Il secolo del fumetto (2008) di Sergio Brancati et al.




Riprendo le mie annotazioni sulle opere critiche del fumetto, che avevo ultimamente un po' interrotto. Questo "Il secolo del fumetto" è però molto interessante, nella sintesi critica che presenta facendo il punto sul quadro del fumetto italiano nel 2008. L'anno, tra l'altro, in cui ho iniziato a tenere questo blog, l'avvio della mia attività online (una volta terminata la mia attività "accademica", dopo università e specializzazione all'insegnamento, nel 2006).

Sergio Brancato, nell'introduzione, mette in discussione il prevalere del concetto di "letteratura disegnata", affermatosi sulla scorta di una presunta definizione di "Hugo Pratt": indicazione, a suo avviso, di una sudditanza del medium da superare (dopo la stagione del fumetto d'autore, aggiungo, proprio negli anni 2000 si affermava l'idea del "fumetto come letteratura" col fenomeno del graphic novel e la sua sempre più organica presenza nelle librerie di varia).



Abruzzese, nel secondo saggio, parla di "Inattualità del fumetto" in uno scritto brillante ma più eclettico, vagante tra speculazioni e reminiscenze, da cui trovo poco da estrapolare. La cosa più interessante è il riandare, per il fumetto, alla vignettistica satirica di fine '700, con questa licenziosa vignetta in cui Maria Antonietta fa toccare con mano a quel vecchio massone di Lafayette "la sua costituzione". Abruzzese sottolinea l'importanza di questa "carnalità su carta" come elemento fondamentale del (proto)fumetto: ovvero, per quel che riesco a cogliere, una compresenza di elemento ironico ed elemento erotico, che dà un valore specifico al disegno, non puramente funzionale alla battuta ma da apprezzare anche in sé, oltre che per la narrazione che produce. In fondo, qualcosa tentato già da Hogarth con le sue incisioni, che hanno pure il pregio della sequenzialità.

Tra gli altri saggi interessanti di cui si compone l'opera, quello sul fumetto a scuola, di Marco Pellitteri, mi interessa molto da vicino. Dopo lo sdoganamento dei '60, negli anni '70 il fumetto inizia a entrare a scuola; nascono saggi e ancheuna rivista, Comicscuola (1974-1976), a dimostrare la vitalità del dibattito.

Si pongono vari problemi, alcuni dei quali oggi non più così attuali secondo me. La diffidenza degli adolescenti verso il fumetto come qualcosa per bambini è oggi diminuita grazie alla subcultura degli anime e manga, e anche dei film tratti dai fumetti Marvel e DC in modo sistematico e centrale. 

Pellitteri propone poi due approcci: partire da quanto i ragazzi già conoscono e dare poi strumenti per leggerne il linguaggio, oppure fornire dei testi nuovi e significativi (direi che non si escludono a vicenda).

Nel primo caso è più forte la "motivazione": ti fornisco strumenti per leggere meglio ciò che ti piace (al netto di possibili diffidenze).

Nel secondo caso è più forte il "contenuto" fornito: aumento il tuo bagaglio culturale.

Si suggerisce una sinergia tra le cattedre di lettere e storia, da un lato, e arte per il lavoro sul fumetto, anche per dare il senso dell'ambiguità del medium, non solo artistico, non solo letterario.

Si consiglia un percorso in almeno sei lezioni (di un'ora) per fornire gli strumenti base di lettura della tavola, l'idea della sceneggiatura, le dinamiche del montaggio della tavola e della vignetta (concetti che sono presenti, mutatis mutandis, anche nel cinema), e qualche elemento di storia del fumetto.

Si sconsiglia poi di portare gli allievi alla realizzazione di una storia, anche breve, in quanto i loro strumenti sono ancora inadeguati e - si dice - non si fa con altri testi, come il racconto.

Qui si vede come la scrittura creativa non fosse ancora penetrata molto nella scuola (o, forse, non fosse percepita), perché è un approccio quasi scontato, ormai, quello di far esercitare in brevi testi narrativi.

