Dylan Dog 380 - Nessuno è innocente





LORENZO BARBERIS



Il numero 380 di Dylan Dog, uscito il 28 aprile 2018, vede il ritorno sul personaggio di Paola Barbato alla sceneggiatura, per i disegni di Franco Saudelli, storico nome del fumetto erotico italiano che da tempo lavora anche sull'investigatore di Craven Road. (Possibili, naturalmente, spoiler: consiglio di leggere prima l'albo).











La storia va a lavorare sulla "blanda continuity" istituita col "rinascimento dylaniato". Anzi, in un certo senso, chiude un cerchio, perché va a risolvere il set up creato con il numero 292, "Anime prigioniere", una storia scritta sempre dalla Barbato disegnata da Angelo Stano, dove veniva per la prima volta introdotto il personaggio dell'Ispettore Gorman. Nel testo si intuiva che lo sgradevole ispettore avrebbe dovuto sostituire Bloch, come progettato dalla Barbato in collaborazione con Recchioni e Medda, in un primo progetto di rinnovamento del personaggio che, in parte, è quello messo in scena in questi ultimi anni.



Come lo stesso Recchioni, poi divenuto curatore, dichiarava sul suo blog commentando il suo numero 311, "Con Paola Barbato e Michele Medda, avevamo pensato di dare vita a un piccolo arco di storie che avrebbe alterato alcuni di questi equilibri (era nostra intenzione mandare a riposo Bloch per qualche tempo e sostituirlo con un ispettore di polizia decisamente ostile e, nel frattempo, cominciare a delineare la figura di un nuovo arcinemico)." (vedi qui). Medda, salvo il numero che introdusse Wickedford, non partecipò in seguito al progetto, mentre la Barbato ha retto numerose storie cruciali negli snodi della pur blanda continuity, e questa non poteva che spettare a lei.



Infatti, come noto ai lettori, al posto dello sgradevole Gorman venne introdotto Carpenter, duro e scettico (ispirato al protagonista della serie Luther) ma corretto. L'albo va quindi a giustificare il cambiamento, chiudendo così quella pagina rimasta aperta.



La copertina di Gigi Cavenago ci mostra subito un Dylan incarcerato: l'albo si apre con l'interrogatorio del protagonista, visto tramite il filtro di un monitor (5.iv, dalla vignetta di dialogo non sussurrato), come confermato da 7.vi, dove Rania e Gorman (svelato in 9.ii) esaminano il video. 









Rania furiosa è un soggetto perfetto per Saudelli, che è da sempre un maestro nel mettere in scena virago furibonde, anche se qui la situazione non gli offre il destro per una rappresentazione più erotica della poliziotta di quelle che gli sono tipiche (e che non erano mancate in diversi suoi Dylan).



La Barbato, come al solito, è molto abile nel centellinare le informazioni per tenere alta la suspense, anche in una storia, come questa, più poliziesca che sovrannaturale. Interessanti anche varie finezze tra le righe della sceneggiatura: la scena di Dylan tra i detenuti sembra ribadire il ruolo cristologico di Dylan (p.10), connesso a quello che gli ha dato lo stesso curatore Recchioni in una storia come "Mater Dolorosa".



Rileggendo la storia appaiono raffinate ambiguità: il gesto di Gorman in 18 potrebbe essere un errore, come lo cogliamo alla prima lettura, o un tentativo poi rimandato, dato quello che scopriamo poi.



Più avanti, invece, nel descrivere Bloch sotto accusa, è da notare come l'autrice non abbia creato un falso plateale nei suoi confronti (che sarebbe stato anche plausibile) ma si limiti ad esasperare le accuse che potrebbero credibilmente essere mosse nei suoi confronti per il favoritismo contro Dylan, con un surplus di maldicenza più velenosa del solito lasciata sullo sfondo (23.iii). 











Mi chiedo se il riferimento alle oltre 150 indagini in cui Bloch sia intervenuto (23.iv) sia una stima ad occhio o ci sia un calcolo più o meno preciso dietro: in ogni caso è credibile, considerando come fino al pensionamento nel n.338 (un altro landmark scritto dalla Barbato) l'aiuto da parte dell'ispettore era pressoché sistematico, e sia ragionevole attribuirgli l'intervento in un albo su due.



Un lungo flashback ci chiarisce in parte le cose e ci guida fino a un terzo dell'albo, dove l'indagine di Gorman prosegue implacabile contro il protagonista. Notiamo tra l'altro, in 26.iii, come la cecità di Carpenter inizi con la visione di quello che sembra quasi uno strano simbolo, inizio del diffondersi del buio che lo colpisce.









Al processo, è strano (e non viene spiegato nell'arco dell'albo, probabilmente come nuovo set up in vista di futuri pay off) come al di là della testimonianza ostile, spiegata poco dopo, Dylan sia sorpreso anche da alcuni filmati.



