La closure e il fumetto.




Il concetto fondamentale del fumetto è la closure: ovvero il passaggio da una vignetta all'altra separata convenzionalmente da uno spazio bianco (uno dei principali siti di critica del fumetto italiano, il più longevo - dal 2002 - chiama in questo modo). 

La closure permette il passaggio a due momenti diversi della narrazione a fumetti; può essere molto stretta, tra due momenti vicinissimi (come nella vignetta sopra, di Scott McCloud, che è il teorico della closure, concetto che ha sviluppato a partire da Will Eisner, il padre, tra le altre cose, del graphic novel, il "romanzo a fumetti"). Qui il suo blog: in testa al post, la copertina del suo saggio più celebre.

Si parla quindi di fumetto come Arte Sequenziale, ovvero che ha come specifico quello di essere formata da sequenze che producono una narrazione. Didatticamente, questo si avvicina molto alla teoria narratologica, che pone come base dell'analisi di un testo narrativo la sua divisione in sequenze, vuoi per funzione (statica: descrittiva-riflessiva; o dinamica: narrativa-propria o dialogica), vuoi per scansione dell'arco narrativo (incipit / esordio / peripezie / spannung / scioglimento).

La prima modalità si associa più ad elementi del fumetto interni alla vignetta, di cui parleremo in seguito: la descrizione passa soprattutto tramite il disegno degli sfondi, la narrazione tramite il disegno vero e proprio, dialoghi e riflessioni tramite il balloon (per semplificare molto).

La seconda modalità invece si associa agevolmente allo sviluppo del fumetto come testo narrativo, sia nell'analizzarlo che nel produrlo. Ogni vignetta è, di fatto, una micro-sequenza (la più piccola unità narrativa), che tra l'altro è identificata in modo univoco, mentre nella letteratura ha una cesura inevitabilmente con margini arbitrari. Ovviamente si possono identificare anche sequenze più ampie (alcune vignette, o alcune pagine di fumetto) o macro-sequenze (tipicamente le cinque viste sopra).

Un esercizio interessante potrebbe essere quello di scrivere una tavola di fumetto (magari adattando un racconto letto) dove a ogni vignetta corrisponda una delle fasi (incipit - esordio - peripezie - spannung). Si tratta, è ovvio, di un esercizio di stile: non è lo scopo realizzare un fumetto d'arte, ma impratichirsi del linguaggio (e, magari, con la comparazione, di quello narrativo).


Dalla definizione di arte sequenziale consegue che non è così fondamentale la presenza del "balloon", la "nuvoletta", il "fumetto" che esce dalla bocca dei personaggi. Può esservi l'uso delle sole didascalie, o anche muto (su un fumetto lungo, singole tavole mute sono frequenti). Un espediente grafico importante, dunque, il balloon (su cui torneremo) ma non quello costitutivo del medium, nonostante gli dia il nome italiano.

Ne consegue che l'Arte Sequenziale è antica quanto la civiltà umana. Si discute se i graffiti preistorici siano sequenziali: se lo sono, non è una sequenzialità immediatamente leggibile (sicuramente introducono, e con grande efficacia, un'altra componente fondante del fumetto: il cartoon, la sintesi stilizzata).

Sicuramente vi sono invece sequenze ordinate, di tipo narrativo, all'interno dell'arte mesopotamica ed egizia. E, in modo simile, questa ritorna nell'arte greca e in quella romana (un esempio frequente è la Colonna Traiana). E in questi termini si possono analizzare molti affreschi medioevali, come - vicino a noi, ad esempio - quelli di San Fiorenzo di Bastia Mondovì, il più vasto ciclo del basso medioevo in Piemonte.

La storia del fumetto moderno, comunque, viene fatta iniziare nel 1896 (significativamente, lo stesso anno di nascita del cinema dei fratelli Lumiere, che ovviamente condivide dei parallelismi col fumetto), con Yellow Kid di Outcault. Non vi è la vignetta, ma è evidente la sequenzialità; inoltre, vi è la pubblicazione a stampa, su giornali popolari, inizialmente nelle pagine domenicali, poi con le strip comiche giornaliere.

