Samuel Stern #5 / La fine della coscienza - Un'analisi







Il quinto numero di Samuel Stern sarà in edicola questo sabato 28 marzo 2020, mentre infuria all'esterno l'orrore ben più reale del Coronavirus. E allora anche gli orrori sovrannaturali di questo fumetto possono essere un modo per esorcizzare - termine quanto mai appropriato, in questo caso - le paure del mondo reale.



E l'orrore è forte in quest'albo, con una maggiore concessione allo splatter rispetto alle storie precedenti, a partire dalla copertina che, se da un lato mantiene l'inquadratura fortemente angolata, risulta più fumettistica (notiamo il segno di contorno) e meno pittorica. L'immagine è forte, ma coerente con quanto troveremo nell'albo e - come si vede fin dalla cover - introduce il tema dell'orrore medico.



(Disclaimer: Non vi sono particolari, diretti spoiler alla trama dell'albo. ma consiglio comunque di leggere prima il fumetto e tornare poi qui per cogliere qualche dettaglio interessante, e qualche elemento d'analisi).



"La fine della coscienza", questo il titolo dell'albo, presenta un possibile duplice piano di lettura: la soppressione della coscienza nelle vittime degli esperimenti condotti nell'albo (evidenti fin dalla copertina e dalla prima sequenza, che precede i titoli di testa), ma anche l'assenza di coscienza deontologica o anche solo umana da parte dell'inquietante antagonista dell'albo. Ai testi troviamo sempre Filadoro e Fumasoli, i creatori del personaggio. Ma si tratta dell'ultimo albo di loro pugno in modo ininterrotto: al numero 6, "Valery", dovrebbe giungere uno sceneggiatore di notevole esperienza (anche nell'horror) come Luca Blengino.



Il Mad Doc è una costante del fumetto orrorifico, a partire dal fondamento del romanzo gotico, il "Frankenstein" (1818) di Mary Shelley che sviluppa in chiave moderna l'eterno mito faustiano, di Marlowe e, subito prima di lei, di Goethe.



Nell'horror italiano a fumetti, anche Dylan Dog dà un vasto rilievo al tema, tra Xabaras e i vari dottor Hicks; ma la chiave specifica di Samuel Stern - la demonologia - permette uno sviluppo autonomo e originale della tematica.









Tra le righe viene fatta trasparire anche qualche reference alla cultura esoterica, in modo appropriato: ad esempio, l'inserimento del celebre libro di Abramelin The Mage, saggio cabalistico trecentesco che McGregor Mathers pose tra i pilastri della Golden Dawn. Opera con un rilievo demonologico, perché insegna a imprigionare dodici tra i maggiori principi dell'inferno con l'uso di quadrati magici numerologici (in qualche modo, può esserci anche una connessione col tema dell'albo).











I disegni di Luca Colandrea sono efficaci nel portare avanti la storia: la griglia è quella "americana" che abbiamo trovato già sugli altri numeri della serie, e che alterna vignette di impostazione fortemente verticale o orizzontale (su pagine diverse, o in contrasto, all'interno della stessa pagina).



Anche il segno, benché realistico, si distanzia dal realismo "bonelliano" classico: efficace soprattutto la fredda caratterizzazione dell'antagonista, inquietante senza essere inutilmente caricaturale. Funziona bene anche l'uso di linee cinetiche per conferire dinamismo a certe scene drammatiche, ad esempio nella splash di p.38.



Il contrasto chiaroscurale, ben giocato, usa un maggior peso dei neri, logicamente, nelle scene del sotterraneo, che offrono dei momenti piuttosto efficaci. Bella ad esempio la splash page di p.84, che guida allo scontro finale.



Insomma, Samuel Stern conferma anche in questo nuovo albo la linea tracciata nei precedenti: la scelta di una serialità classica, con una continuità "orizzontale" dell'albo che prevale almeno per ora su quella "verticale", che è comunque presente (e vengono nell'albo fatte nuove, significative rivelazioni sul passato del personaggio, ovviamente non conclusive). Un prodotto che ha in questi primi numeri definito una sua identità, intenzionalmente "classica": vedremo gli sviluppi nei prossimi numeri, con l'arrivo anche di nuovi sceneggiatori chiamati a interpretare il demonologo di Edinburgo.



(Le precedenti analisi di Samuel Stern sono qui).