Dylan Dog 391 - Il sangue della terra





LORENZO BARBERIS



Il 30 marzo 2019 è uscito il n. 391 di Dylan Dog, "Il sangue della terra" (che suona quasi come una variazione orrorifica dell'evangelico "sale della terra"). La copertina di Gigi Cavenago, elegante come al solito, presenta un Dylan Dog armato di lanciafiamme che può essere quasi una sintesi della rivoluzione dylaniata avvenuta sotto la curatela di Recchioni, accentuatasi con la Meteora. Il titolo continua la sua sottile disgregazione, e non manca mai un baluginare della meteora, come da convenzione.



La sceneggiatura è di nuovo, come il mese scorso, di Paola Barbato, questa volta affiancata dai disegni di Werther Dell'Edera, che ha firmato con Tiziano Sclavi "Le voci dell'acqua", la "prima graphic novel" del creatore di Dylan, apparsa sul finire del 2018. 



Disclaimer: possibili spoiler: consiglio di leggere prima l'albo.









La sequenza iniziale prelude all'ingresso in scena dell'antagonista dell'albo, che appare a pagina 8 (bello l'espediente, non molto usato su Dylan, dei balloon neri). 



Il curatore Roberto Recchioni, su fb, ha insistito sull'importanza di una storia che va a trattare il tema del divorzio con figli. Indubbiamente è un aspetto innegabile: personalmente non gli avrei assegnato un particolare rilievo, ma ho cercato di integrare tale chiave di lettura. Notiamo intanto che l'elemento dei figli appare fin da 8.v, chiarendosi dunque fin da subito al lettore.



Dylan invece lo ignora, in quanto il magnate gli racconta solo una parte della verità, e gradualmente, a più riprese, come un cattivo cliente con - appunto - un detective privato assoldato contro l'ex partner. Se nella prima versione il tema del divorzio può apparire metaforicamente nel "tagliarsi un braccio" per l'avida ex-consorte, il tema diviene più esplicito in 68-69, dove apertamente Dylan gli consiglia un divorzista (69.iii). 















La sequenza di Dylan che segue all'incipit accenna al procedere della meteora, come atteso (con una aguzza battuta metatestuale a p. 11), e si collega (p.13) al cliente del mese che - come già annunciato nella presentazione dell'albo - vive su una stazione spaziale, osservando la terra dal satellite.



Ci spostiamo così a Wickedford, con un blando collegamento con le vicende del Magazine 2019. Interessante l'idea degli "Intimidatori morali" che tentano di fermare la Meteora con la pura intenzione (ricorda le sette assortite del Mercurio Loi di Bilotta, spesso assurde o paradossali: oltre a questa, abbiamo gli imitatori di Dylan sponsorizzati da Ghost e, nello scorso albo, i seguaci del deviato culto derivato da Teillard de Chardin. Viene ribadito inoltre un paio di volte nella storia il rimando a Ghost (20.iv e 64.v).









Una volta stabiliti i presupposti di partenza, la storia prosegue in modo regolare sui binari prefissati. A differenza di altre storie della Barbato, come la precedente, tipicamente segnate da una trama complessa e ricca di riferimenti e citazioni, la narrazione si sviluppa relativamente lineare.



Ci sono, naturalmente, alcune svolte narrative che chiariscono meglio, man mano che si procede, il rapporto tra la strega e il magnate spaziale, ma prevalgono sequenze di un'azione piuttosto particolare. L'action, infatti, è concitato, ma assume una valenza straniata, metafisica, inframmezzandosi alla melanconia della storia d'amore finita sul suo sfondo. 



Ciò dà modo a Werther Dell'Edera di dispiegare appieno l'eleganza del suo segno, ottimale per interpretare una narrazione di questo tipo (come già per il - diverso, ma similmente "lunare" - Cronodramma).



Bello l'espediente grafico per i flashback (25 e altrove): invece del solito stilema di vignette "bombate" che mi piacciono poco, un margine irregolare e più spesso della vignetta, che mi pare più elegante.



Alcuni stilemi - specie nei volti dei personaggi - possono ricordare un maestro del calibro di Attilio Micheluzzi, che si era confrontato anche con Dylan Dog (ad esempio nel primo speciale, dedicato ad Altroquando). 



La sintesi di Werther Dell'Edera amalgama bene questi eventuali riferimenti in uno stile ormai nettamente personale. Interessante anche la scelta di montaggio, che assume frequentemente, come nella tavola qui sopra, una impostazione verticale, due strip di 3 vignette invece di 3 per 2. Quando la disposizione è questa, poi, Dell'Edera predilige una rigorosa griglia ortogonale, invece del più classico mattoncino (uno stile che personalmente preferisco).




