Il cannocchiale del tenente Dumont.

 


 

"Perché disertore non significa mica sbandato, uno sbanda e bene o male si risolve, ma disertare è qualcosa che  non finisce, diventa una missione, una carriera. Un grado. A uno dovrebbero scriverlo sulla pietra. Gerard Henri  Dumont. Disertore. A Marengo e il giorno dopo erano dei  perfetti sbandati, non ancora disertori. La malinconia del soldato vivo, come la chiama il capitano, la soffre lo sbandato, e solo quando cuore e cervello non la sopportano  più inizia la gloria del disertore vivo."

 


Per le edizioni de L'Orma, è uscito l'ultimo romanzo di Marino Magliani, "Il cannocchiale del tenente Dumont".Autore di cui avevo apprezzato molto l'adattamento di Pavese de "La Luna e i Falò" (vedi qui quanto ne scrissi per Lo Spazio Bianco), questo romanzo è un lavoro su cui ha operato per vent'anni.

Un romanzo a sfondo storico che si dipana a partire dalla battaglia di Marengo e si sviluppa quindi in un paesaggi ligure a me caro (vi appare anche, in una nota a margine, la mia Mondovì), nel periodo napoleonico di cui abbiamo da poco celebrato il duecentenario della conclusione, il 5 maggio 1821. Questa in sintesi la trama, stante la quarta di copertina; e concordo anche sul giudizio circa la prosa, che ha una bellezza nitida ma al contempo l'abilità di evocare la grandiosità d'affresco (ho iniziato in questi giorni la lettura, concluse le attività scolastiche), come si evince anche dai passi che cito in esergo e in conclusione.


"Estate 1800. Tre soldati napoleonici stanchi della guerra.  Alle loro spalle la campagna d’Egitto e i suoi inferni, leniti appena dalla scoperta di una nuova, dolce droga: l’hascisc.  Travolti dalla baraonda di Marengo – «la battaglia che alle cinque era persa e alle sette era vinta» –, disertano e si danno alla macchia. Sulle tracce dei tre si mettono gli emissari del dottor Zomer, un medico olandese che ha orchestrato un singolare «esperimento sanitario» per indagare gli effetti  della nuova sostanza.

Smarriti in un paesaggio ligure che pullula di spie e uniformi ormai tutte indistintamente nemiche, Lemoine, Dumont e Urruti – un capitano erudito, un tenente sognatore  e un rude soldato basco – incontrano sulla propria strada  amori difficili, illusioni perdute e la gioia del sole. Scopriranno così la libertà di scrollarsi di dosso la Storia per inseguire una vita fatta di attimi e di scelte.

Forte di una prosa di precisa bellezza, Marino Magliani dirige una narrazione mossa e visionaria, alternando la velocità della grande avventura all’ampio respiro della pittura di paesaggio."

Marino Magliani è nato in una valle ligure e ha  trascorso gran parte della vita fuori dall’Italia.  Oggi vive tra la sua Liguria e la costa olandese,  dove scrive e traduce. È autore di numerosi  libri tra cui ricordiamo: Quella notte a Dolcedo  (Longanesi 2008), L’esilio dei moscerini danzanti  giapponesi (Exòrma 2017) e Prima che te lo dicano altri (Chiarelettere 2018). 


"Eccovi le informazioni raccolte grazie a un nostro amico
comune, cittadino. Ve le passo senz’altro.
Si tratta del capitano Jean Philippe Marie Lemoine, bretone, nato a Manosque, Provenza, classe 1768. Educato
all’Accademia di Aix, ha combattuto a Dego, Mondovì,
Lonato. Cinque anni fa, sempre in Italia, tra le città di
Oneglia e Port Maurice, è stato processato e assolto per insubordinazione. Dopo la campagna delle Piramidi è tornato
in Italia. Ha combattuto a Marengo. Risulta disertore."