Dylan Dog 389 - La sopravvissuta





LORENZO BARBERIS



Il 29 gennaio 2019 esce "La sopravvissuta", numero 389 della serie regolare di Dylan Dog, con sceneggiatura di Barbara Baraldi (del 2015) e disegni di Luigi Piccatto, Fabio Piccatto, Giulia Francesca Massaglia e Matteo SantanielloSi tratta del primo team up tra la Baraldi e un altro grande classico disegnatore dylaniato, Piccatto e i suoi (dopo Mari, Roi e numerosi altri).



Ancora allegati i tarocchi dell'incubo disegnati da Angelo Stano (in questo caso, sono alcuni Arcani Minori le cui immagini sono ricavate da storiche copertine); continua la blanda continuity del ciclo della Meteora, come annunciato dal countdown sotto il titolo, che prosegue la sua disgregazione. Come al solito, sono possibili alcuni spoiler minori nell'analisi dell'albo: consiglio quindi di leggerlo e poi tornare qua.











La copertina è come al solito di Gigi Cavenago, ed è ispirata alla locandina di "The Gauntlet" (1977, "L'uomo nel mirino") di Clint Eastwood regista e protagonista. Lo stesso Cavenago ammette che l'aggiunta dell'inquietante volto del villain dell'albo porta a una certa somiglianza con la storica prima cover di Guerre Stellari. Visivamente molto bella (soprattutto nella versione "nuda", che qui potete ammirare in fondo) e connessa, più che al tema dell'albo, che comunque rispetta, al ciclo della meteora che viene evocato con forza. 









L'introduzione del curatore Roberto Recchioni mette in evidenza il meccanismo sostanzialmente sadico degli horror indagato in "Men, Women, and Chainsaws" (1992) di Carol J. Clower, e incentrato sul personaggio della "Final Girl" (la protagonista Sally, nella cover, ha una maglietta "nerd-style" che la identifica con tale ruolo): l'ultima superstite nei massacri compiuti dal mostro, che lo affronta - con esiti alterni - nel finale. Questo infatti, come vedremo, lo spunto meta-narrativo dell'albo sotto un profilo "verticale": l'eroina infatti è stata la Final Girl di uno splatter-horror, Fear of the Dark di Miles Cox, e teme che questo ruolo le sia rimasto nel mondo reale. 



Il tema  non è ovviamente nuovo all'horror, e curiosamente proprio in Nightmare (la serie che può essere l'esempio paradigmatico del meccanismo della Final Girl) ha nel settimo capitolo, "Nuovo Incubo" (1994) di Wes Craven, una variazione di tale tipo. La cosa interessante, come coglie lo stesso Recchioni, è la corrispondenza piuttosto precisa con lo stile della Baraldi, come delineatosi nelle sue storie dylaniate (vedi qui le mie recensioni precedenti), che ricorre al meccanismo della Damsell In Distress con un certo sottile compiacimento. Una metariflessione, quindi, non tanto su Dylan o sul fumetto in generale, pare di leggere, ma sullo stile stesso della sceneggiatrice. In qualche modo - nel turbinare di romantici personaggi femminili che affianca all'eroe - è lei la vera, ineliminabile Final Girl del suo Dylan?


Ad ogni modo, come già nel numero precedente, le prime tavole (5-6) come poi le ultime (94-98) ci connettono al Ciclo della Meteora. Il suicidio del professor Clarke che stava studiando per Ghost la meteora stessa (introdotto nel n.388) ha indotto un aumento del timore, e qui stimola a passare all'azione l'antagonista dell'albo, Faccia di Morte (introdotto subito con una potente splash page in 6), anch'egli dichiaratamente "al servizio del caos". L'ispirazione - stando, sembra, anche a quanto dichiarato dall'autrice - pare essere l'Eddie mascotte degli Iron Maiden, un altro richiamo agli anni '80 che ricorda quello dell'Axel Neil di Recchioni (apparso nel primo capitolo del ciclo della meteora).









La sequenza successiva (7-17) palesa la citazione del ciclo di Final Destination: il 2, in particolare: ma c'è anche un incidente aereo, come nell'1, quasi a voler fondere insieme i due punti di partenza dei due primi film. C'è perfino il bambino che gioca con l'aereo prefigurando la sventura incombente (10: nel film, giocava con un camion): un dettaglio non solo citazionistico, ma che lascia intendere come anche questa sciagura sia parte di un più ampio progetto del Fato (la Meteora, oltre all'ovvia natura distruttiva, catalizza sul "piano sottile" una miriade di eventi apocalittici minori, come lasciato intendere dallo stesso Ghost).



Accurata, forse un po' didascalica, la ricostruzione del gergo CB usato per narrare la strage tramite il punto di vista di un camionista coinvolto; la Baraldi non rinuncia inoltre a un sempre gradito classico dylaniato, quello di suggerirci una adeguata colonna sonora con un riferimento intradiegetico: in questo caso, Thunderstruck, degli AC/DC, ascoltata da un alter ego di Otto Man, l'autista del bus dei Simpson (9). Lo splatter è ad alti livelli, come del resto porta la citazione a Final Destination (e come già nell'avvio del ciclo della Meteora ad opera di Recchioni).











