Dylan Dog 385 - Perderai la testa







LORENZO BARBERIS





Il nuovo Dylan Dog 385, "Perderai la testa", uscito il 29 settembre 2018, è l'ultimo prima dell'avvio dell'ormai imminente ciclo della meteora (e il primo Dylan con le figurine, in onore dei 70 anni di Tex). La sceneggiatura è di Barbara Baraldi, il nuovo nome femminile della testata emerso con la rivoluzione dylaniata, mentre i disegni sono di Emiliano Tanzillo, che era già apparso - su testi di Simeoni - con "Miseria e crudeltà", al 354. Naturalmente, sono inevitabili spoiler nella presente analisi, e quindi consiglio vivamente di leggere prima l'albo, e tornare su queste pagine per un approfondimento dopo la prima lettura.





Credo per la prima volta in copertina di Dylan Dog appare in tutta evidenza una sanguinante testa mozzata, resa più disturbante dal fatto che l'indagatore dell'incubo regge il capo del suo immaginario doppelganger. Sullo fondo, in una composizione come al solito equilibrata, la Tour Eiffel che ci denota l'ambientazione parigina, e la Ghigliottina rivoluzionaria illuminata dalla luce lunare. 










La farfalla sopra il capo di Dylan pare quasi un segno di cupa predestinazione secondo i simbolismi Illuminati: e il cielo è bizzarro, avvolto in una strana spirale o, magari, ingombro della Meteora di cui si attende l'avvento. Come al solito, un ottimo Gigi Cavenago, che remixa gli ingredienti dell'albo in una anticipazione inquietante.













Dylan in ogni caso era già stato in Francia, nel 213, "L'uccisore di streghe".  Nell'albo di Pasquale Ruju e Pietro Dall'Agnol si occupava di un serial killer di streghe, però nell'immaginaria Beauport, nonostante la cover parigina. Ignoro se vi siano state altre trasferte minori (lo escluderei, essendo Dylan piuttosto "sedentario" in ambiente londinese o al massimo britannico). A Parigi c'era invece stato il viaggiatore Dampyr (ormai intrecciato con Dylan da un "episodio crossover"). 













L'inizio è in medias res, con una bella quadrupla (5) cui segue una azione frenetica e inquietante (e la copertina ci fa presagire il peggio, è chiaro). Il tunnel in cui corre la macchina è un indizio che potrebbe farci capire dove sta venendo portato Dylan, unito a quanto sappiamo dalla copertina.





Poi, un flashback (8) ci introduce la colonna sonora, una adeguata Miss Lucifer degli scozzesi "Primal Scream", con una nuova quadrupla dove Tanzillo evoca con ricchezza di dettagli merlettati l'atmosfera noir da sfilata goth.













Le note e le strofe della canzone accompagnano idealmente la sfilata di moda parigina (8-11) - la musica potrebbe essere quindi intradiegetica - che ci conduce fino all'ouverture di p.11, con il titolo di testa su una quadrupla splatter di indubbio impatto. In quest'albo, seconda storia sia della Baraldi, sia di Tanzillo (non congiuntamente), a quanto pare, le quadruple sono preferite come soluzione visiva alla splash page tipica del rinascimento dylaniato dell'età Recchioni. Può derivare dalla densità di eventi, azioni, testi e situazioni tipica della Baraldi, ma la cosa ha anche una probabile valenza di cifra stilistica. Particolarmente riuscita, nel tema della decapitazione splatter, la modalità all'inizio inspiegabile con cui tale evento avviene, che aggiunge una giusta sfumatura perturbante all'evento, per essere poi sciolta nel finale con la relativa spiegazione.










Con la sfilata, duplicato, il simbolismo della Farfalla Monarch, quella degli Illuminati, segno di rinascita con potenziale rimando anche al tema "monarchico" dell'albo e all'aleggiare di trame iniziatiche sullo sfondo, mai compiutamente svelate. Un simbolo che appare anche sulla cover dell'ultimo romanzo della Baraldi, "Osservatore oscuro", anche se l'autrice dichiara di trattarsi di coincidenze.











