente magica, in una trilogia da marzo a maggio 1973 che parte da "Vudu", prosegue con "La notte dei maghi" e si conclude con "Zombi". Il tema è stato ripreso più volte sulla testata, fino al recente "Zombi a Darkwood".





Ci sono, leggo online, altri antecedenti, tra cui Satanik, "I morti vivi", del gennaio 1967, precedente quindi il revival del tema zombie prodotto dal film di Romero, e parte invece della fioritura del fumetto "nero" (su questa testata, anche "Lo zombie", del 1970, successiva a Romero).

 Ci sono anche antecedenti bonelliani: sul Piccolo Ranger, il numero 86, "La legione dei dannati" di Lavezzolo e Gamba del 1971 (vedi qui), e la storia di Tex "Magia nera" con lo zombie Aaron è del 1971 (vedi qui), che probabilmente appaiono in seguito invece al gran successo del film - ma anche sulla scorta del successo del fumetto nero. La ripresa nel cinema italiano viene soprattutto dopo il secondo film di Romero, a partire dal cult "Zombie 2" (1979) di Lucio Fulci.

Sarebbe interessante vedere eventuali altri casi (se ne conoscete, segnalatemeli via facebook): quella di Zagor è comunque una precoce trilogia ampia dedicata a tale tema.

Anche quest'albo si situa in questo filone, con zombi classici, ciondolanti, lenti, creati per arti di magia oscura da uno stregone voodoo.



Fumo di China 332 dedica la copertina a questo evento fumettistico per il mese di agosto.


Stefano Fantelli, nome d'arte El Brujo, è un autore di horror affermato nella vitale nicchia gothica italiana: vincitore del Premio Letterario Navile, ha co-creato insieme a Rossano Piccioni il fumetto “The Cannibal Family” e ha collaborato con celebrità del fumetto e del cinema come Bill Sienkiewicz, Tanino Liberatore, Tito Faraci, Roberto Recchioni, Carlos Gómez, Ruggero Deodato, Edoardo Margheriti e Antonio Tentori. Autore prolifico, ha all'attivo una ventina di libri e fumetti di successo, inclusi "Mutazioni", "Blood Brothers" e "Thanks For The Zombie". Fantelli aveva esordito nel 2020 sulla testata con una storia breve sul Maxi Zagor, che ha rappresentato il suo esordio bonelliano in generale. Il curatore Moreno Burattini, con una buona intuizione, affida a Fantelli - grande appassionato zagoriano - una storia horror nel pieno delle sue corde.

Marcello Mangiantini, nato a Pescia nel 1971 e diplomato al Liceo artistico di Lucca, si avvicina al mondo del fumetto partecipando a un paio di edizioni del concorso "Pierlambicchi" di Prato. Nel 1995 entra a far parte dell'associazione “Lucca fumetto", nel 1996 con lo sceneggiatore Marco Di Grazia realizza i cinque episodi della serie Area 51. Nel 2000 pubblica, sempre sceneggiato da Di Grazia, "Filippo Mazzei, un eroe della Rivoluzione americana", biografia a fumetti. Nel 2002 realizza, su testi di Ermes Senzò, "Il Diavolo Bianco", quattro episodi sempre ambientati durante le guerre coloniali, pubblicati dall'Editoriale Mercury. Nel frattempo si dedica anche al disegno umoristico, illustrando "Le avventure di Aria & G", pubblicato dall'editore Titivillus. Nel 2003 inizia la sua collaborazione con Sergio Bonelli Editore, entrando a far parte dello staff dei disegnatori di Zagor, che è tuttora il suo ruolo prevalente in una collaborazione ormai ventennale.

Ma veniamo alla storia. Pur non essendo presente alcun riferimento esplicito alla trama, avverto il lettore che naturalmente si potrà anticipare qualcosa del suo svolgimento. Pertanto consiglio, se si temono particolarmente gli spoiler, di procurarsi l'albo e tornare poi qui.


