Dylan Dog Color Fest 33 - "Delitti e Castighi" - un'analisi



Dylan Dog Color Fest giunge al grado - massonico - 33 con questa affascinante storia scritta da Gigi Simeoni e disegnata da Davide Furnò. Il titolo fa riferimento, ovviamente, alla quasi omonima storia di Dostoevskij: una citazione non occasionale ma coerente, perché la storia affronta la medesima questione, ovvero la forza pervasiva del senso di colpa (qui in chiave supernatural horror). 

Il lavoro conferma subito il carattere altamente sperimentale che il Color Fest ha assunto sotto l'attuale gestione Recchioni, specialmente sotto il profilo visuale. Infatti, Davide Furnò disegna tutto quest'albo nell'affascinante stile pittorico di cui ci offre un saggio la copertina. Recchioni evoca, nella sua introduzione, Bill Sienkiewicz e Dave McKean, oltre al nostrano Massimo Carnevale, e i riferimenti ci appaiono appropriati. Oltre al segno pittorico, infatti, tutta la composizione della tavola è giocata su quella particolare rivoluzione operata da Sienkiewicz verso la metà degli '80, a partire da opere come Elektra: Assassin e, in seguito, il suo colossale Moby Dick. Una griglia assolutamente libera, dove usualmente un disegno in splash page fa da sfondo a vignette che si muovono liberamente su questa base, ovviamente sempre seguendo precisi schemi compositivi, ma assolutamente liberi da qualsiasi "gabbia" predefinita.

La cosa meritoria è che la struttura visiva non è fine a sé stessa, ma si interseca in modo stretto con la trama dell'opera. Simeoni non rivela subito la ragione di questo aspetto assunto dalla storia, ma centellina abilmente la rivelazione. Per tale ragione, in questo caso il consiglio di leggere l'albo prima di qualsivoglia recensione è particolarmente stringente.



All'inizio la struttura richiama il classico dylaniano: una serie inspiegabile di morti, in questo caso nel mondo dell'arte. Dylan indaga, col supporto di Rania. Il pub "Ansel &Adam's" è una indicazione subliminale, a p.17, della direzione che la storia prenderà. A p.21, mi ha colpito il fatto del profilo di due cadaveri in casa di Heidenberg, quando il delitto pare semplicemente il suo singolo suicidio, come ribadito anche nella pagina seguente ("tre inviti per tre suicidi": le morti sono appunto tre, tutte singole: Stettsway, Moore e quest'ultima).

L'indagine - di Dylan e Ranja - procede insomma abbastanza incalzante, ma il lettore è lasciato in sospeso fino alla metà dell'albo, dove vi è una prima rivelazione chiarificatrice. 

Non si risolve tutto, assolutamente, ma si coglie il motivo della struttura particolare dell'albo (oltre alla pura bellezza di queste immagini, ovviamente) con una vignetta di particolare potenza a p. 49.


La struttura risulta particolarmente raffinata, perché intuiamo che l'orrore che spinge al suicidio le vittime tramite il senso di colpa (evidenziato già dal titolo della mostra) passa attraverso le immagini fotografiche. Le vignette quindi assumono tale aspetto richiamando, nel loro profilo, altrettante fotografie incollate sull'albo/album. Se i  personaggi rispecchiano le loro colpe nelle foto maledette, così il lettore può riconoscere sé stesso nei molteplici personaggi e le loro colpe, piccole e grandissime (e Simeoni azzarda molto, almeno per i canoni di un albo bonelliane, nelle colpe di un personaggio la cui dipartita ci viene mostrata in una tavola che spicca potente per la natura insolitamente "regolare" del formato, a p. 24).


Interessante anche lo scorcio sul - nuovo? - passato di Groucho (i flashback vedono il passaggio, qui e altrove, a "foto" in B/N e dai bordi smussati). La scena sembra collocabile negli anni '70 - pantaloni a zampa di elefante, colori sgargianti - cosa che sembra più da "vecchio corso", in cui si accetta convenzionalmente l'inizio delle indagini di Dylan nel 1986. Il "nuovo nuovo corso", riportando l'esordio ai nostri giorni (appaiono tablet, cellulari, etc.) porterebbe a un passato di Groucho negli anni 2000. E questo a parte il fatto che c'è una precisa collocazione temporale all'11 maggio 2020. Ma, naturalmente, sono minuzie che annoto più che altro per curiosità: siamo nel classico "time out of joint" degli eroi bonelliani.

A questo punto, la storia prosegue verso il finale secondo i binari logicamente fissati. 
Simeoni però decide di inserire un ulteriore twist, che non sveleremo, nella risoluzione finale, che spiega come la macchina apparentemente ordinaria abbia potuto tramutarsi nello strumento sovrannaturale. Sarebbe stato agevole basarsi su una qualsiasi "antica maledizione" facendo magari usare al fotografo da cui tutto parte una macchina antica, per vezzo di ricerca: invece Simeoni compie una scelta più originale e di grande effetto (come anche nell'emblematica pagina finale).

Una curiosità, che non modifica in sé la validità dell'albo: è difficile stabilire il punto esatto della continuity in cui inserirlo. Siamo infatti nella nuova linea, ormai quella del personaggio, e infatti Bloch è "sovraintendente" e non più solo ispettore (p.82). E anche Rania sembra trattare Dylan con maggiore irritazione, facendo intuire il trascorso del matrimonio fallito tra i due della nuova continuity (che non viene però evocato). Tuttavia, invece, è presente come assistente Groucho, invece del nuovo Gnaghi. Dylan non ha la barba, che però è legata probabilmente alla sua fase ancora da alcoolista nei primi numeri del nuovissimo corso, e che quindi sparisce probabilmente dopo la sua disintossicazione.

Naturalmente, la cosa si può spiegare col fatto che la storia sia stata messa in cantiere prima dell'idea del nuovo corso: perché però aggiornare le parti correggibili a livello "testuale" (il rimando al sovraintendente)? Se la storia si ricollegherà alla continuity, sarebbe un'anticipazione del ritorno di Groucho come assistente in un futuro più o meno prossimo, dopo la origin story che stiamo vivendo sulla regolare. Oppure, dato che siamo nel Dylan Dog dei multiversi sclaviani, siamo semplicemente in uno degli infiniti mondi in cui si svolgono le vicissitudini del personaggio, in cui si dà questa inedita combinazione.

Ma, ripetiamo, non è il punto centrale in una storia che seduce per la modernità e la qualità del segno, al servizio di una trama accuratamente congegnata per sfruttare al meglio le innovazioni del disegno.