Uno, Nemo, Centomila: Nathan Never 361 Bis - Vigna/Bonazzi - Oltre l'immaginazione



Il 6 luglio 2021 è uscito Nathan Never 361, bis e doubleface, con due storie e 12 pagine in più in onore del trentennale. Si tratta di un esperimento già tentato in passato dalla Bonelli, quello degli albi Bis, adattato anche su altre testate bonelliane (e magari adesso che vado a farmi un po' di mare ne recupererò altri: in effetti, l'idea di una sovraproduzione quando c'è più bisogno di fumetti "da ombrellone" ha un suo senso).





Mi pare, a occhio, che Nathan Never come testata abbia utilizzato meglio di tutte l'espediente finora, unendolo a una storia "bis" in quanto doppia, e con numero di pagine aumentato, pubblicando anche una "breve" a tema ecologico di Vigna e Fiorelli, con imprimatur e prefazione del ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, che è in effetti una figura di alto profilo - vedi qui - tra i pochi "tecnici" che Draghi ha portato nel suo governo (è venuto anche a parlare nel mio istituto, il Vallauri, e chi ha avuto l'opportunità di sentirlo mi ha confermato un'impressione altamente positiva).

La storia gode anche di una cover di Sergio Giardo molto bella, che vedete sopra, mentre quella principale, col logo del trentennale, si trova a inizio post e raffigura una nuova interpretazione del momento d'esordio del personaggio.

Questa storia, fortemente metanarrativa, mi ha interessato, quindi spendo due righe di analisi per approfondire quello che mi ha colpito come faccio di solito, quando ci riesco.

Consiglio a questo punto di procurarsi l'albo, che mi pare interessante, e che vede al lavoro due autori non solo ottimi in sé, ma anche particolarmente adeguati all'operazione metanarrativa sul personaggio: Bepi Vigna come sceneggiatore, uno dei tre padri di NN, e Germano Bonazzi, uno degli storici disegnatori della testata. Di qui in poi, possibili spoiler: soprattutto perché è una storia innanzitutto "di trama" e quindi sono inevitabili dei riferimenti per dipanare - in minima parte - l'intricata matassa.

All'inizio dell'albo "Nathan" si vede rinchiuso in un ospedale psichiatrico che egli vede come la segreta medioevale, da romanzo (neu)romantico ottocentesco: è ovviamente la sua follia che deforma le cose.

In seguito gli viene praticato (certo, con la complessità che ci viene detto che il suo PDV è di narratore inaffidabile) l'elettroshock, abbandonato al giorno d'oggi almeno a livello ufficiale, e che ci immagineremmo al limite sostituito con una versione avveniristica.

Insomma un personaggio disturbato, la cui mente viene ulteriormente alterata, e che costituisce quindi un punto di vista doppiamente da prendere con le molle.



Il tema della farfalla (p. 14) è forse un meta-rimando, ma dovrei ritrovare e rileggere l'albo (il 72, mi pare) di cui sopra la cover.

A p. 15 giunge Ishimori (il commissario affiliato alla Yakuza del mondo neveriano) che qui appare un poliziotto abbastanza normale (anche se tale appare Ishimori a chi non è addentro la situazione della metropoli, come Never e i suoi). 

Appare inoltre l'esplicita metanarrazione: sono tornati di moda "gli albi illustrati". L'anacronismo qui è evidente a partire dalla definizione. L'albo che mostra Ishimori è il n.1, quello che legge Legs a p. 17 lo dovrei identificare. C'è un pipistrello, forse è la storia di vampiri neveriana?




La sequenza di flashback ci porta al ricordo della prima sequenza neveriana nel numero uno "Agente speciale Alfa", che però non sappiamo ancora (e mai del tutto) quanto sia un vero ricordo per "questo" Never, o una sua falsa memoria costruita sui fumetti (il gioco di specchi del narratore inaffidabile è qui condotto con maestria da Vigna, che lo mescola anche - con consumata abilità e in modo volutamente poco appariscente - con quello delle dimensioni parallele). La stessa sequenza si chiude con un colpo di scena diverso dall'originale, e sebbene all'inizio la situazione è sufficientemente contorta per lasciarci il dubbio anche su questa svolta (falsa memoria? storie differenti nella realtà parallela? o nella fiction di quella realtà parallela?).

In questo futuro infatti l'arcinemico neveriano Skotos è in pratica l'equivalente Bonelli, il produttore, con FantaComics, di questi rinnovati fumetti assieme ai relativi olocomics (ironia, qui, aziendalista sullo sbarco di Bonelli nella produzione filmica, da sempre vagheggiato e tentato).





