Caput Mundi - I mostri di Roma: Nero / 1 - L'inferno è vuoto.





LORENZO BARBERIS



"L'inferno è vuoto, e tutti i diavoli sono qui": la frase di Prospero nella Tempesta di Shakespeare ha una grande fortuna nella ricezione letteraria nelle molteplici declinazioni dell'horror. Data l'ambientazione di questa serie in una Roma cupissima, dove i misteri del Vaticano la fanno da padrone, è plausibile anche una citazione ironica del teologo conciliare Von Balthazar, ovviamente per rovesciarne l'ottimismo distensivo.



La serie sarà composta da tre nuovi episodi, in uscita in edicola e fumetteria da Novembre 2018 a Gennaio 2019; una seconda stagione comunque fruibile dai nuovi lettori.



L'incipit di questa seconda stagione è ad opera di Dario Sicchio e Michele Monteleone ed è, se possibile, ancora più truculento e adrenalinico della prima: in una manciata di tavole abbiamo un'orgia, un massacro e un inseguimento ultraviolento. La storia si connette quindi subito, dopo l'esordio in medias res, alla continuity della prima stagione, ovviamente incentrandosi su Nero, come da titolo. 











Una struttura che, in parte, fatte le debite proporzioni dalla fantascienza all'horror, ricorda quella adottata dagli Orfani bonelliani (su cui Monteleone ha lavorato ampiamente, tra l'altro): dopo una prima serie corale, ci si era concentrati su singoli personaggi nelle stagioni successive, iniziando da un cane sciolto come Ringo. 



Nero è profondamente diverso, ma sicuramente rappresenta una delle incognite più irriducibili all'ordine nello spietato sistema di potere per secoli immobile nelle mani della Mummia: e se il simbolo visibile del suo potere, il paravento del suo dominio, è crollato (come sa chi conosce la prima stagione), questo consente di mostrare in questa seconda stagione la fibrillazione di una città corrotta in cui - all'apparenza - il trono del potere sembra vacante. 



Non a caso, il vero nome del protagonista, che viene qui rivelato (e che era potenzialmente intuibile), rimanda a questa natura distruttiva e avvia un parziale disvelamento di elementi del passato. Ma già il nome originario, Nero, è sufficiente ad evocare la sua natura oscura, che proprio nella purezza della nigredo - come direbbero gli alchimisti - si rivela purificatrice nella corruzione ambigua e ipocrita che avvolge la città santa (nella finzione del fumetto, naturalmente!). 



Una valenza simbolica particolarmente forte in un fumetto, come questo, dove da sempre il violento bilanciamento dei bianchi e dei neri assume un valore emblematico, in una prevalenza dei toni del nero che riflettono, in modo immediato ma efficace, la tenebrosità morale dell'ambientazione nei disegni di Francesco Mobili e Pierluigi Minotti



Mobili regge la maggior parte della narrazione, con un segno che - pur non privo di una certa sintesi, come impone il tipo di narrazione accelerata che si è scelta per la serie - è anche preciso e dettagliato sia nella resa dell'azione, in cui si risente un certo influsso del linguaggio del fumetto americano, sia nello scavo psicologico dei personaggi, di cui viene sovente resa l'esasperata teatralità malavitosa, con una recitazione che, a suo modo, sembra guardare al recente noir italiano della serialità televisiva di qualità. In alcune scene corali, in particolare l'orgia introduttiva (vedi immagine in alto) l'autore ha modo di dimostrare anche una buona padronanza in complesse e imponenti scene corali.











Minotti illustra invece una cupa sequenza onirica finale, con un segno espressionistico che raggiunge stilemi xilografici, efficace nel segnare lo stacco a uno scontro interno alla mente del protagonista. Come logico, dato il tipo di sequenza assegnato, il disegnatore riesce a esprimere al meglio il forte contrasto simbolico del bianco e nero che è indubbiamente un punto di forza di questa serie. 



Anche se, come detto sulla prima stagione, sarebbe interessante vedere un episodio a colori, più vicino al serial tv a cui per certi versi questo fumetto rimanda, aggiungendo al diffuso noir una robusta componente orrorifica che filmicamente, in Italia, è spesso ancora probitiva (perfino al cinema, come nel pur ottimo "Lo chiamavano Jeeg Robot", le sequenze fantastiche subiscono il confronto dell'effettistica americana, che ha altri mezzi).



Anche il montaggio di tavola si muove sulle coordinate già fissate dalla prima stagione, con una griglia italiana moderna (ormai consolidata nel nuovo fumetto degli ultimi anni) che implica tavole a montaggio obliquo, frequenti splash anche doppie e smarginate, tavole a impostazione verticale ben calibrate sulla gabbia classica, che mantiene la sua valenza di collante in grado di dare la struttura narrativa. 



Una suggestione che ci viene anche dalla copertina di Marco Mastrazzo, che si conferma - quasi superfluo ribadirlo - tra i migliori nuovi copertinisti emersi recentemente nel fumetto italiano (in generale, si nota ultimamente un rinnovato slancio di attenzione verso quest'arte fondamentale, con autori pittorici come Cavenago su Dylan Dog, dove anche Mastrazzo lavora per vari albi speciali del personaggio).



Come al solito impeccabile il lavoro di lettering di Maria Letizia Mirabella, un lavoro spesso "dietro le quinte" ma che contribuisce in modo determinante alla fluidità del prodotto finale. 



Insomma, un prodotto di alta qualità, un nuovo fantastico italiano in cui si vede la passione di un affiatato pool autoriale.



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Caput Mundi - I mostri di Roma: Nero / 1 - L'inferno è vuoto. 



In Anteprima a Lucca Comics, e poi in tutte le edicole e fumetterie dall’8 novembre.



Soggetto e Sceneggiatura: Dario Sicchio e Michele Monteleone

Disegni: Francesco Mobili e Pierluigi Minotti



Copertina: Marco Mastrazzo




Formato bonellide, bianco e nero, 5,50 €.