Nathan Never 356 - La verità di Steven Ross

 


Non sono un lettore abituale di Nathan Never, pur avendolo letto con interesse da ragazzo, diciamo il primo centinaio di numeri in modo piuttosto regolare, con qualche recupero occasionale nel tempo.

La serie si contraddistingue per l'introduzione di una continuity rispetto alla totale assenza negli standard bonelliani preesistenti, e ha sempre implicato temi cospirazionisti futuribili. Fin dai primi numeri operava dietro le quinte una Fratellanza Ombra di origine aliena, cui si aggiunse in seguito, nel restyling post-100, il tema di Mr. Alfa come grande burattinaio dietro l'agenzia per cui lo stesso Never lavora (tema che tornerà in quest'albo, unitamente a quello della guerra con le stazioni orbitali, che produsse un nuovo restyling concluso nel n. 161, con "La caduta di Urania", qui ampiamente citato).

Ho preso questo numero incuriosito dalla suggestiva cover di Sergio Giardo, che insiste in modo forte sul tema complottista declinato in chiave fantascientifica. Un riferimento all'attualità che mi ha spinto all'acquisto. Ma devo dire che la storia mi ha colpito abbastanza, anche per una certa differenza da quel che mi aspettavo. (Di qui in poi, allerta spoiler per chi non ha letto l'albo).

Soggetto e sceneggiatura sono di Bepi Vigna, uno dei "tre sardi", padre fondatore del personaggio con Serra e Medda, cosa che rende particolarmente "autorevole", rispetto alla testata, il punto di vista particolare dell'albo.

La storia si apre con una bella quadrupla d'apertura con lo skyline attuale della città neveriana, con tanto del relitto spaziale di Urania in bella vista (che sarà al centro della narrazione) nei due disegni, e il titolo, "La verità di Steven Ross". Una tavola d'impatto, come saranno altre che Maurizio Gradin dedicherà alla caduta della stazione spaziale, più avanti.

In generale, va detto che il lavoro del disegnatore è decisamente buono. L'uso di retinature e un buon tech design di sfondo evocano la classica aria tecnologica della città neveriana; la recitazione dei personaggi efficace, le scene d'azione risultano ben movimentate nonostante il rispetto nel complesso molto fedele della griglia tradizionale (si usano, con parsimonia, le linee cinetiche). Belle le inquadrature, con frequenti cambiamenti della "camera virtuale" che rendono vario il ritmo delle vignette ed elegante la composizione complessiva.

L'autore ha quindi la sua buona parte di merito nella scorrevolezza della storia, con un segno che direi, in positivo, "di servizio" alla narrazione: la sviluppa con sicurezza ma in un segno neveriano volutamente "medio", che non distrae il lettore convogliando la sua attenzione sulla vicenda, piuttosto complessa e anche con intricati rimandi di continuity (e Vigna, come mi pare suo solito, vuole però che resti chiaramente leggibile al lettore, senza richiedergli eccessive inferenze).

Mi concentrerò qui più sugli sviluppi della trama, perché questi hanno colpito maggiormente la mia attenzione. Ringrazio Francesco Cascione di alcune puntualizzazioni, nate da un nostro dialogo online, che ho integrato nel testo.

Il fatto che la fanciulla protagonista si chiami "Vera" può essere un altro rimando al tema della verità centrale in quest'albo, forse: sicuramente è la principale mediatrice del lettore alla ricerca della Vera Versione dei fatti.

La lezione universitaria a cui si reca la protagonista serve a riepilogare in parte il passato del mondo neveriano, e colpisce che la Grande Catastrofe del 2024, che gli dà inizio, è ormai vicina al nostro mondo. Per paradosso, il tema complottista dell'invenzione del passato al centro dell'albo potrebbe permettere, prima del clash tra la nostra realtà e la linea spaziotemporale neveriana, una nuova retcon per cui quel passato è tutta una invenzione.

La storia futura ricostruita dal docente viene interrotta da un ragazzo dall'aria convenzionalmente ribelle (capelli lunghi, barba incolta, basco alla Che Guevara, fisico imponente, perfino maglia a righe orizzontali da francese stereotipizzato) che avevamo già notato tra gli studenti a lezione: il nostro Steven Ross, ovviamente. Notare una piccola finezza, credo voluta: quando "alza la mano" e interviene nella storia, a p. 11, la sua mano "esce dalla vignetta, a indicare anche l'uscita dalla "gabbia" della storia ufficiale.