Davide Barzi, tra gli sceneggiatori che apprezzo maggiormente, ha parlato di una storia "Tra Guido Nolitta e Stephen King", e in effetti Fantelli e Mangiantini sembrano puntare a un equilibrio tra tradizione zagoriana, rappresentata in primis dal disegnatore, e innovazione sotto il profilo orrorifico ad opera soprattutto del nuovo ingresso fantelliano.

Lo spunto per avviare l'avventura orrorifica diviene in questo caso la richiesta di aiuto dello storico personaggio di Guedé Danseur, ciarlatano e stregone amico del protagonista. L'esordio, e non solo per il tema zombie, è molto "dylaniato", con una scena disturbante sospesa tra onirismo e realtà.

Da qui arriva la trasferta per New Orleans, centro della Louisiana e della penetrazione del voodoo haitiano, il cui porto è introdotto da seducenti tavole di atmosfera, come la bella quadrupla di pagina 16. I disegni di Mangiantini aderiscono alle scelte tipiche di Zagor, con un segno preciso, dettagliato, dotato di una attenzione all'accuratezza nella resa dei vari scenari introdotti (ad esempio anche la scena della capanna iniziale, pur marginale nella storia, viene resa con attenzione). 

La colorazione mantiene anche qui scelte piuttosto tradizionali, con colori tendenzialmente realistici ma in una palette "cartoonistica", con un prevalere di tinte piatte e senza un particolare valore di connotazione "emotiva", come quella che in Bonelli era stata per la prima volta sperimentata in "Orfani". La resa del colore comunque complessivamente funziona, anche se le scene più orrorifiche, come appunto la bella sequenza iniziale, avrebbero forse reso altrettanto bene (o ancor meglio) in un bianco e nero "espressionistico", doverosamente caricato, specie trattandosi di scene molto classiche.

Altrettanto tradizionale è il montaggio di tavola, ovviamente, che si fonda solidamente sul montaggio su tre strip, disposte usualmente "a mattoncino". La cosa però consente di dare maggior forza alle occasionali variazioni, che sono presenti sia pur in modo ragionato.

Ad esempio, acquistano valore le ben calibrate quadruple, come pagina tav. 92, che dà molta efficacia al rito voodoo, e anche qualche rara splash page, come pagina 110, che usa addirittura l'espediente della "inset page", con due tasselli inseriti sullo sfondo generale. Non manca anche l'uso di vignette impostate in verticale, come p. 98. 

Un espediente frequentemente usato, e abbastanza raro in Bonelli, è la rottura del margine per dare maggiore enfasi a un movimento (si veda ad esempio in 111). Un espediente grafico efficace, che forse è più attestato su Zagor che altrove: mi pare che, in generale, su altre testate sia stato abbandonato in favore di un maggiore effetto cinematografico, la vignetta come schermo (che ovviamente non può essere spezzato) ma che qui è adottato con efficacia. 

Efficace anche la resa visiva della sconfitta dell'antagonista non-magico in 122, con una bella vignetta d'azione a sviluppo orizzontale. Tutte soluzioni, ovviamente, la cui riuscita si può apprezzare non come aspetti di montaggio in sé, ma per come Mangiantini le sa far funzionare con efficacia.





La declinazione del tema degli zombi è interessante, perché rinuncia alle grandiose scene ad effetto, gli attacchi di massa tipici di zombi antichi e moderni, mentre usa il tema per rendere gli zombi una metafora inquietante dello schiavismo. La cosa rende particolarmente riuscito anche Sucre De Mort, lo stregone che occhieggia in lontananza fin dalla copertina, al centro del suo esercito di non-morti: indubbiamente malvagio, poiché uccide senza scrupoli innocenti per rituali oscuri, ma tenuto sotto scacco da un bianco ancor più spregevole, legato a una avidità senza freni come i migliori antagonisti dei western bonelliani.