Nuovo flashforward (12) ci guida alla proiezione londinese di quello che all'apparenza è un peplum orrorifico di serie B (14), attribuito però a Michel Hazanavicius (il nome è però parzialmente coperto, a rendere più vaga la citazione). Il regista, franco-lituano, introduce il tema francese nell'albo. La decapitazione splatter di Cleopatra (17; di nuovo un rimando alla regalità) chiude la sequenza, con una testa rotolante in primissimo piano, coerentemente sullo sfondo della scritta "The end" (del film ovviamente, e non dell'albo). Anche qui, le scene introduttive (14) e splatter (17) sono segnate dalle quadruple, mentre la narrazione adotta una griglia piuttosto convenzionale, sfruttandone bene il fitto ritmo narrativo. Tanzillo adotta una soluzione intermedia tra la classica griglia a mattoncino bonelliana e la soluzione "squadrata" (tipica ad esempio su Julia, e che io preferisco) con le vignette allineate, con un lieve scarto di allineamento dei margini nelle tavole - frequenti - a sei vignette. Si conserva un'immagine più mossa mantenendo quasi intatta l'eleganza formale della simmetria. Bene anche per la rinuncia alle "frecce direzionali" nei rari montaggi difformi dalla gabbia (19, 25) che non amo.











Giungiamo intanto all'incontro cruciale dell'albo - la dama settecentesca chiarisce subito ""je suis autrefois maintenant et demain", ovvero, direi, "sono stata, sono e sarò..." indicazione della sua atemporalità magari non subito colta in francese dal lettore. Dylan pare riconoscerla, e in effetti tutti non già la conosciamo. Un nuovo indizio, poco dopo, ci rivela le sue iniziali, "M.A." (p.24). Anche l'apparizione in una silhouette, tra i rami (25) del suo volto, oltre a confermarne la natura sovrannaturale, è a suo modo un indizio, in quanto questi tipi di giochi visuali nascono nel '700 francese. Dylan percepisce correttamente, grazie al quinto senso e mezzo, la compresenza di elementi sovrannaturali positivi e negativi (25).











Avviene dunque la spiegazione della scena iniziale, con un rovesciamento abbastanza vertiginoso delle aspettative che ci porta a una delle rare trasferte dylaniate, quella a Parigi predetta dalla copertina. L'esistenza di Sophie De Vigny come "Indagatrice dell'incubo francese" (con tanto di assistente Gauche, cugino remoto di Groucho) potrebbe essere anche un rimando al parallelismo storico, nel giallo, tra il Dupin di Poe e l'Holmes di Conan Doyle. In ogni caso, già Ruju, al 220, aveva immaginato una "concorrenza sleale", al femminile, per l'indagatore.











La citazione va comunque, probabilmente, a uno scrittore parigino come Alfred De Vigny, che è anche omonimo del padre della fanciulla (p.72), citazione a cui si aggiungono (rue) Descartes e Paul Verlaine (che ivi risiedeva), in 73.i.



Tanzillo si dimostra bravo nella cura psicologica della controparte femminile, ben caratterizzato nel suo essere personaggio adorabilmente instabile, problematico e sofisticato, parigino in una parola (una Amelie Poulain noir magari, dato che a pagina 55 farà la sua apparizione l'adorabile/insopportabile inguaribile romantica dei nostri giorni, riconoscibile anche per il famoso nano da giardino che ha un ruolo centrale nel film). Anche la variazione comica sul tema di Groucho da rive gauche funziona bene nel suo disegno, tra riconoscibilità del personaggio e francesizzazione che ne esalta il ruolo umoristico (a un primo livello).



Iniziano così, da 30 in poi (ancora una quadrupla, in un bel montaggio "orizzontale" della tavola) le frequenti "cartoline da Parigi" che contraddistinguono il numero, in un girovagare dei personaggi tra gli scorci più significativi colti appunto in quadrupla o in "vignetta lunga". 



Il segno di Tanzillo, minuzioso e dettagliato (e qui basato su una documentazione fotografica seguita piuttosto fedelmente) ben si presta a questa peregrinazione turistica con sottotesto esoterico, che ricorda in più tratti simili passeggiate nei boschi narrativi del complottismo compiute da Dan Brown nel suo Da Vinci Code. La trama è qui del tutto differente, seppur remixando alcuni ingredienti comuni, e soprattutto lasciata aperta nei suoi intrecci nel finale, a differenza della chiusura semplificatoria browniana (lo spazio narrativo sarebbe del resto troppo angusto per annodare tutti questi fili senza cadere nel peggior spiegazionismo, e quindi la Baraldi lascia tracce per eventuali future incursioni, o per la speculazione del lettore).



