Samuel Stern #11 - L'Abisso / un'analisi

 


Esce in edicola in questi giorni l'undicesimo numero di Samuel Stern, con testi dei due creatori Filadoro e Fumasoli, affiancati per l'occasione da Marco Savegnago, che aveva già co-firmato L'Agenzia (a cui c'è anche un blando rimando nell'albo) mentre i disegni sono di Lisa Salsi. Il titolo è estremamente evocativo, e ben reso come al solito dalla cover di Piccioni-Di Vincenzo-Tanzillo, nella consueta ricerca di spettacolarità pittorica che abbiamo già esaminato per i numeri precedenti.

Spoiler alert: per quanto non riassuma la trama dell'albo, alcuni rimandi sono inevitabili: consiglio al solito di leggere prima l'albo e poi tornare qui per qualche annotazione ulteriore.

L'editoriale di Angus Derryleng come al solito è un raffinato collage di citazioni evocative, dalla stagione all'inferno di Rimbaud al fiume serpentiforme di Conrad, dal cuore rivelatore di Poe alla mistica ebraica del Tehom, l'abisso della creazione (termine di ancestrale ascendenza accadica).

Un incipit sottilmente inquietante (non avviene ancora nulla di concreto, ma il senso di sospensione è palpabile. Evocativo anche il nome del cane "Spooky", spettro) ci conduce alla pagina del titolo (8), con le consuete schermaglie tra i due comprimari e la gotica St. Mary Metropolitan Cathedral (precisata anche dal cartello in 11.i) disegnata minuziosamente bene, come sarà di ogni aspetto dell'albo.

Anche il Royal Blackburn Hospital su cui gravita la storia esiste realmente, ma il nome, evocando il "nero bruciare", si presta bene ad evocare l'inferno, particolarmente vicino in questa storia. Anche qui, ritorna il gusto dettagliato, che permette di inserire alcuni dettagli anche non determinanti per la storia, ma che contribuiscono a una atmosfera accurata: ad esempio, lo psichiatra ha una passione per il canottaggio (22.i) e più avanti vediamo le foto della sua famiglia. Piccoli particolari, che contribuiscono a una certa "tridimensionalità" dell'ambientazione.


Il rimando all'ospedale psichiatrico, con la collaborazione tra padre Duncan e un medico razionalista, evoca in parte il solito macro-tema dell'Esorcista, inevitabilmente spesso occhieggiante dietro le storie di Stern. Come al solito, le forze diaboliche prendono di mira giovani fanciulle sensitive. I simboli tracciati dalla prima vittima della possessione ci richiama fin da subito un doppio possibile rimando: uno, palesato anche nell'opera, è quello apocalittico delle corona di dodici stelle della Virgo Amicta Sole, che è però nell'Apocalisse un polo positivo, e la corona richiama quindi le dodici tribù di Israele (o, in senso traslato, le "forze del bene" nello scontro finale della piana di Armageddon). 

Qui, però, il simbolo - tracciato col proprio sangue dalla ragazza posseduta - viene rovesciato in senso oscuro, sovrapponendosi in parte al sigillo del Chaos, un cerchio con otto frecce diseguali che si irradiano dal centro.


Non a caso la seconda vittima, Arabella, porta sulla maglietta un sole stilizzato che può richiamare da vicino il Chaosium (oltre a molteplici altri simboli riconducibili all'ottuplice). Soprattutto su questo secondo personaggio possiamo cogliere la validità del lavoro della Salsi sull'espressività dei personaggi, che rende a rendere bene l'aria di innocenza della giovane posseduta, rafforzando l'orrore della minaccia demoniaca che grava su di lei.

Alla Salsi spetta del resto, più avanti nell'albo, anche illustrare il Samuel bambino, introdotto qui per la prima volta, proprio nell'atto di una sua prima "perdita dell'innocenza" nei confronti del male, e anche qui lo studio di espressione appare valido in questo senso.


