"Miasma" di Leviathan Labs / Un'analisi

 


Di recente, ho ricevuto numerosi volumi della Leviathan Labs e ho iniziato a visionarli con grande interesse. Questo Miasma ha fin da subito colpito la mia attenzione per i suoi temi orrorifici, e quindi parto nella mia disamina da quest'opera.

Si tratta di una raccolta di otto racconti a fumetti sceneggiati da Massimo Rosi, e disegnati - in un classico, horrorifico bianco e nero - da altrettanti disegnatori.

La scelta per il disegno è azzeccata, in quanto i vari disegnatori riescono a fornire una certa varietà di interpretazione mantenendo però al contempo una certa unitarietà visiva tramite il rigore del bianco e nero.

Allo stesso tempo Rosi dimostra il suo virtuosismo nel saper declinare con originalità otto possibili sfumature dell'horror, con temi ricorrenti sottotraccia ma uno sviluppo autonomo di ogni singolo testo.



L'Uomo di ghiaccio, illustrato da Riccardo Faccini, apre la raccolta nel segno di un orrore medioevaleggiante che apre a un classico ribaltamento finale, che sarà una delle chiavi tipiche della raccolta, nel segno quasi di un Frederic Brown reinterpretato in chiave nerissima. 


"Lucciole" di Ivan Fiorelli introduce nell'orrore il tema dello sfruttamento ecologico ed economico del sud del mondo, e più in generale il tema del debole, del diverso che viene oppresso e sfruttato, esaltato dalle dinamiche orrorifiche. Un tema che ritorna spesso nella raccolta, un grande classico dell'orrore, del resto.


"Testa di zucca", disegnata da Giulio Ferrara con un segno affilato molto efficace nel rendere la deformità del protagonista, è emblematica in questa estetica del Freak che ricorda quella profusa nel fumetto italiano da Tiziano Sclavi (il protagonista per certi versi ricorda il suo Ghor, che del resto deriva da altri analoghi "mostri patetici" dell'horror americano). 



Elegante anche il segno di Renzo Lotti su "L'inghiottitore", con un segno nervoso, all'apparenza "scarabocchiato", con le vignette dai contorni approssimati e irregolari che esaltano l'estetica "raw" della storia, contribuendo all'inquietudine della narrazione fino all'impattante tavola finale.


"Pupazzo" vede affiancati Giuseppe Costabile ai disegni e Valiera Onda Vitiello ai mezzi toni, per una storia che indaga l'orrore del manichino, con accenti dechirichiani che si esplicano nella citazione finale.


"Abu Ghraib", per i disegni di Marco Antonio Imbrauglio, torna su argomenti d'attualità affrontati in chiave orrorifica, con un segno preciso, dettagliato, reso quasi paranoico dall'uso efficace delle retinature, per una storia che affonda con decisione la lama nel lato più disturbante dell'orrore.



"Nero", con i disegni di Simone Regazzoni, colpisce in particolare per l'uso abile di una griglia non ortogonale, che si sposa bene, per contrasto, col tema del viluppo tentacolare che avvolge - letteralmente e simbolicamente - i protagonisti della storia. Il disegno preciso e nitido, unito alla fredda precisione delle geometrie, rende con efficacia anche questa discesa agli inferi.


Chiude la raccolta "La maestra" coi disegni di Nicolò Tofanelli, con un orrore metateatrale abilmente sviluppato in un segno nitido e accurato, su tavole a prevalente sviluppo orizzontale delle vignette e, pare di cogliere, con un insistito ritorno del simbolo del triangolo rovesciato. Appropriata la ripresa della "Medea", opera seminale di grande orrore psichico legato ai temi della follia e della stregoneria.

Chiude la raccolta un particolare oroscopo orrorifico, per i disegni Michele Marcello Pippia che esplora a tratti apertamente i sentieri dello splatter e del gore, mentre la raccolta, pur senza inutili pruderie, sembra muoversi più nei dintorni di un orrore classico. Che mostra, però, come anche la grande tradizione orrorifica possa essere ancora decisamente inquietante.