Dylan Dog 226 - 24 Ore per non morire





Approfittando di questo periodo di lockdown, ho recuperato alcuni - pochi - vecchi Dylan che non avevo letto pre-250 (dal 250 al 325, quando inizia il rinascimento dylaniato con Recchioni, me ne sono persi molti di più).



Il 226 è un classico Dylan di questo periodo ormai di crisi, in cui prevalgono storie di tipo meramente giallistico. Sembra quasi in molti casi, come questo, che si tratti di gialli generici che poi, con gli opportuni accorgimenti, vengono adattati al personaggio piuttosto che a Nick Raider o Nathan Never.  



La stessa immagine di cover di Angelo Stano, per quanto efficace, non evoca alcunché di sovrannaturale o specificamente orrorifico.



I disegni, di Daniele Bigliardo, sono indubbiamente buoni; e anche la storia, di Giuseppe De Nardo, svolge il suo ruolo di intrattenere: ma, a parte la scarsa rispondenza al personaggio, unisce da un lato ingenuità semplicistiche, dall'altro un intrico a volte anche poco chiaro di doppi giochi e moventi multipli.



L'elemento di Dylan che ha, appunto, 24 ore per risolvere il caso prima di morire per un veleno inoculato, era già stato declinato da Chiaverotti ne "I demoni" (n. 103, 1998), in modo oltretutto più orrorifico. Si tratta del resto di un vasto topos letterario, potenzialmente efficace nell'aumentare la suspense.





Una curiosa citazione - che non ha poi dei riflessi nella trama - è la megacorp Orwelltech attorno a cui ruota tutta la storia: una citazione di Orwell che poteva anticipare il tema della megacorp volta al controllo sviluppato poi da Recchioni con la Ghost Incorporated.











L'enigma centrale della trama è un grande classico (intersecato a numerosi altri, è presente anche in un classico come "Il nome della Rosa" di Eco, che nel 1980 lo riprende già come convenzione di un certo genere misterioso). Chiunque abbia una media cultura letteraria lo risolve alla sua stessa apparizione, nelle prime pagine dell'albo, e quindi ciò toglie indubbiamente un altro pezzo al fascino della storia.











Il tema esoterico dell'albo è abbastanza appiccicato: la congrega non fa nulla di esoterico, a quel che vediamo noi, e vale come una qualsiasi organizzazione segreta paramassonica, volta a favorire i suoi membri come parte di un élite e colpirne i nemici.











I disegni di Bigliardo, che continuano i fasti della scuola salernitana del fumetto resa autorevole su Dylan Dog da Bruno Brindisi, sono in sé ottimi, accurati, precisi. Ma l'efficacia di questo segno, su Dylan, stava nell'elemento contrastivo: un segno minuziosissimo a mostrare l'assurdo e l'orrore surreale di cui qui quasi non vi è traccia.

Sono molto ben rese le scene in cui Dylan subisce gli effetti del veleno, che gli alterano la vista, mostrando la realtà circostante in modo deformato. Le uniche scene vagamente surreali sono alcuni inserti onirici, come quello sopra, che ricorda il Galaxy Express. Ma si tratta appunto di piccole aggiunte a una trama puramente investigativa.




De Nardo - anch'egli, come Bigliardo, figlio della scuola salernitana del fumetto - aveva esordito sull'Intrepido nel 1992, con un fumetto realistico come "Billitteri", poi ampliato addirittura in una testata autonoma, "Billiband". Storie che ricordo dotate di una sana ironia e cattiveria, nello stile da "cattivi ragazzi" dell'Intrepido dell'epoca. Una scrittura a cui, sul Dylan Dog del riflusso post-sclaviano, deve rinunciare, perdendo parte di quello smalto iniziale. 



Lo stesso autore del resto ha sempre rifiutato lo splatter e visto Dylan come un fumetto da "non ridurre all'horror": se da un lato è vero che il personaggio ha il suo successo nell'andare oltre all'orrore classico, è anche vero che l'elemento puramente giallistico e investigativo non può diventarne la dimensione preminente, come è avvenuto in molte storie di quel periodo, anche forse per paura della "caccia alle streghe" contro il fumetto horror a metà anni '90 (che, per i tempi lunghi della Bonelli di allora, ebbe effetti anche a distanza di vari anni).





Interessante la sua intervista qui:

https://www.lospaziobianco.it/dylan-dog-intervista-giuseppe-de-nardo/



Una bella storia di De Nardo recente su Dylan (anche grazie a una superba interpretazione visiva) è questa:http://barberist.blogspot.com/2019/11/dylan-dog-color-fest-31-selezione.html