Inizia quindi il tour guidato nel citazionismo occultistico: si riparte di nuovo all'ombra di una grande piramide, ma si tratta di quella del Louvre (32), occasione per rievocare lo scandalo della collana e iniziare a tessere la complessa ragnatela dell'albo. Divertente, en passant, il rimando alla natura aliena della regina d'Inghilterra (25), tema che caratterizzerà, probabilmente, il ciclo della meteora in chiave john-ghostiana.









Immancabile il riferimento a qualche capolavoro, dalle Tre Grazie di Pradier all'Amore e Psiche di Canova, adeguato a questo albo a forte carica sentimentale. Una svista invece (colta da Craven Road forum) la Gioconda vista come dipinta su tela, e non su tavola come è in realtà.



La versione riveduta e corretta dello scandalo della collana rimanda al tema, già apparso varie volte in tempi recenti (e non) degli oggetti caricati di energia esoterica, con opportuna citazione del Cagliostro storico, occultista ed alchimista (l'ultima apparizione del tema è nell'albo di Simeoni dello scorso numero: ma particolarmente declinato nella Calligrafia del Dolore di Cavaletto, quasi programmatica al proposito).











Il Groucho francese legge alla rovescia Goethe, "I dolori del giovane Werther" (1774, l'anno dell'avvio dello scandalo della collana), opera dal cupo romanticismo maledetto: avviò l'effetto Werther, una prima ondata di suicidi imitativi documentata in Europa, tra i lettori che mitizzavano il suicidio amoroso dell'eroe - e certo Dylan ha molto a che fare con le pene Dellamorte e Dellamore.



Tuttavia Gauche non legge quest'opera, ma "A Book for All Readers  - An Aid to the Collection, Use, and Preservation of Books and the Formation of Public and Private Libraries": una guida al collezionismo librario. Il passo in questione, bene evidenziato, comincia così (basta una google search per trovare il resto del testo):




Gowans issued scores of catalogues of his stock, in which titles were 
often illustrated by notes, always curious and often amusing, credited to "Western Memorabilia," a work which no bookseller or man of letters had ever heard of, but which was shrewdly suspected to have been a projected scrap-book of the observations and opinions of William Gowans. There was another eccentric book-dealer's shop in Nassau street kept by one John Doyle, who aimed so high in his profession as to post over his door a sign reading "The Moral Centre of the Intellectual Universe." This establishment was notably full of old editions of books of English history and controversial theology.



Parrebbe quasi che - senza farsi accorgere dal loro ospite - Gauche sia interessato al collezionismo come tramite per arrivare, magari, ad oggetti maledetti (a differenza forse della sua datrice di lavoro): il finale lo confermerebbe. Un capitolo che la storia lascia aperto, e che riecheggia in parte la maggiore ambiguità anche del Groucho originale voluta nel nuovo corso.



A metà albo esatto (50) riappare M.A.; Dylan continua l'indagine al Louvre dove anche la Gioconda (e si parla del ladro italiano) è inserita nel filone degli oggetti thelesmanici, con un - veniale - errore storico a p. 59, ove si scambia Francesco I con un Federico I, inensistente nella dinastia di Francia.









Quindi appare una versione infantile (60) della donna che insegue Dylan, e reca in mano una Rosa (di Versailles), con citazione dal celebre manga (1972) ed anime (1979) di Riyoko Ikeda, che è invece appropriato al contesto: Dylan finalmente comprende l'identità della donna (62) tramite una visione mistico-artistica, da "Sindrome di Stendhal", l'esperienza mistico-romantica nel grand tour dell'autore nel 1817, codificata nel 1977 e divenuta un film di Dario Argento - recentissimo autore di Dylan - nel 1996.



Un terzo delitto esoterico segna i due terzi dell'albo, la fatidica pagina 66 che conduce verso il finale. Un bodyguard scambia Rupert Everett con Hugh Grant nell'identificare l'attore cui Dylan somiglia (67), e dopo una fuga rocambolesca ci viene chiarita l'origine del pentacolo rovesciato di pietre esoteriche.