Anche in 12 Ross, lanciando i suoi volantini, rompe lo spazio della gabbia bonelliana, così come rompe quello delle mistificazioni.

La cosa curiosa è che Ross ragiona manifestamente come un classico complottista, di quelli che prosperano su internet: ma nel mondo di Nathan Never, con una curiosa dissonanza cognitiva, sappiamo che ha ragione. Quel mondo è davvero controllato da organizzazioni segrete.

Col suo blog esoterico (Bazinga News, una citazione nerd sheldoniana da Big Bang Theory), in fondo simile a questo da cui scrivo, ma che si prende sul serio, Ross diffonde le sue teorie. In primis, quella per cui la caduta di Urania non è mai avvenuta (p.13).

Abbiamo una evoluzione piuttosto importante della struttura: se di solito Nathan Never era ovviamente l'indagatore, qui si trova nelle parti del mediatore tra la "verità ufficiale" in cui crede e le ragioni che riconosce a Ross, cui spetta il grosso dell'azione investigativa.

La cosa inquietante, però, è che se da un lato il coté fantascientifico ci porta a credergli, il tema crea un inquietante parallelismo inizialmente implicito con la teoria complottista delle Torri Gemelle. Due eventi spartiacque, quello del 2001 e quello del futuro, legati alla catastrofica caduta di un capolavoro della tecnologia.

Le tre splash di p. 18-21 sono di grande impatto nel ricostruire questa tragedia futuribile, con il collasso di parte della stazione su Città Est (mentre l'altro frammento cadrà su New Nassau), ma il seme piantato da Ross inizia a germogliare e anche la protagonista inizia a dubitare della verità ufficiale.

A margine, annotiamo il compasso massonico a p.28, che racchiude l'occhio degli Illuminati. Mentre Ross, tramite Vera, trova un tassello determinante per la sua teoria, ci avviciniamo a metà albo e, in modo abbastanza sorprendente, le teorie di Ross sono collegate apertamente a quelle che vogliono le Torri Gemelle un auto-attentato (p.46).

La cosa colpisce perché ormai Ross è nettamente virato ad eroe positivo (come sarà in tutto l'albo): l'outsider brusco e bizzarro che però dice la verità, a differenza delle menzogne del potere (è appena entrato in scena, nelle pagine precedenti, l'antagonista Mr. Alfa).

Tra l'altro non è nemmeno posta come una sua ulteriore teoria: Ross dichiara che" "molti anni dopo venne fuori che si trattava di un complotto... e oggi tutta quella vicenda scandalosa è sui libri di storia". Lascia insomma intendere che la tesi (oggi) cospirazionista abbia prevalso anche nel mainstream.

Ovviamente, ci sono molte "cornici" che possono essere adottate per giustificare e depotenziare tali affermazioni, a partire dallo sfruttare l'elemento delle realtà parallele (molto diffuso su Nathan Never, a partire dalla saga dell'Uomo Quantico, ma ovviamente con frequenti rimandi, essendo un grande topos della science fiction molto amato dal fumetto perché talvolta permette di tenere insieme - o correggere - una difficile coerenza narrativa). Però parliamo di un fumetto da edicola, rivolto a un pubblico mainstream, su cui indubbiamente quelle affermazioni verranno anche recepite "al primo livello".

La storia prosegue sui classici binari che ci possiamo attendere: Alfa cerca di eliminare il pericoloso impiccione che si è avvicinato alla realtà, con due sicari che ricordano l'agente Smith di Matrix e un suo comprimario. Il tema alieno della "Fratellanza Ombra" è stato scavalcato da quello cospirazionista classico dell'accordo coi Grigi (vedi 53 e 66), apparsi nel ciclo "Dipartimento 51", così come in passato era apparso, in modo solo blandamente dissimulato, quello rettiliano con i "Venerabili", che costituiscono un elemento di supercontinuity con Martin Mystere, istituito da Vietti (e nel BVZM i temi alieni classici sono ampiamente presenti, anche se in generale sempre soffusi dell'ironia di marca castelliana: mentre qui tutto sommato la metafora sembra "seria").