Il formato della comic strip non genera una "griglia", essendo appunto una striscia (una bande dessinée, come da nome del fumetto francese); a stampa questo formato diviene di solito un quadrato con vignette (quadrate o rettangolari) di forma uguale. I Peanuts (indagati anche da Umberto Eco nel fondamentale "Apocalittici e Integrati") ne sono l'espressione probabilmente più alta.

Va detto che questa struttura è adottata anche da alcuni meme, i quali spesso "cannibalizzano" vignette preesistenti (realizzate da fumettisti) rendendoli uno "schema-base" personalizzabile all'infinito (altri meme non hanno invece struttura fumettistica, ma di semplici vignette). I meme, conosciuti dagli allievi, adottano spesso uno stile minimale sotto il profilo del cartoon.

Lo stile essenziale dei meme ha poi portato al successo alcuni fumettisti come Sio, che adottano uno stile di disegno altrettanto minimale (ma efficace). L'esempio di Sio può essere utile per motivare gli allievi alla realizzazione di un fumetto essenziale per grafica.



Una struttura a meme (e uno stile minimale) ancora più evidente è in Webcomic Name, che basa tutte le sue strip (a tre vignette) su una battuta finale "Oh no", per descrivere situazioni che giudica scorrette.




Il formato italiano

La tavola più tipica del fumetto italiano è però la Gabbia bonelliana, basata su tre strisce di due vignette ciascuna (nel suo caso più tipico):



La griglia bonelliana classica può essere ideale per la realizzazione di una tavola autoconclusiva tratta da un racconto proposto in classe: sufficientemente sintetica per essere un lavoro assegnabile ragionevolmente, ma sufficientemente ampia da poterlo trasporre (con un efficace esercizio di sintesi).



Alcuni fumetti - come il noir Julia, di Berardi - adottano una griglia rigorosamente "2X3", con tutte (o quasi) le vignette di forma regolare. Una concezione che spesso rimanda all'idea del "cinema su carta": la vignetta è uno "schermo", come quello cinemico, e quindi tendenzialmente sempre uguale. Di solito in questo caso il montaggio richiama più apertamente quello della camera cinematografica.



In prevalenza però si adotta lo schema detto "a mattoncino", con le vignette non allineate, ritenuto più "dinamico" (le vignette allineate risultano più monotone, spesso se non c'è un "movimento di camera" di tipo cinemico, appunto). Ciò porta spesso anche a unire una strip o due strip in una sola striscia in orizzontale. Lo spazio vignettistico più ampio è ottimale quando serve un certo spazio in più per rappresentare ad esempio un'azione più complessa, rispetto alle vignette "quadrate" per normali scene di dialogo o azione semplice. Ovviamente la sottolineatura può essere anche di altro tipo, emotivo, una contrapposizione tra due personaggi antitetici, e così via.

Questo inoltre consente inoltre una serie di soluzioni più varie, utili a movimentare maggiormente le varie tavole. Oltre alla griglia "a sei", possiamo infatti avere sei "griglie a cinque".


Naturalmente, possiamo anche avere una tavola a sviluppo prevalentemente "orizzontale", ottimale per scene d'azione che seguono questo sviluppo (battaglie, inseguimenti...)


Il fumetto italiano non ama moltissimo il formato a prevalenza "verticale", che è invece usato sia nel fumetto americano che in quello nipponico. Viene usato soprattutto dal fumetto "d'autore", e anche in questo caso si preferisce spesso un formato "puro", non misto, che resta più leggibile:


Una variazione frequente è invece quello della tavola quadrupla. Solitamente nel fumetto popolare viene usata per introdurre uno scenario importante, che deve avere una certa grandiosità.



