I dolori del giovane Elliot





LORENZO BARBERIS



Premessa



Sono uscite di recente le nomination del Premio Carlo Boscarato, legato al festival fumettistico di Treviso (qui un elenco completo). Come ogni concorso è un momento utile per fare un punto sullo stato del fumetto in Italia. Per intanto, mi sono accorto di non aver mai scritto nulla su Carlo Boscarato, il disegnatore trevigiano cui è dedicato il concorso: e pertanto ho rimediato con qualche annotazione sul mio blog presso Lo Spazio Bianco, che potete leggere qui.



Mi ha fatto poi piacere, spulciando le categorie, vedere in nomination molte cose che ho apprezzato e recensito per Lo Spazio Bianco, su Barberist e altrove. Andy Warhol l'intervista e Misdirection sono candidati per il miglior fumetto italiano, Nameless come miglior fumetto straniero, Pagliarani di Shadow Planet come miglior disegnatore italiano (su LSB; e su questo blog Mottura per Metopolis, Pontrelli, uno dei miei autori preferiti, per l'ultimo Color Fest), il disneyano Salati e Barbieri per Shadow Planet per il miglior sceneggiatore. Del Dragonero di Vietti ho parlato nelle pagine culturali dell'Unione monregalese, qui. Tra le "rivelazioni" ho accennato di Starace di Orfani sul blog e analizzato Elena Guidolin per il Progetto DKMO (qui). Copertinisti: Nigraz di NPE (LSB) e Cavenago di Orfani (blog). Coloristi: Piscitelli di Mercurio Loi, Mossa di Orfani, Algozzino su DD Color Fest (tutto sul blog).



Elliott



Mi sono reso conto di non aver scritto di nessuno degli "autori completi" in concorso, e questo forse riflette il mio interesse più spostato per il fumetto popolare (ho però letto l'opera di Mabel Morri e ne scriverò a breve); mi ha stupito di più non vedere nessun webcomic, una categoria che invece, sia pur più saltuariamente, ho seguito. Da qui, l'idea di scrivere queste due righe su Elliot della Wilder, l'unico che conoscevo già (due L, una T: una L in meno è abbiamo due celebri scrittori, una T in più e abbiamo un drago parlante). Qui potete trovare (gratis) tutta la prima stagione, e consiglio di leggervela prima della recensione (possibili spoiler, come al solito).



Sceneggiatura di Jacopo Paliaga, disegni di Ludovica Ceregatti, colori di Adele Matera (tutti e tre a pari grado col nome sopra il titolo: nella valorizzazione del colore la Wilder è in prima linea, anche su questo aspetto), con grafica e lettering di Maria Letizia Mirabella. Elliot è una serie supereroica di ambientazione inglese. Non un mondo dove i supereroi sono un fatto assodato, però, ma una vicenda in cui il protagonista scopre di possedere i poteri e ritiene questo fatto unico.



La gestione dello scroll è piuttosto simile a quella della Wilder, con il prevalere di un taglio orizzontale che diventa una sorta di schermo tv in 16:9 adattato al fumetto. La cosa è resa molto evidente dalla sequenza con cui si apre la prima puntata (e ritornerà circolarmente nel finale), dove il giovanissimo Elliot presenta i propri poteri su Youtube. Interessante la cura nei dettagli, le view che aumentano a dismisura sotto il video e i filmati laterali.



La citazione di una "signora Millar" fa subito pensare a Mark Millar e al suo Kickass, in una nuova ambientazione inglese, anche se lo spunto di partenza è differente (e al limite qualcosa del trattamento dello stesso può ricordarne lo stile): Kickass è un idiota privo di poteri che vuol giocare a fare il supereroe, Elliot ha enormi poteri che non sa gestire (una eterna metafora supereroistica dell'adolescenza) e diviene prigioniero dei media, fino a che tutto va orribilmente nel verso sbagliato (volevo titolare l'articolo Elliot e le Storie Tese, poi ho scelto una via più nobilitante per lo stesso concetto).



In qualcosa, l'evoluzione della vicenda potrebbe ricordare all'inizio anche alcuni spunti di una serie come Black Mirror per il realistico cinismo (anche Kickass diventava un fenomeno mediatico, ma era più centrale il sarcasmo sulla sua stupidità), complice anche l'ambientazione inglese e l'entrata in gioco della politica corrotta; nella seconda parte però la declinazione torna supereroica in modo tradizionale. Viene anche da pensare a un parallelo con la Londra dylandoghiana di John Ghost: se nel cosmo ideato da Roberto Recchioni abbiamo una multinazionale che controlla di fatto la corona inglese, qui al centro vi è una figura politica pura che esercita la stessa influenza. Ma si tratta di suggestioni che non credo abbiano - a parte Millar, esplicitato nel testo - una influenza diretta.



In linea di massima, comunque, un fumetto divertente, tarato su un pubblico giovanile come giustamente molti della Wilder, senza però rinunciare affatto a un certo tasso di ultraviolenza. La trama è non solo veloce ma, a tratti, anche precipitosa, ma mi pare un ritmo calcolato, la sperimentazione di un'accelerazione volutamente radicale per adeguarsi a tempi di lettura molto veloci tipici della rete. Anche i disegni di Ludovica Ceregatti si adeguano con un segno efficace e veloce: è quasi una banalità e un luogo comune, ormai, parlare di "dinamismo" nel fumetto contemporaneo, ma se mi si passa l'espressione di sintesi, in Elliot tale aspetto è reso apertamente evidente. Molto efficace però anche la parte espressiva dei personaggi, un po' caricaturale ma, anche qui, in modo voluto, quasi anche a stemperare con un po' d'ironia una trama per il resto piuttosto dura. I colori di Adele Madera si adeguano a tale contesto, e si nota una frequente presenza dei toni del rosso, non tanto per la presenza di scene splatter (come detto, la violenza è presente ma con una scelta visiva sintetica) ma piuttosto a livello espressivo, in scene magari molto belle di vedute al tramonto della suburbia inglese ma che il contesto rende cariche di una velata minaccia. Non è comunque una scelta pervasiva e monotematica (e monocromatica), più una suggestione: curioso invece che il polo della malvagità sia associato in prevalenza al bianco, più che a cromatismi scuri come sarebbe normale (ma, coerentemente, esprime anche la doppiezza dell'antagonista e le sue velleità auto-divinizzanti).



In attesa della seconda stagione, quindi, Keep Calm and Carry On.