L'orrore più forte si concentra su altre pratiche voodoo, come ad esempio l'uso da parte dello stregone protagonista delle classiche bambole. L'effetto delle sue maledizioni è particolarmente inquietante, raggiungendo un livello orrorifico piuttosto disturbante, mai gratuito e inserito nel modo opportuno (vedi a puro titolo d'esempio la forza di p. 105 e p. 110). Anche i riti realizzati da Sucre De Mort sono rappresentati in modo sufficientemente inquietante, con versamenti abbondanti di sangue proprio e altrui.

Manca nelle creazione delle bambole voodoo così come lette da Fantelli un elemento classico nella sua rappresentazione nell’immaginario popolare, ovvero la necessità di possedere qualche elemento fisico della persona da colpire, cosa che limita i poteri del praticante voodoo che avrebbe altrimenti una vittoria troppo facile. Qui è l’esitazione dello stregone a creare una bambola voodoo di Zagor a salvarlo, concentrandosi, con un errore fatale, su antagonisti minori e sul Danseur. 

La azione di magia nera di Sucre De Mort è oltretutto in questo caso più illusionistica che reale, introducendo sofferenze disumane che sono però solo allucinazioni della vittima e non reali danni inflitti al soggetto. Forse per questa ragione si introduce questa variazione rispetto all'immaginario popolare.

Tra l'altro, le presunte "bambole voodoo" così come concepite sono prevalentemente un frutto dell'immaginario occidentale, che riadatta aspetti della magia popolare europea (e, se non erro, già romana) proiettandola su un popolo esotico (basti il rimando alla voce inglese di wikipedia sulle voodoo dolls, qui, che richiama poi altri saggi e articoli per chi vuole approfondire).

La riuscita dell'antagonista stregonesco fa un po' spiacere la sua sconfitta piuttosto repentina, mentre è lasciato del tutto in sospeso il tema della figlia, con cui il padrone bianco lo ricatta e lo costringe a compiere i suoi malvagi riti magici. Ovviamente, viene il sospetto che Fantelli si tenga qualche asso nella manica per un possibile ritorno del suo stregone. La morte, del resto, non è mai definitiva in un fumetto popolare: figuriamoci per uno stregone, mascherato, che muore per un colpo di fucile a lunga distanza (e gli eroi ne ritrovano il cadavere dopo un lungo lasso di tempo, impegnati nello scontro).

 Diciamo che il misterioso destino di Sucre De Mort non dipende tanto da Zagor in questo caso, ma dall'apprezzamento dei lettori. Mi pare un cattivo interessante, che ha ancora del potenziale da esprimere, magari combattendo al pieno delle sue capacità e non per un padrone che odia (a ben pensarci, i suoi "errori" potrebbero non essere così casuali...) e di cui ora si è liberato.





Tra gli aspetti che vanno segnalati è anche la buona riuscita della comprimaria femminile, non a caso chiamata Brigitte (un'altra eroina di Fantelli), che mostra la tendenza del recente Zagor ad allagare il cast a figure anche femminili. Un altro personaggio che meriterebbe sviluppo (e se si recuperasse la figlia di Sucre De Mort, si potrebbero immaginare interessanti tensioni narrative).

Insomma, nel complesso una storia riuscita, con uno sviluppo lineare che ha la sua efficacia drammatica classica, anche grazie alla buona caratterizzazione dei vari comprimari. Personalmente, viene l'interesse di vedere Fantelli in condizioni di sprigionare ancora più liberamente il suo gusto orrorifico, cosa che probabilmente si potrà apprezzare nel suo annunciato arrivo su Dylan Dog, annunciato nella bella intervista di Fumo Di China 332, "con curatore Franco Busatta" e quindi presumibilmente sull’Old Boy.

Ma devo dire che, da lettore solo occasionale di Zagor, leggerei con piacere il sequel di questa avventura orrorifica, quindi sicuramente per me l'esordio su una storia lunga è da considerarsi decisamente riuscito.