Jungle Town e le Zootopie: i paradossi dell'allegoria zoomorfa.



Grazie al gentile prestito di un collega appassionato, come me, di fumetti, ho potuto leggere questo "Jungle Town" (2008) di Tito Faraci, di cui sto leggendo, per recensirlo per Lo Spazio Bianco, il recente romanzo "Spigole" (2020) di cui dirò a breve in questa sede.

L'idea è interessante, e coerente col percorso di Faraci: siamo infatti nell'ambito di un noir ambientato in un mondo composto di animali antropomorfi, disegnato da Cavazzano.

Faraci, come è noto, ha rivitalizzato (sempre con Cavazzano) il lato noir di Topolino, in una serie di storie poi edite da Einaudi nel 1999, in un volume pionieristico nella, diciamo, legittimazione dei fumetti in libreria per un editore importante.

Inoltre, tale linea è stata poi approfondita con il Mickey Mouse Mystery Magazine, dove Topolino andava ad Anderville e si immergeva davvero appieno nelle atmosfere del noir.

Un tema diffuso nel fumetto, sulla scorta in fondo dell'originario Topolino investigativo già codificato nei suoi primordi e poi ben sviluppato dalla scuola italiana: Bramini - D'Angelo, su Lo Spazio Bianco, hanno ben costruito qui un interessante "canone del noir zoomorfo":

La cosa interessante, però, di questo fumetto del 2008 è che anticipa perfettamente il tema di Zootopia, film animato Disney del 2016 (in Italia, "Zootropolis", di cui avevo scritto qui.

(Possibili spoiler, di qui in poi, su queste due opere, comunque datate: continuate se le conoscete già).

Di base, il concetto è identico: c'è una difficile pace tra predati e predatori in una società multi-animale, e una serie di delitti costruiti ad arte per scatenare il conflitto latente. In entrambi i casi, il tentativo parte dal gruppo etnico perseguitato, per far ricadere la colpa su quello dominante. Inoltre, in entrambi i casi i topi sono legati alla malavita (nel caso di Zootopia, con l'aperta citazione de "Il padrino", i topi mafiosi sono chiaramente metafora - non molto lusinghiera, se uno va a scavare - degli italo-americani).

Nel caso di Faraci la metafora è più evidente, e gioca principalmente su topo-gatto-cane (come già Topolino). Gli altri animali esistono, ma sono minoritari. Rispetto al film Disney, l'opera di Faraci affronta un problema che Zootopia lascia sullo sfondo: qui le relazioni tra diverse specie animali sono possibili e portano a degli ibridi (che possono addirittura far pensare al generico "tizio con naso da animale" in Topolino, spesso non identificabile in modo preciso). 

In Zootopia, invece, il problema non viene affrontato: i due protagonisti, maschio e femmina, diventano amici, ma non si sviluppa una liason sentimentale, e non se ne vedono di inter-specie in tutta la narrazione.

In ogni caso, entrambe le opere compiono una variazione piuttosto significativa su un simbolismo che retrodata dall'era omerica (letteralmente: la Batracomiomachia, la battaglia di topi e rane), passa per il Roman de Renard e l'allegoria medioevale e torna in Topolino: gli animali sono metafore della personalità umana, non di un gruppo etnico.

In questa chiave, tolto il problema "erotico" (che di solito non è infatti mai parte centrale di questo tipo di allegorie), la metafora funziona bene, essendo anche una convenzione di lunga durata: il Leone forte, la Volpe astuta, il Lupo aggressivo, il Coniglio debole, il Serpente infido funzionano in Fedro ed Esopo quanto nel Robin Hood disneyano. Un paradosso è che il film del 1973 aveva un antecedente nazista del 1937 in cui gli antagonisti erano rinoceronti, con metafora antisemita: ne avevo parlato qui in un post di curiosità su Ivanhoe. 

Spostando la metafora simbolica su una metafora sociologica, l'allegorismo finisce per non funzionare più perfettamente, o essere molto pericoloso nel suo sviluppo (una cosa che diviene ancora più evidente negli ultimi tempi, in cui la sensibilità al proposito è, innegabilmente, aumentata).

L'Altra Zootopia

Faraci pattina bene su questo ghiaccio sottile; Zootopia ha evitato per un soffio una versione decisamente più distopica e inquietante, in cui i predatori erano tenuti sotto controllo tramite un collare elettrificato, in grado di inviare una scossa per controllarli ad ogni pensiero aggressivo, fino a produrre un lavaggio del cervello pavloviano (vedi qui).

Non si menziona la Disney Italia quale fonte, dichiarando di essere partiti, come è facilmente intuibile, dal modello del Robin Hood del 1973. Lo sceneggiatore incaricato del progetto, Jared Bush, era intrigato dal dare al tutto un volto spionistico, dato che il padre e il nonno lavoravano per la CIA (vedi qua). Un dettaglio da far la gioia dei complottisti, unito alla trama basata sul mind control. Invece, il cospirazionismo online parla di simbolismi più astrusi: la sigla OTO contenuta in ZO-OTO-PIA. Volendo, ci sarebbero rimandi ben più precisi: l'Anatema di Zos di Osman Spare, fondamento del Chaos Magick, o il continente di Zothique di Ashton Smith, citato anche da Moore in Neonomicon (2010).

Qui una ricostruzione di questa Zootopia parallela, che venne abbandonata nel 2014 dopo uno-due anni di lavorazione, in favore di una versione più blanda.
La volpe protagonista crea un locale clandestino dove gli animali da preda controllati possono togliersi il collare, che viene poi chiuso dal ZPD. Dalla wiki ufficiale del film non viene detto nemmeno se poi questo collare di controllo (praticamente la versione da cartone animato da complottismo del "neurochip nel cervello") sarebbe poi stato abolito nella fine del film: il concetto infatti pare sia stato introdotto e non appieno sviluppato. Ma la società che viene mostrata non è presentata come una tremenda distopia (in cui la cosa potrebbe essere quindi inserita per condannarla) ma come una possibilità discutibile, ma in fondo anche accettabile. 

La volpe col suo speak easy, Wild Times, viene coinvolta nell'indagine sui "predatori scatenati", ma si scopra poi che i predatori divengono pericolosi solo per via delle droghe a cui li sottopone il complotto delle "prede", che puntano a creare il panico morale contro i teorici predatori per prendere il potere. In questo caso, non è l'assistente sindaco pecora a ordire il complotto, ma il sindaco Swinton, un maiale donna, che ha già il potere ma progetta un potere assoluto, con l'esilio dei predatori dalla civiltà organizzata. Ha anche un suo corpo di polizia scelto, i Razorbacks, che sono tutti composti di maiali (altra metafora pericolosa), specializzato nel colpire i predatori ribelli. Nello Zootopia normale, questo ruolo spetta a una banda di caproni.


Qui viene ricostruita ulteriormente la storia di questa versione parallela, poi non realizzata (ma diffusa in forma indiretta, appunto parlandone come versione poi abbandonata). Notiamo altri dettagli curiosi, ovvero che i Lemming che appaiono come personaggi del mondo della finanza anche nella versione definitiva, qui fanno parte della Lemming Brothers. Un riferimento alla società da cui è partita la crisi finanziaria del 2008, piuttosto forte per un film per bambini, anche se sfumato (i Lemmings sono animali, come noto anche dal famoso videogame, che corrono verso il suicidio buttandosi giù in un abisso). 

Insomma, la Zootopia è sicuramente tale, ma il "Luogo degli Animali" diviene molto più distopico che utopico, contro la volontà dei suoi creatori. Paradossi delle sfuggenti allegorie zoomorfe.