Four Hoods - Il castello di Ghiaccio - Recensione





LORENZO BARBERIS



Interessante novità l'uscita di questo "Four Hoods" (scritto 4Hoods), un progetto di Roberto Recchioni con cui la Bonelli amplia la sua offerta sul fantasy, l'ultimo genere che l'editrice ha inserito nel suo vasto canone di "generi attraverso al genere" (la prima testata regolare al proposito è stata "Dragonero", anche se in precedenza non sono mancati ovviamente storie ed episodi singoli, citazioni e tangenze.



Curatore della serie sarà invece Riccardo Torti, che è parimenti un cultore della tradizione del rolegame (basti pensare al sarcasmo di "Torti marci", di cui è autore completo, tutto giocato sul mescolare dinamiche del web social e quelle di una saga fantasy). Torti risulta anche il disegnatore di questo primo numero, e renderlo curatore sotto un certo punto di vista è una novità in Bonelli, dove tale ruolo è assegnato a chi gestisce la parte testuale (naturalmente, Torti è anche autore completo e quindi potrebbe essere anche sceneggiatore: ma il suo ruolo in quest'albo fondante è sui disegni, mentre è Federico Rossi Edrighi a reggere la sceneggiatura centrale del nuovo numero.



Recchioni invece, al fianco di Cristiano Spadoni che si occupa della parte pittorica, esordisce come copertinista Bonelli realizzando i 4Hoods del titolo.









Tra molti aspetti innovativi - che vedremo - di questo nuovo esperimento bonelliano, si è andato a perdere (per ora?) un elemento potenzialmente molto promettente del progetto originale, ovvero la natura in parte "open source" del progetto nell'ideazione iniziale di Recchioni. Logico e comprensibile, sia chiaro: ma sarebbe interessante se in futuro venisse in parte reintrodotto, con le ovvie cautele che sono inevitabili ora che non è un esperimento del solo Recchioni, ma di una editrice del calibro di Bonelli. Va notato che, in questo primo numero, il tutorial per disegnare i 4Hoods resta. Chissà le evoluzioni in futuro.



Lo scopo dell'attuale testata, accuratamente confezionata allo scopo, è marcatamente conquistare un pubblico molto giovanile, mantenendo comunque molte strizzate d'occhio all'immaginario anni '80 e a un umorismo di secondo livello più raffinato per mantenere il contatto con il pubblico bonelliano tradizionale (la copertina ricorda la scatola rossa di D&D, e le due O sono scritte come i due draghi). La scelta del tratto è quella di una sintesi assoluta, efficace e molto moderna (e quasi programmaticamente estremizzata nei 4 triangolini sopra l'H del titolo, simboli dei quattro avventurieri).









Secondo uno stilema che viene più dalla tradizione francese (o, per certi versi, dal manga), a una stilizzazione estrema dei personaggi (ben più radicale delle ligne claire classica) corrispondono sfondi pittorici e talvolta elaborati, come già nella copertina (e anche qui, seguendo lo stile delle illustrazioni dungeoniane, che però vedevano anche i personaggi ritratti con gusto oleografico).



Innovativo per la Bonelli anche lo schema della confezione: uno spillato, credo mai portato in edicola dall'editrice (almeno in tempi moderni e in albi celebri), ovviamente a colori (come la maggioranza delle nuove serie da Orfani in poi) e non basato su un solo "romanzo a fumetti", ma su più storie brevi (qui i due tempi di una storia "media" e una breve, sceneggiata la prima di Federico Rossi Edrighi, la seconda dello stesso Roberto Recchioni), intervallate da rubriche divulgative su fantasy e RPG.









Lo staff creativo riportato nel colophon dell'albo è molto ampio, secondo quella natura di moderno prodotto industriale tipico ormai dell'albo Bonelli, al punto che mi sono interrogato perfino sul senso di citarli tutti: è ormai come pretendere di citare gli interi titoli coda di un film (per cui da sempre, in una critica giornalistico-divulgativa, si assume la finzione del regista quale autore) o di un videogame moderno. Ho scelto poi una via intermedia, che è l'immagine scansionata qui sopra, che dà la percezione dello staff in gioco in un fumetto moderno.



Una segnalazione merita  il lavoro della colorista prevalente, Annalisa Leoni, assistita da altri in varie parti: il colore - molto importante in tutti gli albi bonelliani recenti di tale tipo nel dare il tono emozionale alla storia - qui regge forse ancor più le sorti dell'albo (chiaramente integrato agli altri componenti) in un disegno che, nei protagonisti, è assolutamente essenziale. Menzioniamo per una volta anche il lettering, che si tende a dare per scontato, e che qui è sottoposto alla sfida di una strutturazione sottilmente più complessa (oltre a vari "effetti speciali più marcati", appare l'uso di balloon di colori diversi per vari personaggi), ad opera di Marina Sanfelice.









Interessante anche notare, nei credits testuali, a fianco di soggetto e sceneggiatura il riconoscimento del layout; e se nel primo caso Rossi Edrighi copre tutte le funzioni, notiamo una scissione nella terza storia, scritta da Recchioni (la citazione da Tunnel and Trolls è di nuovo un grande classico del gioco di ruolo) ma con layout appunto di Rossi Edrighi.



La prima tavola (3), che parte con un dipinto in stile pittorico per poi allargare il campo sui personaggi colti in tratto sintetico, è molto programmatica, come tutte le pagine seguenti che ricordano, nel corso di tutta la storia, una classica quest di rolegame tratteggiata con molta ironia (uscirà l'RPG dei 4Hoods? A me pare quasi inevitabile. O forse il videogame in stile retrò, come quasi ci annuncia p.63. Il mash up - anche tra generi - è del resto tipico di Recchioni e, ormai, dovremmo dire di "Uno studio in rosso", ampiamente coinvolto nel progetto).



Interessante notare come, fin da subito, i personaggi possano evolvere a un tratto realistico in condizioni particolari: un dipinto appunto (p.3), un racconto (p.5 e la sequenza 9-12, in modi differenti), un momento eccezionalmente epico (p.62, con una bella citazione anche da uno stilema di Frank Miller nel mash-up lettering / immagine). La cosa rende la storia molto varia visivamente, con un'indubbia difficoltà anche di mantenere una sostanziale fluidità narrativa e visiva, qui riuscita.

I "mostri finali", poi, sono esclusi dalla resa sintetica e trasposti in forma pittorica, sempre per il suddetto gusto dell'epica (e perché in fondo non sono personaggi ma "elementi di scenario").



L'impostazione di tavola è ovviamente moderna, con molte splash page e tagli orizzontali, ma per paradosso è anche il più forte collante con la tradizione, presentando anche numerosissime classiche gabbie bonelliane dove serve (p.25, ad esempio), ma certo per variare subito dopo se essenziale (una doppia come p.26-27, soluzione rara in Bonelli).









La terza di copertina, con la pubblicità di Dragonero Adventures, lo versione di Dragonero con le avventure giovanili degli eroi, sembra andare nella direzione di una Bonelli intenzionata a seguire il suo lettore "dalla culla alla tomba" (di Dragonero è anche previsto una versione di fantasy più adulto, "for mature readers").



Attendo con curiosità i futuri sviluppi, soprattutto su due aspetti: l'eventuale crossmedialità (oltre all'RPG e al videogame, mi domando se mai vedremo esperimenti come l'antico Diceman inglese degli anni '80, fumetti/librogame inglesi collegati a 2000 AD) e, in prospettiva, il ruolo nel multiverso bonelliano.