Si possono avere quindi queste quattro opportunità di quadrupla. Di recente, si è affermata anche la Splash Page, di importazione americana: tutta la tavola destinata a una sola grande vignetta (se occupa due pagine, si parla di doppia splash page).

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Sebbene sia associata al fumetto bonelliano, il modello autorevolissimo (non solo per il fumetto italiano) di questa griglia italiana nelle sue varie applicazioni è Hugo Pratt, che la adotta spesso per il suo Corto Maltese (in altre storie il formato è quello su quattro strip, "alla francese").


Come fatto tecnico, nel realizzare un fumetto, la gabbia bonelliana richiede un supporto ampio, quindi idealmente un foglio A3, che viene poi stampata su un formato più piccolo, detto "formato quaderno" (o ormai "formato Bonelli"), appunto delle forme del quaderno "piccolo", A5 (metà A4). 

Il formato tascabile o pocket


Su un formato A4 - il classico "foglio di stampante" - si può lavorare bene per un formato più piccolo, come quello tascabile, in Italia legato a Diabolik. Questo è diviso in sole quattro vignette, "a croce". Sono però poche per adattare anche in modo sintetico un racconto; si dovranno prevedere più tavole per una storia.

Questa modalità è molto semplice, e potrebbe anche essere prevista come propedeutica alla griglia italiana classica. Vi sono solo sei possibili variazioni (nella tavola a sviluppo orizzontale e verticale, possono esservi anche tre vignette, invece di due; ma si tende altrimenti a non affollare troppo lo spazio ristretto).


La griglia francese


Un altro formato su cui si può lavorare è quello della griglia "francese" (griglia base 3X4), usando un foglio A4 in orizzontale per la prima metà, e un altro per la seconda metà. I fumetti di Hugo Pratt in formato francese, in Italia, sono anche stati stampati in questo formato "dimezzato".

Il formato "francese", oltre alla griglia più ampia, ha uno stile più libero (oggi proprio anche del fumetto italiano, una volta meno vario). Ciò comporta però una difficoltà nel momento in cui si passa alla scrittura, poiché più la griglia è complessa e "sperimentale", più è difficile da gestire per un "dilettante". 

Indicazioni operative pratiche.

Il modo più semplice di giungere a una sceneggiatura efficace è partire dalla griglia italiana (che è quella più "semplice" da adottare) sul modello fornito da Gianluigi Bonelli, "romanziere prestato al fumetto" che ha realizzato in questo modo (tutt'ora adottato) le sue opere - soprattutto per Tex, capostipite del western all'italiana (1948).


Dalle sue tavole abbozzate a macchina da scrivere, poi, il disegnatore Aurelio Galeppini (il padre grafico di Tex Willer) o altri autori traevano poi la tavola che veniva pubblicata (il lettering è solitamente aggiunto in seguito da un tecnico apposito).

Vedi qui:


Il modo ideale per lavorare su una "sceneggiatura all'italiana" oggi è basarsi su una griglia precompilata in un programma di grafica (basta anche il classico Paint) da riempire con i testi pensati per le varie vignette. I disegni si possono aggiungere in seguito manualmente, dopo averla stampata.


Didascalie, balloon di dialogo, balloon di pensiero.




Meglio evitare troppo testo in una vignetta: massimo una didascalia e un balloon, di pensiero o dialogo.

Il fumetto utilizza poi un "montaggio" analogo a quello cinematografico (che ha recuperato nel tempo da quest'ultimo medium). Abbiamo quindi una serie di "piani" legati al progressivo zoom della telecamera, a seconda di cosa dev'essere al centro dell'attenzione. Il campo lungo e medio ci dà di solito un'ambientazione; la figura intera o il piano americano una figura in azione (o più). Il primo e primissimo piano si soffermano sull'espressione (correlata al dialogo, spesso) del personaggio, mentre un dettaglio ci presenta un particolare significativo.

Rispetto al cinema, il fumetto non ha ovviamente il movimento di macchina, che può essere al massimo simulato con espedienti grafici.