Maxi Dylan Dog 34







LORENZO BARBERIS



Questo nuovo Old Boy di Halloween, il numero 34 dei Maxi Dylan Dog, è l'ultimo con copertina di Andrea Accardi. Il disegnatore - reduce, con il curatore Recchioni, dal terzo, riuscitissimo, capitolo di Chambara - lascia la testata dopo questa serie di sei: un avvicendamento normale, probabilmente, ma anche forse un mancato feeling tra l'autore e il personaggio. Pur nella professionalità del segno, le sue copertine non paiono incisive come, invece, lo erano state quelle di Cavenago (promosso poi infatti alla "serie A" della testata regolare). 



Anche questa, che rimanda alla prima storia, è gustosa nell'omaggio ad Halloween e ai Motorhead, nella maglietta dello spaventapasseri che richiama l'avversario principale di Dylan nel ciclo di Halloween di Piccatto. Però, pur funzionando, non ha quell'impatto assoluto della cover che pare un dogma non solo nel nuovo Dylan Dog, ma in tutti i fumetti sotto la regia di Recchioni: John Doe ed Orfani in primis, per fare due esempi.









Finchè vita non vi separi, con Soggetto e Sceneggiatura di Giovanni Di Gregorio, chiude la trilogia di Halloween con un finale apertissimo. Trilogia tagliata su misura per il disegnatore Luigi Piccatto, il cui segno si è sempre prestato ottimamente a un humour nero grandguignolesco fin dai primi numeri del personaggio. Qui Piccatto è affiancato da un team di giovani disegnatori quali Giulia Massaglia, Fabio Piccatto, Matteo Santaniello, i quali comunque si dimostrano abili a rispettarne la sintesi nervosa e blandamente grottesca.



Gli stilemi innovativi della trilogia restano costanti in questo terzo capitolo: vignette smarginate, con una retinatura che suggerisce il colore nelle parti di cornice ambientate nel mondo reale; bianco e nero puro su sfondo nero nella parte centrale, che costituisce il succo della vicenda. 



Per il resto, griglia classica, storia in forte continuity con le due precedenti nel segno di un dark spaghetti western con una punta di mortifera ironia. Curioso come le sequenze di flashback, anche nel mondo dei morti, tornino a fondo bianco se ambientate nel reale (p.18) e qualche primo tentativo di accostamento di frames tra mondo dei vivi e mondo dei morti (p.30), che magari sarà più sviluppato in eventuali sequel. 



L'idea di un Dylan Dog che ripropone il suo lavoro anche in questo inferno alla Morricone, col suo "Dylan Dog Weird Cases" (p.36), appare congegnale a pensare a un ulteriore prosieguo della trilogia, con un Dylan indagatore dell'incubo western (in fondo, e in modo simile al Mystere ottocentesco, nel prossimo color fest vedremo a quanto pare un Dylan "Gotico inglese", nell'Ottocento vittoriano). Infatti la stretta continuity dell'Inferno Western non darebbe infiniti spunti di trama orizzontale, se non diluiti con l'introduzione di una trama verticale dedicata al "mostro western" della puntata, come in questo caso.



Ben sceneggiato, comunque, anche come Dylan riesca a non tradire sé stesso in un mondo ancora più estremo della Londra horrorifica in cui vive, in cui quasi tutti i morti dell'Inferno Western sono predatori spietati in perenne guerra tra loro. In 82, Dylan diviene per un istante un "giuda ballerino"; il pur prevedibile colpo di scena finale in p. 89-90 è oltretutto un bel cliffanger per prossime puntate, confermato anche dal finale a p.98.











Il club dei suicidiSoggetto e Sceneggiatura di Michele MonteleoneDisegni di Riccardo Torti, è invece la storia "Studio In Rosso" dell'albo, quella più vicina per certi versi all'estetica del nuovo Dylan Dog di Recchioni, con due autori compagni di studio dell'autore romano.



La vicenda comincia con la riunione di un club di self-help che ricorda da vicino quello da cui comincia il celeberrimo "Fight Club" di Chuck Palahniuk (il cui secondo capitolo è stato un fumetto, non del tutto riuscito). Una donna grassa sostituisce perfino il ciccione che diviene in quella fase il compagno di auto-aiuto del protagonista. La tavola col titolo (110) riesce di indubbio effetto e ci porta all'avvio delle investigazioni in modo tutto sommato molto classico: cliffhanger iniziale, cliente fascinosa ma non disponibile, Dylan scettico...