Il segno particolareggiato di Lisa Salsi è anche estremamente efficace nel rendere gli scenari: sia quelli all'apparenza normali, sia soprattutto quelli dove si evidenzia il manifestarsi delle forze del male, ambienti presentati come di consueto con splash pages spettacolari, di grande impatto. L'apparizione dell'Abisso specifico cui fa riferimento il titolo, ad esempio, rende particolarmente bene il senso di brulicante, disturbante malvagità con questo segno ricco di dettagli. In generale, pur funzionando anche con segni più "di sintesi", un certo intenzionale "tradizionalismo" di Samuel Stern pare essere maggiormente esaltata da segni accurati, minuziosi come questo. 

La Salsi, del resto, è stata assistente di Roberto Baldazzini, e pur nella differenza di segno si riconosce un certo gusto per la linea precisamente definita, che potrebbe avere una ascendenza nobile in certi stilemi del fumetto classico mediati dalla rilettura della pop art di Roy Lichtenstein.


 A livello di curiosità, segnalo una risonanza tra questo Abisso sterniano e quello appena apparso in edicola per Dylan Dog (dove era presente già nel titolo e nella copertina), di cui ho scritto qui. Anche giustamente, gli autori di Stern sottolineano le divergenze piuttosto che i parallelismi con la storica testata dell'incubo, ma è divertente rilevare questi riverberi inconsci, che Jung troverebbe forse significativi.

A margine, nel nuovo corso dylaniato si è data particolare centralità a queste risonanze, sottolineando prima un riverbero tra serie rinnovata e serie dell'Old Boy; e ora, dopo il reboot, tra nuova serie post-400 e serie storica (creando una nuova spiegazione del "quinto senso e mezzo" dylaniano). Questi echi extra-bonelliani sono ovviamente casuali, ma questa cornice li rende particolarmente curiosi.


I paralleli apocalittici si fanno più manifesti nel prosieguo dell'albo, anche se poi ne viene fornita una possibile spiegazione (non definitiva, a mio avviso, come sempre in un'opera con tratti "esoterici").

Lo stile dettagliato della Salsi rende anche più impressionanti le scene "gore", per chi apprezza questo aspetto orrorifico (vedi tavola 51, che segna del resto la "metà albo" dove l'orrore è ormai manifesto a tutti, anche ai più restii ad ammetterlo), mentre un segno più di sintesi di solito le rende meno splatter.

Anche immagini che di consueto non sarebbero particolarmente efferate, o comunque naturali, come i topi che rovistano negli anfratti della città o il grillo divorato da minuscole formiche (nella scena onirica in mezzatinta, a p.66) acquisiscono una carica disturbante tramite questa resa minuziosa, quasi paranoide in questi casi, che ritorna nel divoramento finale del ciclopico demone-eresiarca da parte di demoni-scheletro di rango inferiore, in 93.

Notevole, sul finale, anche il mondo onirico dove la natura prende il sopravvento, in 88: il sogno-incubo con cui il demone irretisce la ragazzina ecologista, la nuova posseduta (una annotazione attualizzante, alla Greta Thumberg: ci poteva stare addirittura una citazione da Xtintion Rebellion).

Interessante anche la menzione dell'effetto Rosenthal.


Come quasi anticipato dai criptici rimandi biblico-accadici dell'introduzione, il manifestarsi del male sembra riportarci alle antichità mesopotamiche (di nuovo, un'eco dell'Esorcista), e la manifestazione terrena dell'eresiarca poi assurto a demone diviene curiosamente simile al "papa babilonico" delle incisoni protestanti che raffigurano il Pontefice come un essere demoniaco.

Nello scorcio del passato di Samuel possiamo infine notare come vi sia più di quel che si racconta, come mostra quel pentalfa (rivolto verso l'alto, quindi magico ma teoricamente benefico) posto sopra il letto del ragazzino, a p.91.

Riuscita anche la sua manifestazione in demone sovrannaturale, all'interno di "Legione" (vedi l'albo omonimo), con possanza di stampo supereroico. Il contro-finale (un classico dell'horror in genere) ci conferma che non tutto è risolto, e apre a possibili sviluppi di continuity.