Dylan Dog 211 - Casa di fantasmi













"Casa di fantasmi", il n. 211 di Dylan Dog, del 2004, è una storia di Pasquale Ruju per i disegni di Daniele Biliardo, estremamente classica come si evince dal titolo. Ma ha dei passaggi interessanti. Innanzitutto, per il periodo, ha una carica piuttosto elevata di splatter e violenza. Ma non è questo il punto di forza.













La trama potrebbe essere scontata: una turba di fantasmi tormenta il rampollo di una famiglia di élite, il cui padre - mai nominato - è preoccupato per le conseguenze di immagine. Ruju gioca bene coi non detti, ma tra le righe pare trapelare una figura politica di primo piano. 





Man mano che procediamo nella storia ci rendiamo conto che Walt - questo il nome del rampollo - è stato l'uccisore di quegli spettri che lo perseguitano a ragion veduta. 





L'elemento interessante però è il punto di vista, che non è quello del giovane serial killer. Il focus della storia è infatti sull'irreprensibile maggiordomo che assiste fedelmente il giovane nei suoi macabri omicidi rituali.





Lo stesso Walt appare solo sul finale, che però vede un plot twist non molto convincente. Ma la costruzione della psicologia del maggiordomo è invece accurata, con didascalie di pensiero che scandiscono il testo mostrando il suo impeccabile aplomb al cospetto degli omicidi più efferati, in un bel contrasto col relativo splatter della situazione (e in anni più sanguinolenti, nella piena età dell'oro del personaggio, avremmo avuto un contrasto ancora più radicale).





Ben giocato anche il modo con cui, dopo la presentazione del personaggio, Ruju lo mette implicitamente a confronto con "l'altro maggiordomo", Groucho (tale nella definizione notoria di Lord Wells), che fa solo una comparsata domestica a inizio d'albo senza essere coinvolto nella storia (dove, però, avrebbe avuto modo di instaurare un bel contrasto con l'austero servitore).





Se raffrontato con tutta la serie, questo maggiordomo fedelissimo a un padrone omicida pare contrastare col maggiordomo ubriacone e marxista ne "Il castello della paura": là Sclavi rovesciava con ironia nera lo stereotipo del maggiordomo inglese impeccabile, qui Ruju invece lo prende sul serio e lo applica all'horror.





In certo qual modo, sembra già di veder anticipato - in diverso contesto - il terribile maggiordomo nero di "Djiango" (2012), totalmente identificato negli interessi dello spietato padrone schiavista.







L'inserimento infradiegetico di Survivor (1999) di Palahniuk non ha altra valenza che dare un consiglio di lettura, dato che la trama dell'opera è radicalmente diversa. Palahniuk aveva in quegli anni raggiunto il picco della sua influenza in seguito al film di "Fight Club" (1999), e anche questa sua presenza su Dylan Dog fa parte dell'onda lunga di quel successo, in qualche modo (sono anni in cui la distanza tra fenomeno culturale e sua recezione su Dylan è ancora lunga, anche per il lungo interludio tra scrittura e pubblicazione).










Se lo splatter è presente in misura intermedia, la cosa più disturbante è come Bigliardo - su testi di Ruju - lo combina con un certo macabro erotismo delle donne torturate da Walt e dai loro fantasmi.










Blooper di Bigliardo a pagina 46, che fa bere a Dylan una birra invece del solito the nel solito incontro con Bloch (che qui ha solo la funzione di rispettare il rituale del canone dylaniato, come prima la presenza di Groucho).










In qualcosa, l'odioso Walt ricorda l'odiossissimo Yellow Bastard (1995) di Frank Miller in Sin City: nella versione "prima della cura", quindi ancora fighetto. La sua sopravvivenza come spettro non dà al lettore nemmeno la soddisfazione di una adeguata punizione.










Chiusura circolare con una nota sulla copertina di Angelo Stano, che nell'impostazione ricorda una storia iconica come "Storia di Nessuno", ancora oggi importante nell'attuale riscrittura del personaggio.





Al prossimo post, per i prossimi recuperi di questo periodo poco noto del personaggio.