Dylan Dog 394 - Eterne Stagioni





LORENZO BARBERIS



Uscito il 29 giugno 2019 il n. 394 di Dylan Dog, il sesto del ciclo della meteora. Come annuncia lo strillo in copertina, in allegato un poster e degli adesivi legati al personaggio, come sulle altre testate bonelliane di questo mese: gli adesivi mi sono piaciuti, il poster (un'immagine del personaggio scontornata dalla prima cover di Cavenago) meno.



La copertina di Gigi Cavenago di questo numero gioca in contropiede col clima torrido citando lo storico "I delitti della mantide", che era già stato ripreso, nel nuovo corso, ne "Il cuore degli uomini" (vedi la mia recensione qui): due albi cruciali nel definire e ri-definire il rapporto di Dylan con le donne, e anche questo albo non farà eccezione. Di qui in poi, possibili spoiler sulla storia.









La sceneggiatura dell'albo è di Paola Barbato che, come evidenzia il curatore Roberto Recchioni nella sua prefazione, si muove in atmosfere lievemente diverse dal solito, più sul versante dell'onirico sclaviano, romantico-melanconico.



Ai disegni torna invece Marco Nizzoli con una prova di alto livello, che rifinisce ancora il suo segno precisissimo e sottile.



L'incipit dell'albo è legato alla "blanda continuity" del ciclo della meteora, e palesa alcuni elementi che potevano già essere intuibili, ma che solo da qui hanno valore certo. Viene inoltre aggiunto un dato importante: l'elemento cruciale nel piano di Ghost circa Dylan sarà connesso al rapporto di Dylan con le donne.









Un elemento seminale del personaggio, che rimanda alla sua creazione da parte di Sclavi attorno al potentissimo conflitto edipico che segna il personaggio (elemento, tra l'altro, ripreso con forza anche da Roberto Recchioni in Mater Dolorosa).



La Barbato dimostra la sua maestria nella sceneggiatura con due stilettate di gran classe con la citazione di Nancy Spungen, che aggiunge al tutto un'ombra cupissima (7.ii) e una citazione punk, che rende i Sex Pistols una possibile colonna sonora implicita di quest'albo. Viene da chiedersi, come al solito, quanto sia davvero blanda la continuity, e se nel tutto non incida anche il passato punk di Dylan, esplorato da Barbara Baraldi ne "Gli anni selvaggi" (vedi qui).



Inoltre, la battuta marxiana di Groucho può essere letta come una pura battuta, oppure una sottile allusione alla sua potenziale omosessualità (o meglio bisessualità) e attrazione celata per Dylan.



"Sta arrivando l'inverno" (8.i) è indubbiamente sensato nel tema delle "Eterne stagioni" che caratterizza l'albo, ma è un rimando a Games Of Thrones che aggiunge la giusta nota di cupezza.









Arrivano così i titoli di testa (9) e vediamo materialmente le nuove conseguenze della meteora, con il variare frenetico delle stagioni connesse a un simmetrico cambio nell'umore: lieto la primavera, collerico l'estate, melanconico l'autunno (con citazione di "Soldati" di Ungaretti, in 17.v). 



Sullo sfondo, il sottile disfacimento della società inglese, con la gente volta all'accaparramento del cibo, sul modello dei tempi della Guerra del Golfo.



Il mistero, come è chiaro fin dalla copertina, è legato all'inverno, e ai suoi misteriosi effetti. Il che si sposa perfettamente con il segno di Nizzoli, il cui tratto sottile ha una resa ottimale quando l'orrore scaturisce da un prevalere del bianco, piuttosto che del nero come più consueto su un piano simbolico, almeno occidentale. L'uso di una griglia tradizionale rende molto efficaci le rare variazioni: vedi il perdersi delle vignette "nello spazio bianco" in 30, con il candore mortifero della neve che avvolge ogni cosa, o la potente splash muta di p.31.



Tuttavia, Nizzoli è altrettanto magistrale nell'orrore "mostruoso", che trae forza dalla minuzia dettagliata e a tratti disturbante del suo segno (39.iii è di particolare potenza, anche per il personaggio che viene evocato) e nelle scene giocate sul predominio dei neri (42, in contrappunto all'orrore bianco: ma anche scene orrorifiche come 76-79).











Validi anche i radi inserti "fotorealistici", come quello di p.50 (ma frequenti anche altrove, nelle scene allucinatorie), o le scene acquerellate per il passato: elementi bene amalgamati nel sottilissimo equilibrio visivo dell'albo.



Sotto il piano citazionistico, interessante il rimando ad Arancia Meccanica di Burgess e Kubrick in 45-46, adeguata ai due giovani teppisti e con un valore più ampio sul disfacimento della società in corso non solo in quest'albo. Ladyhawke, invece, dà un indizio significativo sul tema sentimentale dell'albo.



La chiusura, cupa come frequente nella Barbato (ma nel tono romantico dell'albo), è coerentemente spietata. Forse vi è anche una sottile riflessione indiretta sul tema dell'eutanasia, così come nell'ultimo albo della Barbato prima di questo, "Il sangue della terra", vi era una riflessione sul divorzio in chiave horror (vedi qui). 



Sotto il profilo della continuity della Meteora, viene sottolineata l'incapacità di Dylan di amare profondamente, che ha ovviamente un rilievo per quanto riguarda la rivelazione dell'incipit.



Il ragazzino di p.37 ha un suo rilievo che non sono per ora riuscito a decifrare, ma probabilmente connesso al ciclo della Meteora e alla continuity che non all'albo nello specifico.




















(gli omaggi dell'albo)



Un albo della Barbato, quindi, in cui l'autrice si allontana - come già ne Il sangue della terra - dal gusto per trame complesse e intricate che è uno dei suoi marchi di fabbrica (presente, ad esempio, nel recente La caduta degli dei) per dare invece spazio alla sua cura per l'approfondimento psicologico dei personaggi.



In entrambi i casi, la affiancano disegnatori dal segno raffinato, Dell'Edera nel primo caso e qui Nizzoli, rafforzando l'impressione di un fumetto da edicola ma fortemente "autoriale". 



Il segno di Nizzoli, infatti, benché meno "sintetico" di quello di Dell'Edera, si qualifica per un gioco particolarmente raffinato nel contrasto dei bianchi e dei neri, come accennato. La forza straniante del bianco acquista efficacia nell'uso misurato che l'autore ne fa, limitandosi ad usarlo nel pieno della sua potenza all'inizio e nella tragica sequenza finale (solo pagina 98, come prima p.30 all'inizio dell'evoluzione drammatica, vedono la dispersione delle vignette nello spazio bianco).



Un albo quindi di indubbia eleganza, in attesa di un altro ritorno autoriale: Carlo Ambrosini come autore completo, di recente tornato anche sul suo Napoleone, che tornerà nel prossimo numero.