Mercurio Loi 8 - Il colore giallo





LORENZO BARBERIS



"Mercurio Loi" (è notizia di questi giorni il passaggio della serie a bimestrale) continua a offrire storie di indubbio interesse, continuando a giocare su raffinate variazioni interne al fumetto popolare.



Questo "Il colore giallo", il numero otto della collana, non fa eccezione. Sceneggiato, come al solito, da Alessandro Bilotta e con copertina di Manuele Fior, vede i disegni di Matteo Mosca, ideatore grafico del personaggio, con i colori di Francesca Piscitelli (in quest'albo, particolarmente centrali, come diremo) e il lettering di Alessandra Belletti. Ovviamente, come al solito, nella seguente analisi sono possibili spoiler, e consiglio di leggere prima l'albo.



Il colore, come evidenzia il titolo, è protagonista in modo particolare di questa serie: infatti, come reso evidente fin dalla introduttiva p.5, il Giallo come colore primario personificato ne è il narratore. 











La cosa istituisce subito, con una brillante variazione, il secondo livello di lettura della storia, che ci costringe a guardare con particolare attenzione e sguardo diverso la presenza di questo colore tra le pagine. La cosa interessante è che il giallo ha avuto un ruolo particolare all'interno di Mercurio Loi, divenendone il tono cromatico direi prevalente, dominante nella fase diurna mentre ovviamente quella notturna vede il prevalere dei blu e dei neri, cui il Giallo si contrappone (p.6-7). 



Un uso del colore connotativo la cui importanza nell'intera serie è ribadita da quest'albo, uso simmetrico a quello centrale nell'altra recente serie bonelliana, la fantascienza di Orfani, giocata su una dicotomia emotiva Blu/Rosso, freddo/caldo, tecnologia/violenza.



Non è certo un caso che il Giallo sia anche il "grande genere" bonelliano, l'indagine su un caso poi declinata in chiave western, horror, fantascientifica, storica. Un espediente frequente della narrativa popolare, che però in Bonelli è divenuto un marchio di fabbrica (notare che la vignetta dove il Giallo allude a questo, in 9.i, è quella ripresa a pagina 4 dell'introduzione di Bilotta: a caso oppure no?). 9.iv-9.v sembrano confermare il gioco metaletterario che viene istituito, invitando il lettore a guardare.











Dopo tale introduzione, lo stacco dà risalto al Sole (10.i), l'elemento Giallo per eccellenza (in una sottile opposizione all'argenteo Mercurio, nell'alchimia sottesa alla serie...). Tuttavia il Blu scuro è associato invece all'arcinemico di Mercurio, Tarcisio Spada (12.v) in una sequenza che subito mette in gioco l'ambivalenza Luce/Tenebra associato a questo dualismo Giallo/Blu.



In 14 iii-v, lo sguardo stupito (ma è forse parte della normale curiositas del personaggio?) di Mercurio all'interno della cella dell'Infelice lo fa guardare "in macchina" attraverso una griglia quadripartita (ovviamente gialla): come la gabbia bonelliana che lo separa dal lettore, ovviamente. Lo sguardo stupito è quindi inevitabilmente anche per noi, in un raro squarcio che il personaggio lancia oltre la quarta parete a fumetto. La gabbia Bonelli imprigiona forse lui, ma se non fossimo a nostra volta in carcere, perché leggeremmo un fumetto d'evasione?



A margine, si può notare come tavole a taglio verticale siano relativamente rare in Mercurio: e questo rende ancor più potenti i casi in cui il montaggio le sfrutta drammaticamente, come in una riuscitissima tavola 17 (dopo una 16 ugualmente notevole: l'aprirsi del passaggio segreto con l'altare che si frammenta in due suggerito anche dalla suddivisione della scena tra le vignette).



La voce di Sciarada (l'enigmatica setta cui Mercurio appartiene) che giunge da un tubo di ottone richiama certo il Giallo celato tra le righe, ma può suggerire - quasi subliminalmente - anche la connessione che ha con Ottone, l'inquieto braccio destro del protagonista. Rimane anche il gioco sulle convenzioni del popolare: usualmente, la Voce senza Corpo del capo di una setta è elemento di inquietudine abbastanza ovvio: ma qui noi conosciamo già Galatea, e la sua Assenza ci colpisce meno, mentre ci lascia perplessi una diversa e inusuale questione, ovvero quanto influisca il Giallo che ha detto di celarsi nel colore anche di questa storia.











Una presenza enigmatica, una delle tante sciarade che attraversano la storia (non a caso, la Sciarada nasce da due nomi che associati ne significano un terzo - appunto come Scia+Rada = Sciarada. Un rebus testuale, che nel fumetto di Bilotta torna spesso rebus visuale, significato che scaturisce da associazioni sottili sullo sfondo). La presenza del giallo persiste anche nella visita alla giovane Lucia Palmieri, tramite la già vista foglia gialla sulla carrozza mercuriale (22.iv).



Notevole e complessa, come spesso in Bilotta, anche la figura teoricamente marginale del Vescovo: è di uno spiazzante materialismo epicureo, ma al tempo stesso è un formalista (si risente del mancato bacio dell'anello da parte di Mercurio), ma al tempo stesso non appare definito come ipocrita, ma viene lasciato spazio per credere, nel corso della storia, che il suo atteggiamento possa essere una forma di pagana saggezza.