L'amichevole vampiro Wilbur, che pare uscito direttamente da un film della Hammer, ha forse qualche ulteriore elemento di continuity che mi sfugge, perché appare senza alcuna contestualizzazione, come puro "matter of fact" (probabile rimando, se non altro, a un noto e notevole ciclo vampirico del Never delle origini).

A p. 75, altra annotazione: la A dell'Agenzia Alfa ha una accentuata corrispondenza con l'occhio degli Illuminati (per cui, di fatto, opera, al servizio di Mr. Alfa). L'elemento cospirazionista della Source sembra quasi parodistico: il giovane Ross rivela a Nathan Never che essa si cela, in modo supersegreto, nella "più grande multinazionale del pianeta", ovvero la Ecruos, che è lo stesso nome scritto al contrario. E Never replica ammirato: "Come fai a conoscere queste cose?" Bisogna vedere se si darà una qualche giustificazione in futuro.



Il leader della Ecruos / Source, presumo

Dopo un po' di peripezie avventurose, ci si confronta con Solomon Darver (nome templaristico, posso aggiungere a questo punto...), che rivela a Never e all'amico professore che Ross ha ragione: "La storia che insegno non è altro che il frutto di un accurato lavoro di storytelling?" "Spesso è così" annuisce Darver (che ammette di essere sulla busta paga della Source). Ed è abbastanza chiaro che non si parla solo della caduta di Urania, e comunque Darver ci dirà di più sul prossimo numero, in un classico "to be continued", che ci annuncia di svelarci "La vera storia del mondo!".

La copertina del numero successivo lascia poco spazio all'interpretazione, riprendendo il tema dei Master of Puppets illuminati, applicato ad Alfa:


A questo punto Vigna mi ha incuriosito, e lo prenderò.
Mi ha colpito, però, questa posizione dell'albo che mi pare prendere nel complesso le parti del cospirazionismo, e non solo in un futuro remoto, dove tutto è gestito da oscuri poteri per convenzioni narrative del cyberpunk, ma anche con collegamenti piuttosto arrischiati al presente.

La "shadow of No Tower", per citare il capolavoro di Art Spiegelman, si estende spesso sul popolare, su "The Secret" di Di Bernardo, su "Paranoyd Boyd" di Cavaletto (e anche sul suo recente, notevole "Symposium"). Ma nessuno dei due ha mai arrischiato una lettura apertamente cospirativa dell'evento, sia pure di carambola, diciamo, come fa Vigna qua.

Vero che di complotti parla apertamente Mystere, ma l'ironia di Castelli soffonde su tutto l'alone di un dubbio alla "Pendolo di Foucault" (che Castelli ha anticipato nei toni e nei temi, va detto: 1982 contro 1988). Qui invece, almeno all'apparenza, i toni sono relativamente seri, non leggo una decostruzione ironica. Inoltre, Castelli esplicitamente vietava, nella Bibbia del BVZM, di toccare temi politicamente divisivi, limitandosi alle cospirazioni "giocose".

Vero è che la storia è inserita in un ciclo più ampio, e vedremo quali nuovi tasselli aggiungerà. E, del resto, non sarebbe nemmeno il caso più vistoso di "complottismo ufficiale", dato che "V for Vendetta" (2005) delle sorelle Wachowski (ben più dell'originale di Moore, completamente da loro risignificato in sceneggiatura) alludeva a chiare lettere al presunto auto-attentato delle Torri Gemelle in quella pandemia scatenata nel futuro per permettere l'instaurazione di un regime autoritario (e a scriverlo così oggi suona un po' bizzarro, ma l trama è quella). Non a caso, V filmico fu l'ispiratore della seconda ondata di Anonymous, e venne anche citato nel MoVimento Cinque Stelle (proprio in questi giorni, direi, definitivamente integrato nell'establishment sotto il beneplacito di Draghi).

Un fumetto bonelliano, pur glorioso come Nathan Never, ha sicuramente un peso minore. Ma è comunque una scelta curiosa, che se non altro invoglia a vedere dove si vada a parare.