Un canone per la Bonelli. Gli anni 90. La fantascienza di Nathan Never







LORENZO BARBERIS



Gli anni '90 vedono finalmente l'arrivo anche della fantascienza in Bonelli. Sono gli anni in cui è anche forte la concorrenza dei manga, che devono il loro successo anche all'onda lunga degli anime giapponesi giunti in Italia nel 1978 e dilagati nel corso degli anni '80, che hanno tra i loro punti di forza una vasta tradizione fantascientifica (a cui si può ascrivere anche il macro-genere dei mecha, i "mega-robot" giapponesi). 



Per cui, la risposta bonelliana è quasi obbligata e, anche se in linea con la tradizione, non manca di guardare alla tradizione nipponica, ma anche a un mélange di citazioni più classiche, incluse il cyberpunk che, proprio in quel 1991, è dichiarato concluso dai fondatori Gibson e Sterling, che avviano al posto il provocatorio steampunk, mentre ormai manipolazione genetica, rete internet e realtà virtuale sembrano dilagare ai livelli delle loro teorizzazioni romanzesche degli anni '80.



Nathan Never (1991), se nel nome rimanda al Capitano Nemo, nell'estetica riprende robustamente quella di Blade Runner (1982), fondamento del cyberpunk, su cui innesta numerosi rimandi nipponici e non solo (i mecha di Patlabor e la robotica di Asimov, per dire). Un citazionismo, quello di Never e dei "tre sardi" - Medda, Serra e Vigna - suoi creatori, in parte simile a quello di Castelli e Sclavi, ma con una forte innovazione. Quella che in Castelli è citazione ironica e in Sclavi spesso drammatica (sotto la patina dell'ironia che, però, è indubbiamente spesso più sofferta) qui diviene elemento sistematico e non occasionale, costruzione di un cosmo futuro radicalmente coerente (secondo una tradizione tipica della science fiction, del resto). 



In Nathan Never esordisce un uso della griglia profondamente più libero, in parte influenzato dai manga, di sempre maggior successo, ma anche autonomo e con rielaborazioni e adattamenti alla griglia bonelliana di tutto il fumetto popolare (e non, in misura minore) mondiale. 



Anche lo stile appare più libero: oltre a Castellini, autore del numero uno e primo copertinista, poi non più tornato sul personaggio, si impone un segno più libero e autoriale nei molti e - sanamente - eterogenei disegnatori apparsi sulla serie, in modo, in questo senso, simile a quanto già avvenuto su Dylan Dog (dove, pur presente, la decostruzione della gabbia era invece più moderata e meno programmatica). Tra gli altri, per citarne solo pochissimi, De AngelisCasini e Mari, il quale passerà poi a Dylan Dog dove sarà uno dei nomi importanti della "età argentea" del personaggio.



In modo simile, oltre vent'anni dopo Never sarà Orfani di Recchioni e soci a introdurre il colore in Bonelli con una simile - ulteriore, e più radicale - rupture della gabbia bonelliana. La fantascienza, per la sua natura futuribile, appare il genere più "naturalmente sperimentale" nel popolare Bonelli.



Tutto il decennio è segnato dalla fantascienza, prima quasi inesplorata (come genere con una sua testata: era ovviamente affrontata come "genere attraverso i generi", fin da Tex) e ora declinata nei suoi vari possibili sottogeneri: Castelli rilancia con una sua sorta di moderna Twilight Zone, "Zona X" (1992), storie autoconclusive narrate da un Buon Vecchio Zio Marty nella parte di un novello Alfred Hitchcock presents. La serie, molto interessante per questa dimensione "autoconclusiva", avrà un certo successo, ma giungerà poi alla chiusura nell'arco della decade, nel 1999. All'interno di Zona X saranno poi introdotte miniserie che dettagliano meglio ancora i vari sottogeneri della fantascienza, dallo scontro di mondi paralleli alla SF spaziale. Ma qui meriterebbe appunto un approfondimento specifico, che in futuro si potrà anche tentare.



In ogni caso, sono soprattutto sono gli spinoff neveriani a tenere banco, da Legs Weaver (1995) – prima eroina al femminile in casa Bonelli - ad Agenzia Alfa (1997), testata corale ambientata nel mondo di Nathan, equiparabil in sostanza a uno speciale del personaggio. Legs otterrà un buon successo, durando fino al 2005. In essa, Serra (slegato qui dagli altri due autori neveriani) tenta un approccio in maggior competizione diretta coi manga, anche nello stile (mentre il cupo Nathan Never ha solo in parte quest'influenza, e solo, direi, per la parte che compete alla fantascienza nipponica, fusa con le altre tradizioni). Ciò apre le porte a un maggior influsso di disegnatrici: per la prima volta, l'ideatrice grafica del personaggio, autrice del numero uno, è una donna, Teresa Marzia.



Nella parte finale della decade, invece, si sembra cercare anche di capitalizzare il successo fuori scala di Dylan Dog. Magico Vento (1997) di Manfredi cerca quindi di coniugare il west classico della testata con l’horror dylaniano, unito anche a un certo rigore nella ricostruzione storica. L'opera avrà un buon successo, durando fino al 2010.



L’autore realizzerà poi altre opere su questa falsariga, ma come miniserie: Volto Nascosto nel 2007, Shanghai Devil nel 2011, e  la serie, interrotta però abbastanza presto, di Adam Wild nel 2014 (con cui si sembra guardare ormai a un pubblico agée, e non alle fasce dei nuovi lettori). 