Se si vuole passare anche alla fase operativa, in ogni caso, si consiglia di farlo non come lavoro in classe ma come lavoro "laboratoriale" che metta insieme gli studenti più motivati al proposito.

Molto interessante poi il saggio di Gadducci e Stefanelli che abbozza una storiografia del fumetto.

Si ribadisce l'importanza della seminalità di Topffer, e del suo primo fumetto creato nel 1831 e pubblicato nel 1833; e si mette in discussione l'impostazione di Waugh (1947) che pone Yellow Kid come "primo fumetto" (da cui consegue anche il Corriere dei Piccoli come primo "fumetto" italiano, mettendo in secondo piano riviste come "Il Novellino" del 1898, già precedenti). Su questo blog, Waugh l'avevo analizzato qui:


Becker (1959) con "Comic Art in America: a Social History" inaugura l'età di una piena fioritura di saggi sul comics mantenendone il netto USA-centrismo.

In Italia, i congressi del 1938 e del 1952, fascista e democristiano (nel 1950, la DC elabora anche una legge di censura specifica per le riviste per ragazzi, a fumetti), concordano sulla visione del fumetto come pericolo: nel secondo solo Buzzati si oppone a tale visione, come già Vittorini e Rodari in ambito comunista. Qui un bell'articolo della Stancanelli sul tema:



Il termine stesso di fumetto è attestato la prima volta nel 1942 per indicare il balloon, sul dizionario di Bruno Migliorini. Nel 1953 si afferma - sui dizionari - fumetto per indicare il medium (nasce anche il termine "fumettistico", lo stesso anno).



La critica italiana tende a riprendere il punto di vista di Waughn e soci, mescolandoli a una visione nostalgica del medium. La nuova centralità del balloon porta all'inizio a espungere lo stesso Corrierino dal canone, come in Becciu (1971) che fa iniziare il "fumetto" italiano da Jumbo (1932-1938).

Una linea mantenuta fino al saggio - criticato - di Restagno, nel 2004 per UTET, che pone come starting point "L'avventuroso" (1934).



Guardare le figure (1972) di Antonio Faeti ricollega invece meritoriamente alla storia del disegno, come fa anche Gino Frezza (1978) ne L'immagine innocente, dove riconduce giustamente le fonti a Topffer, Nadar e Busch.


Cuccolini invece, nella sua Enciclopedia del fumetto (1977), supera Becciu e identifica due filoni nelle "scuole" infra-nazionali (Disney, Bonelli, etc.) e nelle testate. Il limite di questa visione, che ha il merito di rivendicare lo specifico europeo del medium, è una scarsa "politique des auteurs" sul modello di quella che ha contribuito molto alla legittimazione del cinema.

Importante anche la rivalutazione del fumetto satirico Ally Sloper, non per bambini e chiaramente sequenziale, apparso sul Judy inglese (rivale del più noto Punch, nato nel 1841) nel 1867, e creato da Charles Henry Ross e disegnato dalla moglie francese Emilie de Tessier - una delle poche donne disegnatrici di fumetti nell'Europa del tempo, sotto lo pseudonimo di "Marie Duval". 

In Italia, invece, riscopre "Il Novellino".

Il recupero degli autori è più tardo, e un punto di svolta è il saggio di Frezza, dedicato a "Il fumetto", nella Letteratura italiana (1989) di Asor Rosa (punto significativo, aggiungo, e un po' sottovalutato di legittimazione nel canone letterario alto).

Frezza tenta di integrare alla struttura scuole/riviste l'elemento degli autori.

Nel 1996 ferve di nuovo il dibattito per i cent'anni di Yellow Kid, che però proprio in tale data inizia a essere superato: il Topffer di Greenstein (1994) avvia un processo di revisione del canone compiuto dalla nascita della BBS Platinum Age (1999), che sopravvive ancora oggi su facebook.



In Italia il dibattito langue, come dimostra l'uscita del criticatissimo saggio di Franco Restaino per UTET nel 2004. Ma la polemica che segue all'uscita del saggio segna in parte l'avvio di una maggiore prudenza nelle incursioni sul campo.