Samuel Stern - Il secondo girone / un'analisi



Ottavo episodio con titolo dantesco per Samuel Stern, con l'esordio alla sceneggiatura di Andrea Guglielmino, per i disegni di Stefano Manieri. Guglielmino, critico cinematografico professionista (vedi qui), ha portato nella storia la sua competenza filmica, espressa in singole citazioni ma anche in una visione generale maggiormente orientata al linguaggio del cinema di genere, ovviamente adattato al fumetto.

Manieri ha un tratto pulito e preciso, coerente con la maggior parte delle scelte fatte finora per il comparto dei disegni, che rende efficacemente le situazioni evocate, come diremo nel corso dell'analisi. Anche il montaggio resta simile a quello degli altri albi, con l'uso di una griglia più "americana" rispetto alla gabbia italiana classica (ormai, da tempo, usata in modo molto libero anche in Bonelli). Rispetto ad altri albi, qui siamo forse lievemente più vicini alla griglia "classica": ma sono comunque presenti variazioni quali splash page e similari.

Il secondo girone del titolo è proprio un riferimento al sommo poeta, anche se, a essere precisi, parliamo piuttosto del "secondo cerchio", quello dei lussuriosi, mentre i gironi sono tre e tripartiscono i violenti, contro gli altri, contro sé e contro Dio. Quindi il "secondo girone", in teoria, sarebbe quello di suicidi e scialacquatori. Ma capisco il fascino di usare il termine "girone", molto più specificamente evocativo del cosmo dantesco. 

Curiosamente, il nome inglese del locale attorno al quale si concentra tutta la vicenda è, correttamente, "The Second Circle" (16). Non saprei dire se il nome d'arte di Madame Luthére sia un rimando dantesco intenzionale (allo sciogliemento anagrammatico VELTRO - LVTERO): probabilmente rimanda al gioco di contrasto tra la morale puritana protestante e il ruolo di tenutaria di bordello (17). Nel caso vi fosse un rimando al finale del primo canto dell'Inferno, però, anche la devozione del Cristoforo Cinocefalo (vedi oltre) sarebbe coerente.





L''estetica weird è anticipata già dalla locandina di "Freaks" (1932) sulla facciata (p.16), accanto ad "Attack of the 50ft woman" (1958, ma con un remake nel 1993), che coniuga il tema del "mostruoso", tipico della SF anni '50, al femminile (come avverrà, in modo ovviamente più attento alla sensibilità moderna, all'interno dell'albo). Non manchiamo neppure di incontratre una versione aggiornata di Henri de Toulouse-Lautrec (18), all'interno dell'attesa passerella di creature bizzarre (un po' il suo ruolo in "Moulin Rouge", anche se qui è più marginale). Manieri ne fornisce una interpretazione personale, in bilico tra affascinante e inquietante, senza sbilanciarsi troppo nettamente verso nessuno dei due poli. 

Anche Guglielmino è attento ad aggiornare questo tipo di estetica, molto frequente al cinema, coniugandola da un lato col tema delle possessioni, ma dall'altro problematizzandolo. I protagonisti rifiutano l'etichetta di "freaks", e accettano la loro natura "mostruosa" nel senso, direi, etimologicamente classico: "monstra", ovvero "prodigi, segni divini", consapevoli della propria unicità.



Non svelo cosa rende speciale il rapporto tra le due protagoniste, Astra e Selena (la Stella e la Luna, due archetipi - anche tarologici - connessi alla Dea, che nel matriarcato ha in effetti due volti, Dea Bianca e Dea Nera), poiché è un elemento che viene rivelato gradualmente all'interno dell'albo, con una variazione brillante sul tema delle possessioni su cui è incentrata la serie (a margine, dallo sfondo della loro camera, a partire da p.5, possiamo intuire che pratichino anche il BDSM, anche se non è detto apertamente; resta aperto anche il dubbio sui lividi delle due ragazze, anche se potrebbe essere pure un portato della possibile possessione). 


Va detto che anche la cover è abile nel rappresentare il conflitto centrale nell'albo senza svelare troppo: un peccato, in questo caso, che resti coperta una parte dell'immagine, con una parte del popolo del "2nd Circle": speriamo in una pubblicazione online della cover nuda.



L'elemento del dualismo bianco/nero di cui dicevamo non è del resto solo una suggestione ma - secondo un classico dell'horror, specie nel fumetto, specie nel monocromatico fumetto italiano - viene abilmente sviluppata da Guglielmino nel gioco di opposizioni psicologiche e ben interpretata da Manieri in eleganti e significativi contrasti chiaroscurali. L'intera vicenda, poi, si ricollega anche a un mitologema della cultura di massa, Edward Mordake (vedi qui, per approfondire, con però spoiler sul tema dell'albo), ripresa più volte anche dal cinema.

Una volta creato il dovuto set-up, la storia prosegue secondo i consueti binari d'indagine, lasciando il lettore con il giusto dubbio su chi sia stato realmente colpito dalla maledizione demonica fino allo scioglimento.

Curioso che, se le due protagoniste possono richiamare Isthar / Isis, i componenti del Circle, i membri della comunità venerano San Cristoforo Cinocefalo (p.56), trasposizione dell'Anubi classico in età cristiana (già in precedenza sovrapposto ad Hermes-Mercurio nella fase greco-romana). Divinità venerata dai "freaks" (che rifiutano, nell'albo, tale etichetta) per la sua vicinanza alla loro condizione, ma che rimanda anche alla divinità psicopompa del mito egizio, in grado di collegare la realtà ai regni inferi (caratteristica che permane in Hermes e, simbolicamente, in Cristoforo, "portatore di Cristo", che trasporta Gesù Bambino dai due lati di un fiume).

La conclusione della storia è piuttosto brillante, e risolve bene il conflitto triadico tra David, Astra e Selene, con un buon rovesciamento finale. Insomma, Samuel Stern conferma la buona qualità dell'operazione, che gli ha valso anche un primo riconoscimento con la vittoria del Premio Meganerd all'interno dei Premi Coco. Il direttore Alessandro Di Nocera ha spiegato, al proposito (in questa mia intervista):

"Il riconoscimento a “Samuel Stern” intercetta una positiva sensazione popolare rivolta a un’operazione editoriale coraggiosa. Io personalmente posso solo aggiungere che la produzione della Bugs Comics non ha nulla a che fare con “Dylan Dog”, al quale non è raffrontabile, così come i membri di certe community pazze sui social network credono. Segue una sua strada narrativa originale, con un proprio linguaggio ancorato a degli stilemi ben precisi."

Non posso che concordare col buon Di Nocera, e rimandare ai prossimi numeri in attesa delle future evoluzioni del personaggio.