Non vi sono splash pages, che sono solitamente usate con parsimonia dalla Barbato (anche in un albo come questo, dove la narrazione è tutto sommato abbastanza "decompressa"). 



Belle comunque alcune quadruple di ampio respiro come la pagina del titolo (5, subito all'inizio dell'albo), p.23 o il finale: come spesso nella Barbato, è la tradizionale quadrupla e non la splash a segnare un momento clou della narrazione.



Come il taglio "verticale" è molto frequente, non mancano nemmeno numerose belle tavole a "taglio orizzontale", specie le due mute prima della conclusione (94-95, con un bel bilanciamento bianco vs nero) o, poco prima, 91-92, con un montaggio "minimale", piuttosto raro in Dylan Dog, ma qui efficace nel rendere la sospensione di un momento. 



Numerose tavole sono poi "mute": oltre 91, anche 87-88, e prima ancora 74 o 84, momenti delle sequenze di azione. In generale, frequente l'uso di vignette "mute", a punteggiare la trama, e dialoghi piuttosto essenziali. Un "bianco" contenutistico ben bilanciato da un certo prevalere degli "spazio bianchi" interni alla vignetta (in opposizione a un "prevalere del nero" che sembra la scelta più logica nel fumetto horror in bianco e nero).











Il finale crea il pay off del set up della cover, secondo il principio della pistola (qui, il lanciafiamme) di Checov, e con una svolta finale attendibile che conduce a una conclusione aperta. 



Il tema della figliolanza ritorna con una potente vignetta come 75.iii (e questo è uno stilema davvero spesso usato da Micheluzzi), dove anche Dylan ode l'urlo della strega, comprende la situazione e cambia la sua posizione (già scettico nella sua missione contro la donna). 



Si tratta di un passaggio piuttosto fine nella costruzione del personaggio: infatti, è plausibile si tratti un rimando alla psicologia di Dylan, figlio di una coppia spezzata (Xabaras, il "padre oscuro", e Morgana). Egli può ancora accettare l'odio coniugale, ma il rifiuto dei "figli mostruosi" lo tocca troppo da vicino e lo spinge a un rapido voltafaccia.



Ciò porta all'ambigua risoluzione del conflitto dell'albo (chissà che non possa tornare, magari a margine, nello sviluppo del "blando ciclo" della Meteora). Volkov infatti sembra - in contrasto con tutto quanto fatto: ma è una contraddizione che lo rende più umano, in fondo - affranto dalla morte della moglie (85) e, contro ogni buon senso, felice (o almeno, non terrificato) del suo ritorno.



Un albo quindi interessante, per come coniuga due aspetti solo apparentemente opposti: da un lato, un più forte carico action (l'elemento iconico del lanciafiamme, che Dylan usa con disagio, è vero, ma comunque adotta) e al tempo stesso un più forte dramma psicologico. Due elementi, per paradosso, presenti fin dall'origine del personaggio, ma raramente associati: più tipicamente, le storie "drammatiche" avevano un più basso tema d'azione orrorifica (e l'elemento horror diveniva più rarefatto, più manifestamente simbolico), oppure, nel caso di una virata verso lo splatter, era meno forte il rimando realistico. 



Coniugare, in questa storia, questi due elementi produce un effetto grottesco (la scena finale da dramma famigliare italiano, frequente nel romanzo e nel cinema, con i due che litigano al cellulare, ne è appunto l'apice) piuttosto interessante e abbastanza innovativo nel personaggio.



Se la Barbato si rivela quindi abile nella giusta calibrazione dei due elementi, Dell'Edera è congeniale a rappresentarli. Non solo per lo stile asciutto e scabro che gli è tipico, ma anche per il suo ruolo di coautore nel recente romanzo a fumetti di Sclavi, dove il tema dell'incomunicabilità famigliare è al centro della narrazione (come, del resto, è centrale nel background del personaggio di Dylan Dog da lui creato, in chiave fantastica). Lo stile è in parte diverso, perché qui si adatta - in parte - al fumetto popolare, mentre là è più liberamente autoriale (anche se di un'autorialità che, in parallelo a quella di Sclavi, nasce dal popolare). Ma è indubitabile la suggestione almeno di un fil rouge.



Restiano in attesa di un terzo numero consecutivo della Barbato ne "Il primordio", con disegni di Paolo Martinello: la cover pare promettere una più stretta continuity.