Dylan Dog 378 - Dormire, forse sognare - Recensione





LORENZO BARBERIS



(Avvertenza: non vi dovrebbero essere particolari spoiler, ma consiglio sempre di leggere prima l'albo).



Il numero 378 di Dylan Dog, in edicola dal 28 febbraio 2018, vede il ritorno ai testi di Gigi Simeoni, affiancato a Giovanni Freghieri ai disegni. Titolo shakespeariano e amletico per un Dylan che, al posto del teschio di Yorick, stringe in copertina una bambola di pezza, sullo sfondo il fantasma della bambina a sostituire quello del Padre.



L'avvio è nel segno di una classica storia di fantasmi dylaniati, e anche la griglia è molto classica. La ditta che va distruggendo la casa infestata non appare collegata alle tentacolari Ghost Enterprises: per una volta, niente continuity su questo lato.



La sequenza di ricordo (11-12), resa da Freghieri in un bello sfumato smarginato (non così usuale nella sua produzione dylaniata) inserisce il classico elemento di colonna sonora interna, con rimando ad "Anarchy in the UK", un piccolo rimando interno, forse, all'omonimo albo di Simeoni stesso, che ci aveva presentato nel dettaglio l'inflessibile ispettore Carpenter.



Il tema dell'investimento che rovina una vita, curiosamente, ricorda uno dei migliori telefilm di Netflix del momento, "Seven Seconds", ma lo sviluppo è completamente diverso. Più avanti si cita esplicitamente "Cold Case", e in effetti siamo dalle parti di quella detection con la inevitabile aggiunta del sovrannaturale.



In modo non così usuale per Dylan, Simeoni scandisce con cura le fasi dell'ossessiva persecuzione: 1996 l'incidente, 2002 la fine del carcere per il protagonista, 2006 la nascita del figlio, che ora ha sei anni - 17.ii - ma per via di una crescita bloccata dopo un episodio che ne ha bloccato la crescita "due anni prima" (nel 2012, probabilmente, quando egli avrebbe raggiunto quell'età). Notiamo che in seguito ci viene detto che Nina, nata nel 1988, dovrebbe avere ora 25 anni, collocando la storia nel 2013-4. Il che, naturalmente, non collima perfettamente con la stretta continuity col numero precedente che troviamo più avanti nell'albo, ma del resto notoriamente in Dylan il tempo è relativo.

Oppure, più semplicemente, la storia è del 2014 e non è stato compiuto aggiornamento delle date: ma non pregiudica la fruizione complessiva dell'albo, salvo questa curiosità.













Per il resto, la storia prosegue su canoni molto classici ben orchestrati. Nonostante la collocazione nel 2012, siamo comunque nella nuova era, e in perfetta continuità con i numeri precedenti, citati con tanto di riferimenti a piè di pagina: la ipotetica love story tra Dylan e Rania è in fase di stallo dopo le vicende del numero precedente, e l'intervento di Bloch porta a rievocare le vicende di Virgil (il figlio dell'ispettore al centro dello storico n. 200 della Barbato). Da p. 39, curiosamente, notiamo un uso di acquerellature, mezzi toni e retinature prima assenti (salvo, con funzione però narrativa specifica), nella sequenza del flashback iniziale 11-12), che appaiono una scelta più frequente nei nuovi Dylan Dog.













La sequenza onirica che taglia in due l'albo (51-54) è graficamente molto ben congegnata, con l'uso di vignette intersecate in modo efficacemente straniante, pur senza eccessivi sconvolgimenti della griglia bonelliana. Per il resto, la storia procede verso la conclusione in modo logicamente attendibile, salvo un finale particolarmente cupo e drammatico.







Una storia di "ordinaria" detection sovrannaturale di Dylan, insomma, necessaria dopo una serie di storie a vario titolo particolari: l'esordio sulla regolare de La fine dell'Oscurità di Uzzeo, il grande ritorno di Nel Mistero di Sclavi, il remake metafumettistico di Graphic Horror Novel di Cajelli e la continuity serrata di Non Umano di Marzano.



E Simeoni ritorna anche nel prossimo numero, per i disegni, di nuovo, di un maestro dylaniato; questa volta, Bruno Brindisi.