Lo stesso anno appare Napoleone (1997) di Carlo Ambrosini, che per la prima volta viene proposta come miniserie e non serie ongoing. Si tratta di un detective che indaga, proprio come Dylan Dog, su casi misteriosi, ma con uno stile ancora più marcatamente onirico (Dylan Dog non si sottrae talvolta allo splatter, o comunque all'azione) e intellettualizzante, con numerosi appropriati rimandi alla psicanalisi (innanzitutto nelle tre figure oniriche che accompagnano il protagonista, proiezioni degli impulsi del suo inconscio).



Napoleone venne poi prorogato, dato il successo di una serie che, inizialmente, poteva apparire piuttosto intellettuale e quindi potenzialmente lontana dai gusti del largo pubblico, e chiuderà solo nel 2006. Ma è stato inaugurata, intanto, una nuova tipologia di produzione che sarà usata sovente negli anni 2000.



L'anno seguente, Brendon (1998) di Chiaverotti va a tentare invece un horror con elementi fantasy, anche se spurii rispetto alla tradizione pura del genere secondo i dettami tolkeniani. La serie regolare del personaggio si concluderà nel 2014, e in seguito Chiaverotti lancerà il nuovo Morgan Lost, nel 2015, dimostrando comunque un buon successo e longevità.



Invece con Julia (1998) di Berardi si va a coprire il tassello del giallo, ma in una declinazione noir e, nuovamente, femminile nel personaggio, dopo il caso di Legs Weaver, con una sovrapposizione, fino al 2005, col giallo "police procedural" più tradizionale di Nick Raider; poi, dopo la chiusura di quest'ultimo, Julia resterà la testata più vicina al poliziesco del bonelliano.



Lo stesso anno, anche Mystere vede uno spin-off "corale", le Storie di Altrove (1998), l'agenzia che indaga gli X-Files con cui spesso il professore collabora (o compete), tradizionalmente coinvolta negli speciali mysteriani. La pubblicazione, su una serialità annuale, sviluppa una sua nicchia duratura nel solco dell'esoterismo mysteriano, indagato includendo anche puntate nell'Ottocento, ambientazione ideale per il gusto da complottismo paramassonico che permea la serie nel suo complesso.



Verso il passaggio al 2000 arriva il fantastico di Gea (1999) di Luca Enoch, terzo personaggio femminile della casa, che – con periodicità anomala, semestrale, legata anche al ruolo di autore completo che Enoch mantiene anche in Bonelli – va sempre a insistere nei pressi del fantasy, genere che ancora manca al Bonelliano. Come Napoleone, ma con una dimensione "lunga", anche "Gea" è una serie "a tempo", anche data una più stretta continuity. Dopo la sua chiusura, Enoch rilancerà con Lilith (2008-2017), e soprattutto, nel 2007 con Vietti, ideerà “Dragonero”, il romanzo seminale della futura serie del 2013, che introdurrà definitivamente il fantasy nell’entrelacement di generi bonelliani.



Nel 1999 un ultimo eroe fantascientifico è il giovanissimo Jonathan Steele di Federico Memola e Teresa Marzia. Memola già su Zona X aveva creato, con "La stirpe di Elan" (1995), questa innovativa mistura di fantasy e fantascienza, non assolutamente inedita (ha robusti fondamenti nel weird americano anni '30) ma con una declinazione totalmente personale. Se su Zona X vi era l'incontro/scontro tra due mondi tramite varco dimensionale, qui la compresenza tecnologia-magia avviene sul nostro pianeta. La serie durerà fino al 2004, quando però non chiuderà, ma sarà ceduta alla Star Comics, che la proseguirà fino al 2009. In questo modo Steele, se da un lato avrà una certa longevità più che decennale, verrà in parte espunto dal canone bonelliano, proprio per questa sua dimensione "in bilico" tra diverse case editrici.



Gli anni '90, che si accompagnano al grande successo di vendite di Dylan Dog, sono dunque quelli che vedono il sorgere di un numero elevato di serie, di buon successo come vendite ma anche per la loro qualità, in prevalenza volte ad esplorare - sulla soglia del fatidico 2000 - le multiformi possibilità della fantascienza, ancora inesplorata in Bonelli a livello di testata. Nathan Never è tuttavia l'ultima di tutte queste (in linea generale, tutte con un loro successo) a poter essere equiparata a un vero fenomeno di massa, di scala più piccola di Dylan Dog ma comunque di grande fortuna e successo. Negli anni 2000, e più decisamente ancora negli anni 2010, questo produrrà una graduale ma decisa trasformazione dell'editrice, come avremo modo di vedere.



Appunti per un canone Bonelli. La serie completa:
(ogni articolo copre una decade della casa editrice).



http://barberist.blogspot.com/2018/08/un-canone-per-la-bonelli-gli-anni-40.html



http://barberist.blogspot.com/2018/08/un-canone-per-la-bonelli-gli-anni-50-da.html



http://barberist.blogspot.com/2018/08/un-canone-per-la-bonelli-gli-anni-60-da.html



http://barberist.blogspot.com/2018/08/un-canone-per-la-bonelli-gli-anni-70.html



http://barberist.blogspot.com/2018/08/un-canone-per-la-bonelli-gli-anni-80-il.html



http://barberist.blogspot.com/2018/08/un-canone-per-la-bonelli-gli-anni-90-la.html



http://barberist.blogspot.com/2018/08/un-canone-per-la-bonelli-gli-anni-00.html



http://barberist.blogspot.com/2018/08/un-canone-per-la-bonelli-gli-anni-10.html


Bibliografia:



Luca del Savio, Graziano Frediani, "Bonelli - La fabbrica dei sogni", SBE 2017.