Pur rispettando le regole del gioco del Dylan classico, Monteleone e Torti imbastiscono però un racconto più mosso nel montaggio, alternando alla gabbia bonelliana ad esempio interessanti tagli verticali (114, o la bella 132 che vediamo sopra, o 138); lo stile di Torti, efficace ma sintetico, si giova inoltre di una impostazione squadrata della tavola meno tipica su Dylan del classico montaggio della griglia "a mattoncino" (mentre invece è il marchio di Julia, fin dal 1999). Non manca anche una splash smarginata a p. 145 (era stato Monteleone, con altri, a introdurre la prima doppia splash su Dylan, sull'Old Boy).




Il gioco delle corrispondenze tra il mondo parallelo dell'Old Boy e quello nuovo della rivoluzione dylaniata è meno sviluppato di un tempo, ma in 119 Monteleone introduce un villain che ci ricorda da vicino John Ghost, di cui incombe il ritorno al 387.





Il contatto con le divinità induiste in 136, invece, pare riecheggiare il color fest di Ambrosini in edicola, dove appaiono potenti riferimenti al mito biblico. Pare quasi un modo di ribadire come le varie religioni sono presenti nell'immaginario fantastico dylaniano come pure forze archetipe, senza che si adotti un preciso immaginario prevalente. La storia di Monteleone è direi l'unica che mantiene questi elementi tradizionali (lo sceneggiatore mostra anche di avvalersi abilmente di alcuni espedienti classici, come il tesserino scaduto e altre piccole annotazioni che collocano la storia nell'Old Age di Dylan Dog).







Bello il labirinto onirico che appare in 160, bella la vestizione dell'eroe a p.174 (vedi sopra); lo scontro finale coi gemelli diabolici ha un bel parallelismo (p.184, vignetta I e II) che acquista un effetto di elegante contrappasso. La sopravvivenza dell'alter-John Ghost in un finale apertamente lovecraftiano, nella splash marginata di 194, pone le basi per un possibile ciclo. La struttura della storia, tra l'altro, richiama in parte quella del fortunato ciclo western di apertura: un Dylan che, dopo qui una più ampia indagine, cade in un mondo onirico-sovrannaturale "a tema", in questo caso con rimando all'induismo riletto in chiave pop.







L'ultima storia, Musica per corpi freddi, ha Soggetto e Sceneggiatura di Gigi Simeoni per i disegni dell'esordiente Alessandro Giordano. Anche qui, di nuovo, per la terza volta nell'albo un segno efficace ed elegante, ma sintetico, sia pur su una griglia complessivamente tradizionale. Abbiamo un certo grado di splatter (202,v, 208, v) e un'indagine piuttosto tradizionale, che consente a Bloch di giocare - almeno in una storia su tre - il suo ruolo dei "vecchi tempi". Anche il tema dell'albo va in un senso classico, con un delitto legato alla musica rock maledetta. L'albo nel complesso funziona bene, con tanto di colpo di scena finale segnato da splash page, e quel giusto livello di indeterminatezza (sovrannaturale o intricato caso giallistico?) nella spiegazione finale: tutti elementi della ricetta più classica, ben miscelati da Simeoni. 



Forse fin troppo classica, per i miei gusti, ma indubbiamente l'Old Boy dovrebbe servire proprio per storie come questa; però, in una "grande classica", avrei visto più congegnali un tratto più accurato e dettagliato, dove il tratto di Giordano, indubbiamente efficace, risulta forse fin troppo moderno. Per contro, il nuovo autore è decisamente bravo, e lo vedrei volentieri, a breve, anche sulla regolare.





Dylan Dog Maxi n.34

uscita: 31/10/2018



Copertina: Andrea Accardi



Finchè vita non vi separi

Soggetto e Sceneggiatura: Giovanni Di Gregorio

Disegni: Luigi Piccatto, Giulia Massaglia, Fabio Piccatto, Matteo Santaniello



Il club dei suicidi

Soggetto e Sceneggiatura: Michele Monteleone

Disegni: Riccardo Torti



Musica per corpi freddi

Soggetto e Sceneggiatura: Gigi Simeoni

Disegni: Alessandro Giordano