La ragazza popolana invece rappresenta un enigma mistico: ma di nuovo, quella foglia gialla posata - isolata - sul foglio (28.v) ci richiama la presenza del Giallo, di cui dobbiamo sospettare nuovamente l'azione nel (falso?) miracolo. Ma quella foglia isolata sul foglio bianco (un falso cambio di genere...) ci suggerisce anche una possibile valenza metaletteraria (del resto, la ragazza, analfabeta, comunica disegnando poi, miracolosamente, scrive: il rapporto disegno/testo proprio del fumetto?).



Il Giallo si palesa di nuovo, a un terzo esatto della storia, nella testa di lupo del bastone ma anche nella foglia accartocciata nel calesse. Svela il suo rapporto col Rosso nel generare l'Autunno, simbolo di una splendida decadenza qual è anche quella della Roma papalina che fa da sfondo alle vicende di Mercurio. Il viola, il complementare che lo cancella, non riesce di nuovo a nominarlo: come prima lo aveva "sbagliato" nel blu, così ora cita il solo Nero come "colore del lutto" (35.iii). Manto viola che è, del resto, quello portato da Mercurio in tutto l'albo, con cui si apre p.36 dopo la dissolvenza al nero.



Anche "Leone" (36.v), evocato, rimanda al campo semantico solare del Giallo, mentre la sottotrama di Ottone, oltre a rinfocolare la sottile (ma in realtà, pare di cogliere, intensa) continuity della serie, ci richiama il tema del matrimonio fatale tra Giallo e Rosso appena evocato: biondo Ottone, rossa Diana Marziale, il suo amore impossibile (Marziale può anche essere un rimando a Marte, il pianeta rosso, anche se il nome è indubbiamente lunare).



Lo sguardo del canarino ci ribadisce il perdurare del ruolo del Giallo (47), ma è la M della barca (48.ii), uguale a quella della testata, a sottolineare il ruolo metaletterario di vari riferimenti, come già sospettato (il Giallo è il genere di Mercurio, ma lo Yellow Kid, il Giallo-puer cosmicus, è anche il Fumetto per eccellenza).



A metà albo (50), la setta "gialla" degli Scettici incombe sullo sfondo dell'apparizione, pronta a scagliarsi contro di essa: qui vi è certo il Giallo come colore decadentista, già evocato nell'autunno, ma anche qualcosa del Giallo come colore diabolico (mentre il vero giallo "divino" è l'Oro). Notiamo che spesso il Giallo si associa in questa storia a delle foglie - data anche la sua predilezione per l'autunno: ma quelle della balaustra degli scettici non sono gialle, sono morte (51.iii).



Dopo una nuova schermaglia col vescovo gaudente, che rivaluta il suo epicureismo (non crapula, ma atteggiamento filosofico: ed è perfino esistito in effetti un epicureismo cristiano, quello rinascimentale di Lorenzo Valla, posizione ovviamente mai appieno legittimata). L'icastica affermazione di Mercurio (57.iii) mostra il limite metafisico, invalicabile, della sua curiosità, distante dallo scetticismo arido della setta e dal pur sapiente epicureismo vescovile. E, ovviamente, dall'illuminismo d'accatto di Ottone, che appare qui in tutta la sua pochezza.



Intanto l'ultimo terzo dell'albo appare la spiegazione logica del presunto miracolo (p.66-67): l'analfabetismo del padre era solo supposto (e la madre, ricordiamo, era andata verso Lucia sola poco prima del miracolo stesso). O, se vogliamo complicare le cose, vi è qualcuno che gli ha dato quella lista: ma parlando con Dio dice che ha fatto "di sicuro" qualcosa di male (69.i) che potrebbe essere questa truffa religiosa da cui sperare qualche ricchezza. 











Un nuovo pranzo "in giallo" col vescovo scroccone ne riabilita del tutto la complessità filosofica epicurea, e di fatto ispira a Mercurio l'azione decisiva: non un qualche filosofema astratto ma la semplicità della sua azione finale, con cui restituire alla bambina la sua innocenza campagnola, fuori dal ruolo di santa in cui stava venendo ingabbiata. La processione deserta vedeva anche la presenza degli Scettici Gialli, del resto (88,iii, 89.i, ovviamente ben celati sullo sfondo), arrestati in 94, quindi Lucia sfugge così a un tumulto, se non peggio.



La carpa gialla che chiude la storia si riconnette a tutti i simboli con cui il Giallo (Dio? il Fumetto? Entrambi?) ha interferito - o solo presenziato - nella vicenda: la foglia, più volte centrale, la Croce del vescovo epicureo e, in genere, della pervasiva Chiesa che domina Roma, sotto le cui strutture si cela però anche il megafono di Sciarada e del complottismo massonico. Il bastone è centrale in Mercurio, come suo identificativo, e al centro della metafora finale, con una chiusa efficacissima e, a suo modo, terribile col correlativo oggettivo visuale in 94.v). I gialli limoni che appaiono nel finale sembrano davvero un rimando a Montale, alle sue "trombe d'oro della solarità", dimessi ma sgargianti messaggeri dell'Occasione sempre fuggente. E nel Sole entrano Mercurio e Lucia (96) giunti alla consapevolezza di "non dire niente", di andare dove porta la corrente. 



E con questa immagine (circolare: col Sole si era preso l'avvio della storia) si chiude di fatto l'albo; le ultime due pagine rilanciano la continuità della storia con nuove vicende ottoniane. Ancora una volta, una storia di grande potenza narrativa in una serie che finora ha sempre saputo rilanciare e stupire con i suoi albi.