Otaku Hacks Art



"Otaku Hacks Art"
è un nuovo progetto artistico del fotografo Stefano Cutri, che avevo intervistato in relazione al suo progetto di poesia, qui:

http://barberist.blogspot.com/2015/05/intervista-con-stefano-cutri.html

Qui invece avevo recensito un suo progetto fotografico, dedicato agli androni di Torino:

http://barberist.blogspot.com/2016/10/andron-uno-sguardo-su-torino.html

Il nuovo progetto di Stefano, come si può capire dal titolo, mostra un hackeraggio (in senso culturale) dell'arte classicamente intesa, con inserti derivanti dal mondo del manga e dell'anime (da cui il riferimento all'Otaku, il nerd estremo della cultura nipponica).


Questo tipo di mash-up sono tipici dell'arte postmoderna; l'idea seminale è già implicita nella pop art, dove sovente vi era una mescolanza di "alto" e "basso", spesso proprio nel senso di "artistico" e "fumettistico": ad esempio in Roy Lichtenstein, che dopo aver trasposto su quadro vignette estratte da singoli fumetti, aveva realizzato in stile fumettistico (con riferimento ai fumetti pop americani anni '50 e '60) delle opere d'arte famose, classiche e astratte, il Partenone e Picasso.

In tempi vicini a noi, per citare un artista che conosco bene, operazioni di questo tipo erano condotte da Marco Cerutti, con un progetto come Cartoorgy (2007) e altri similari, in cui operava una fusione tra paesaggi fotografati e cartoni giapponesi, o immagini iconiche e i Simpson.


L'operazione di Cutrì ha però un suo specifico interessante nella modalità in cui arte e fumetto nipponico sono fatti interagire.



Si danno diverse modalità, innanzitutto nel modo stesso in cui si realizza l'incastro: una soluzione frequente è quella di inserire la citazione cartoonistica in una finestra, in un portale, in un "vuoto" architettonico, comunque, dello spazio immaginario del quadro.

Volendo, questa tipologia può costituire anche un rapporto con la precedente ricerca degli Androni, di cui parlavamo prima, creando un ponte tra quella e questa ricerca: lo sviluppo è poi comunque radicalmente differente.

Il gioco in questo caso (come, similmente, nelle altre tipologie che diremo) può essere quello di cercare una sorprendente omogeneità tra il segno del manga e quello della grande tradizione pittorica; oppure di cercare un netto contrasto, ma anche - come nel caso sovrastante - di cercare una analogia innanzitutto a livello cromatico tra piano pittorico e piano "animico".

Notiamo che in questo caso si stratifica un simbolismo più raffinato, in quanto il dipinto ci parla di padri e figli, e sullo sfondo appare un mecha tratto dalla serie Evangelion, che affronta lo stesso tema in modo centrale (il padre sacrifica il figlio per la salvezza del Giappone, con un riflesso - critico - dell'estetica del sacrificio nipponico, contestato con l'emergere di un conflitto generazionale).



In altri casi l'elemento è un inserto intradiegetico: ovvero un quadro, un manifesto, un poster inserito nello spazio immaginario del quadro crea una mise en abime, un metadiscorso con un quadro nel quadro (dove tendenzialmente è sempre l'anime ad essere l'inserto in un'opera classica).

Il gioco è più frequentemente quello di produrre un contrasto, come in questo caso, in cui di Akira si importa, nel mondo di Vermeer, non solo l'immagine (che già spariglia le carte stilistiche) ma proprio il poster con tanto di titolo. 

Anche qui, la rottura è funzionale a un parallelo, in quanto il tema del giovin signore del dipinto secentesco si riverbera nel discorso sulla gioventù cyberpunk del manga di inizio anni '80. Permane - come nella maggior parte delle opere - una certa omologia cromatica, ma qui prevale l'effetto shock.




Altro caso ancora è quello che vede l'inserto di un singolo elemento o personaggio all'interno del mondo del quadro, spesso con valenza significativa. L'Akira - di nuovo - inserito nel dipinto di Friedrich coglie un come spirito (neu)romantico.

Questo tipo di inserto lavora spesso sul livello "iconico", mettendo a confronto due immagini archetipamente significative, stabilendo una connessione rivelatrice sul versante soprattutto del contenuto: un altro buon esempio può essere il Mark Lenders che si allena contro il mare in tempesta, come nel fondante anime calcistico "Holly e Benij", ma sullo sfondo di un dipinto "sturm und drang" ottocentesco.


In altri casi l'immagine nasce da un mash up completo di arte e manga. Anche qui, si può giocare sul contrasto; ma spesso questo tipo di opera sottolinea maggiormente le omologie cromatiche e, in certa misura, stilistiche tra i due ambiti, rivelando sorprendenti corrispondenze.

In questo caso la riflessione è più sullo stile che sul contenuto, evidenziando i debiti intersecati tra le due forme d'arte. Gli anime certo guardano con interesse alla tradizione dell'arte occidentale, ma in questo caso, ad esempio, abbiamo un dipinto impressionista, e l'impressionismo ha subito l'influenza, mediata, delle stampe giapponesi di Hokusai e soci, giunte in quei tempi in Occidente con i primi intensi commerci globali. Quindi le rispondenze sono complesse, e non a senso unico.

Molto interessante anche l'immagine riproposta in copertina, che riflette sui rapporti tra Ottocento e Steampunk.


Un quinto caso può essere quello del "non sequitur": ovvero quando l'inserto avviene in modo relativamente arbitrario (ma coerente con la tipologia dell'opera) pescando dall'immaginario surrealista, in particolare Magritte. In questo senso, la fusione diviene assolutamente libera, e risponde anche qui a un gioco solitamente cromatico, prima che contenutistico, coerentemente con un mash up radicale già surrealista (e, prima, Dada) che la Pop Art riprenderà.


Queste sono alcune coordinate essenziali. Per il resto, rimando al sito del progetto, su facebook e instagram, dove si possono rinvenire un numero molto più alto di immagini, che potrà essere interessante per il lettore analizzare.



Per conto mio, esprimo un apprezzamento particolare ancora per questa rielaborazione di Rockwell, che nell'originale guardava, con aria dubbiosa (e riprendendo il "Viandante" di Friedrich...) il turbinio del dripping di Pollock, in una critica ironica che era inevitabilmente anche un omaggio (così come la critica della Pop Art al fumetto industriale è divenuta, contro la loro stessa intenzione, una sorta di legittimazione culturale).

Da appassionato lettore critico del medium (sia pure non specificamente del manga e dell'anime), è un'immagine che sento particolarmente mia.