Lo stile di Piccatto - efficacemente reso dall'equipe che ora affianca il maestro - risulta piuttosto congegnale all'albo proprio per via di questa ricca presenza di splatter, qui e più avanti. Infatti, storicamente, Piccatto si è sempre distinto per storie grand-guignolesche, in cui l'horror anche esplicito veniva trattato con una sorta di truculenta ironia (come anche nel recente ciclo western sull'Old Boy, ad esempio). Per tale ragione, col suo elegante tratto sintetico, risulta indicato a stemperare scene che, in una resa troppo verosimile, avrebbero forse offuscato il livello meta-letterario virando la narrazione verso lo splatter puro; per contro, manca invece da parte della Baraldi l'uso del registro dell'humour nero, dato che la sua narrazione (come suo solito) è più rivolta a un romanticismo gotico e decadente, in un registro prevalentemente tragico (salvo i momenti topici: l'umorismo seduttore di Dylan, i siparietti surreali di Groucho...). Dichiaratamente grottesca e spiazzante, invece, la conclusione (che si ricollega come detto al ciclo del Caos nel suo complesso): e anche qui i disegni sono essenziali per dare il tono di umorismo macabro appropriato.



La quadrupla di p.17, coi titoli di testa, ci introduce l'eroina della storia (la maglietta da trekkie ci conferma la sua predilezione per t-shirt nerd come quella in copertina): abbiamo poi un esordio molto classico (quasi sempre scelto dall'autrice), con i meccanismi tradizionali: Dylan che rifiuta e poi accetta il caso, si innamora della cliente, e così via.
















Un elemento qui più vistoso (e solitamente non presente nei precedenti albi dell'autrice) è una certa passività di Dylan: non nel senso di una sua mancata azione, ma di una sua scarsa efficacia nell'intervenire sul macabro rituale in corso, che infatti si svolge ordinatamente sotto i suoi occhi impotenti. Probabilmente tale difficoltà di agire si lega al generale indebolimento di Dylan (tema di tutto il "rinascimento dylaniato") schiacciato dall'emergere del Caos come divinità primigenia (visto nel n.387), che qui, con questo nuovo rito in suo onore, si è probabilmente nutrito di nuove energie occulte.



Se il rituale in cui Sally è intrappolata ha una sua macabra coerenza, le due stragi iniziali - quella dell'autostrada, e quella in metro ad opera di uno Sheldon Cooper impazzito - non sono effetto diretto del villain dell'albo, e probabilmente catalizzate da Sally per via del potere che lei ha sviluppato (notiamo come a p.17 e p.30 venga mostrato comunque il celato intervento di Faccia di Morto). Viene da chiedersi se anche la pioggia di meteoriti (evocata già in copertina, e che anticipa l'incombente, e ben più pericolosa, meteora) non sia un terzo prodotto dei poteri di Sally, amplificati dal rito.










"No richer town than London" (Fredrick C. Herrick, 1927)



Numerose le piccole citazioni apparse nell'albo, come tipico della Baraldi. A parte quelle già citate (o altre che non ho visto): Tricia Takanawa, che appare fin da p.5 (il nome appare a p.73) è ripresa dalla giornalista nipponica dei Griffin; appare la stazione metro di Notting Hill, quartiere reso noto da un film con Julia Roberts, la fidanzata italiana di Dylan cita il Tarkovkij di Solaris ("Sembri su un altro pianeta!") a p.22; il collezionista Robert Hughes apparso nel terzo Color Fest è l'unica "citazione interna" alla blanda continuity dylaniata (e la citazione di una balestra esoterica pare collegarsi quasi all'analoga arma, in possesso di Dylan, che appare nel 387).











I disegni di Piccatto e soci confermano come già accennato la loro efficacia: nel solco dello storico autore di Dylan Dog, è soprattutto meritorio come si sia riusciti a mantenere una forte coerenza grafica del segno, nonostante la compresenza di quattro autori diversi. Un segno dettagliato e nervoso a un tempo, che nei Dylan Dog storici si collegava soprattutto a storie dove era più marcata la componente dell'humour nero: qui è utile soprattutto a smussare un po' lo splatter imperante con un segno più sintetico.



Numerose le belle soluzioni grafiche, come la sequenza acquerellata del film a metà albo (50-53) o l'immagine finale a p.90, dove la vignetta si scompone nei tasselli del puzzle evocati a p. 38.. La griglia adottata è prevalentemente quella bonelliana classica, a mattoncino, anche nelle sequenze di azione-splatter, il cui dinamismo poggia più sul segno che sul montaggio (vedi ad es. p.16). L'unica splash è quella introduttiva, a p.6; limitate anche le quadruple (efficace p.71, che riprende la scena evocata in cover), in connessione anche con la trama al solito ricca e intricata della Baraldi, che lascia poco spazio alla "decompressione visiva" (qui sette pagine sono oltretutto "sottratte", a inizio e fine, dalla continuity orizzontale che incornicia la storia).



Restiamo ora in attesa degli ulteriori, successivi sviluppi di questo ciclo della Meteora che va entrando sempre più nel vivo con l'ormai prossima Caduta degli dei.