Non mancano nuove, consistenti rivelazioni su Carpenter, a p. 38-39, specie considerando che in albi precedenti ci si era lasciato intendere un possibile interesse sentimentale per Rania. 



Il montaggio intrecciato di p.40-44 è abbastanza interessante per il linguaggio bonelliano, in quanto inizialmente "non dichiarato" a confondere inizialmente il lettore. L'avvicinamento tra le due scene sottolinea tra l'altro come le foto non sono semplice parte di un'indagine, ma sono state probabilmente utilizzate per far riconoscere alla Crean l'investigatore dell'incubo (anche se non è esplicitato).



Dopo un indizio così forte, in 47 ii-iii la Barbato, con un dettaglio, decide di rinunciare del tutto all'elemento del whodunnit (mentre aggiunge un'ulteriore informazione sul passato di Carpenter -la foto, meno chiara, era già apparsa in 43 - che sarà ribadita in seguito) per dare invece centralità allo scontro tra protagonista e assassino.



Groucho che non rinuncia all'umorismo di pessimo gusto nemmeno di fronte al pericolo ha qualcosa di eroico (51-52), in contrasto con altre interpetazioni del personaggio dove, in un momento davvero tragico, l'assistente dylaniano è in grado di agire in modo pienamente serio (ad esempio, ne "Il cuore degli uomini" di Recchioni; ma anche in una storia storica come "Il lungo addio").



Ritorna utile in aula il cugino Elmore, il genio di famiglia Jenkins citato in 54 e che entra in scena poco dopo (Jenkins ha questi cugini improbabili, utili a qualsiasi ruolo, sul modello del Pippo disneyano). Brillante il fatto che sembri possedere la stessa stolidità del Jenkins originale: ma una stolidità che in tribunale, ai fini dilatori e unita a una certa conoscenza delle regole processuali, è utilissima.



Particolarmente efficace una bella tavola "orizzontale" muta come 57, che spicca in un albo che per il resto adotta la griglia bonelliana più classica, con al limite la concessione di qualche quadrupla (ma anche su una serie Bonelli altamente sperimentale come Orfani, la Barbato aveva mantenuto un montaggio piuttosto classico, che evidentemente predilige). Gli eroi sono colti nel momento di massimo sconforto e tensione prima del conflitto finale nella terza parte dell'albo.









Ancora più di effetto quindi una quadrupla smarginata come 62, che scatena l'avvio dell'azione frenetica. P. 75 suggella l'alleanza forzata - ma in fondo, non troppo - tra Dylan e Carpenter: notiamo anche come il ricorso al citazionismo, programmatico di Dylan fin dal primo numero, venga usato sempre con parsimonia dalla Barbato, e spesso per ribadire (come qui) un concetto sottile ma importante come la reale natura del rapporto tra i due: di insofferenza ma anche sostanzialmente di rispetto.











Non a caso, poco dopo, c'è anche una certa metaironia sul citazionismo spinto (84) che - riprendendo un grande classico - dà anche l'apparente conclusione giallistica del caso.



Anche a p.88 la Barbato rompe (lievemente) la quarta parete riprendendo le accuse di alcuni detrattori del "nuovo corso". Questa caratterizzazione dei "nemici di Dylan" fa pensare anche a una connessione ai neonazisti del recente 377 di Marzano, "Non umano", e il ritorno del sovraintendente (92) per una fugace apparizione conferma indirettamente tale sospetto. 



Il riferimento al "Male" (88-89, ma anche 69) così insistito fa pensare a un rimando ad un albo storico che potrebbe anche intrecciarsi con la continuity "cosmica" di John Ghost: tanto più che p.91, e ancor più le ultime due pagine, mostrano la matrice sovrannaturale del "cattivo del mese" con un classico rovesciamento finale che ne mostra la connessione a un potere distruttivo extra-umano. Nel complesso, tuttavia, forse Gorman era più promettente ed ambiguo in 292, mentre qui - una volta che il suo ruolo è stato assegnato a Carpenter - viene caratterizzato in modo più netto e chiaramente ostile. 



Le conclusioni su Rania di Dylan (94.iii) aggiungono ulteriori dettagli alla sua love story passata con Carpenter, ma potrebbero essere un fraintendimento dell'eroe (che, come noto, non è di per sé un detective così eccezionale): nel momento di quella scenata, Rania non può essere così certa della colpevolezza di Dylan, se non ha consegnato a chi di dovere il dossier nascosto da Carpenter (la sua scenata potrebbe essere un modo di depistare i "nemici interni" dei poliziotti buoni, ovvero lei, Carpenter e Bloch).













Insomma, un albo brillante nella scrittura, qui orientata a una certa chiarezza giallistica ben supportata dai nitidi disegni saudelliani, che chiude alcuni tasselli e ne inserisce dei nuovi contribuendo a rinsaldare la - pur leggera - nuova continuità dylaniata.  Nell'attesa di un albo fobico piuttosto disturbante come quello che ci attende tra un mese, mentre si avvicina la continuity stretta del Ciclo della Meteora.