In 92, la figura del banditore infero viene ricollegata ad Elizabeth Bathory (1560-1614), la vera incarnazione - femminile - del mito di Dracula, e diviene un rovesciato negoziante di Safarà. La ricchezza di dati introdotti, anche se non esplicitamente collegata, fa presupporre possibili connessioni con la nuova continuity rettificata: Hamlin partecipa in effetti a un'asta infernale ne "Il sapore dell'acqua", che ci fa intuire una rete di scambi di oggetti esoterici.



Il fatto che la regina inglese (92.iv) abbia comprato il coltello di Jack The Ripper si collega certo ai presunti legami esoterici del primo serial killer con la corona, ma rimanda anche all'incontro con Jack da parte di Dylan, nei primi numeri della serie, e al ruolo della regina nel ciclo della meteora imminente (già si è trattato della sua natura aliena).











Finale classico con ritorno del tema delle farfalle, in modo circolare, legate all'anima in pena che viene liberata dallo spezzarsi della maledizione; e una nuova asta infernale nell'ultima pagina, col piccolo colpo di scena della presenza di Gaucho (che modifica lievemente, in potenza, la storia raccontata dalla co-protagonista: forse non solo il diadema pentacolare è di loro interesse...).





Insomma, una gustosa avventura nello stile della Baraldi, che affastella numerose citazioni intrecciandole in una trama avvincente e ricca di possibili sviluppi. L'autrice rivendica sul suo blog una certa continuità con Carolina Invernizio, nell'intrico compiaciuto di grand guignol e romanticismo d'appendice. E per l'appunto "Il bacio di una morta" della grande scrittrice torinese ha delle scene di ambientazione parigina. Un modo sottile, anche, per rivalutare la "madre nobile" di una letteratura italiana ancor oggi troppo al maschile: la Invernizio in effetti, nel quadro dell'Ottocento gotico, meriterebbe un suo posto (accanto ai troppo dimenticati Scapigliati antimanzoniani).









Se vogliamo, un'altra continuità che si stabilisce nell'albo è con uno dei numeri importanti di una storica sceneggiatrice bonelliana come Paola Barbato: infatti, la Maria Antonietta "vittima degli eventi" che appare nella Baraldi è affine a quella che emerge dal Boia di Parigi, con cui la Barbato ha aperto la collana delle Storie. Per entrambe, naturalmente, vale il già citato modello di un'altra sceneggiatrice seminale al proposito, ovvero Ryoko Ikeda con la sua "Lady Oscar".











Più che in altri casi, dove le citazioni erano più di secondo livello e quasi "esoteriche", ho poi trovato in quest'avventura un avvicinamento a tematiche alla Martin Mystere, sia pure trattate con sensibilità dylaniana e quindi approccio diverso, meno dettagliatamente didascalico. Prove di avvicinamento da multiverso Bonelli? Pare che un terzo episodio crossover dopo i lontani due storici sia a tal proposito in arrivo a novembre, per il Maxi Mystere n.10.











In ogni caso, i disegni di Emiliano Tanzillo sono ottimali per questo tipo di storia: il tratto dell'autore è molto versatile e sa adeguarsi alle molteplici esigenze della narrazione, come evidenziato qui sopra. Particolarmente efficaci le scene di tensione, con forti e netti contrasti chiaroscurali e un segno nervoso e vibrante, ma anche la ricchezza di dettagli e particolari quando questa è necessaria per rendere evidenti gli scorci - piuttosto compiaciuti, nella storia - dell'immortale bellezza di Parigi. Le sequenze seppiate dal passato (tipiche delle storie della Baraldi) risultano parimenti efficaci ed evocative. 











Un bel numero classico, dove la spruzzata di sangue splatter è per una decisamente generosa ma, nel complesso, si unisce a una trama tutto sommato consolatoria, che smorza in parte l'efficace effetto orrorifico nell'happy ending. 



Restiamo quindi in attesa del ciclo della Meteora, che dovrebbe costituire, dopo un ampio e probabilmnte inevitabile interludio dall'esordio, l'accelerazione finale del rinascimento dylaniato sotto il segno di John Ghost.