Nella sede, un grattacielo avveniristico, ci sono statue olografiche mutevoli di personaggi che non conosciamo (30.i) ma anche locandine e gadget di Nathan Never (30.ii) e in generale ammennicoli di cultura pop (31). La statuetta in bella evidenza in 31.v ha probabilmente un rilievo sulla storia, da indagare, e rimanda a Lon Chaney nella sua notoria interpretazione vampirica (al centro, in edicola in questi stessi giorni, del bel Martin Mystere di Barzi di cui volevo anche scrivere). 

La cosa singolare è che, appunto, prima appariva citata una storia "vampirica" di Nathan Never: difficile però capire se sia un indizio di qualche tipo, una citazione generica, un inside joke o addirittura un rimando di "super-continuity" al multiverso bonelliano (in questo caso appunto a Mystere di Barzi) nel gioco di infinite dimensioni parallele caro alla testata.

Appaiono così anche i tre sardi (qui "i tre pazzi"), creatori della serie "Alpha Agency" nel futuro (e Agenzia Alfa è uno spin off neveriano) assieme a Smithee, co-creatore poi dispersosi (che, intuiscono subito lettore e indagatore, è probabilmente il folle che si crede Nathan). Il personaggio doveva inizialmente chiamarsi Nemo, come lo stesso Never, che invece in questo mondo diviene, con un lieve scarto, Nick Nemesis (p.38), come pure Olivia Olling è Ottilia Otting, e ci sono altre discrepanze.

Il concetto è probabilmente che ci troviamo nella classica realtà parallela dove ciò che è avvenuto realmente in un'altra appare in forma di narrazione, ma sempre con qualche minimo scarto nell'interfaccia tra le due (un modello riconosciuto è "The man in the high castle" di Dick).

Ovviamente tutta la scrittura della scena è infarcita di brillanti inside jokes ("Sei il solito catastrofista, Tony!", p.39, con riferimento a Antonio Serra, cultore di una SF apocalittica in molte sue storie).

Continuano le comparsate dal cosmo neveriano, con Athos Than avvocato, Hoenzollern giudice (e non corrotto com'era da politico, o almeno, anche qui, non vistosamente), Laura Lorring rediviva (o meglio mai morta), Ann ugualmente traumatizzata ma dall'aspetto differente, con capelli neri e non biondi.

In generale, un universo più "normalizzato", un futuro possibile ma meno iper-avventuroso come quello in cui invece Never esiste.

Alpha stesso, il secondo arcinemico dopo il declino narrativo di Skotos, è semplicemente il padre padrone del giovane Nathan (anche se appare, a p. 59, in un flashback con un un simbolismo "illuminato" nella seconda vignetta) in un contesto iperreligioso (anche nella continuity classica Nathan Never è, mi pare, dichiaratamente cattolico anche se non più praticante).

Giunti all'ultimo terzo dell'albo, le cose vengono ulteriormente intricate: il reboot della testata viene allineato al reboot di Smithee, a cui si decide di formattare la personalità (72).

Ma questa storia stessa (ma quale? quella reale, quella meta-fumettistica o entrambe?) viene letta da un altro segmento narrativo ancora, identificato dalla retinatura. Abbiamo un Never/Smithee che, con la figlia Ann (bionda, come nel flusso primario della serie: ma forse è quella bruna cui i capelli sono stati tinti per non farsi notare troppo?) vive in un buen retiro col robot Mac.

Apparentemente è sempre Smithee dopo il reboot, ma la cosa appare problematica perché lui legge (pur togliendolo ad Ann, per cui è inadatto) la sua storia in cui si parla del "reboot esistenziale", senza che questo gli susciti il minimo problema. 

Probabilmente un "reboot" come formattazione mentale avviene solo nel mondo fittizio di "Alpha Agency" e non nella realtà, anche se l'assenza di marcatori che segnino i vari livelli di realtà (ad esempio, con diversi contorni delle vignette) rende difficile - volutamente, credo - distinguere i piani.

La vera svolta è il fatto che l'avvocatessa Olling si reca all'Alfa Building (che ha anche un significativo logo UN, "Nazioni Unite", a p. 76) ad accusarla di essere dietro a tutto. La Alfa non è in questo mondo una Agenzia investigativa (o Ishimori l'avrebbe scoperto: è strano non abbia comunque fatto il parallelo) ma probabilmente una holding a scatole cinesi espressione dei poteri forti (tema neveriano classico, e del cyberpunk in genere), che usa i fumetti per il controllo mentale dei giovani (anche quelli della FantaComics, probabilmente).

Si riprendono così, in chiave meta, l'ironia sui fumetti e la loro influenza: ma la cosa curiosa è che quando questa teoria di solito appare, metanarrativamente, in un fumetto, chi la sostiene è di solito un "cattivo", un "mad doc Wertham". 

In questo universo narrativo, invece, la Olling ha ragione nel sostenere che i fumetti servono a sperimentare a basso costo la creazione di narrazioni che poi vengono utilizzare in altri media più costosi ("Olomovies, serie, videogame") per "incidere sull'immaginario collettivo, specie dei giovani". In questo modo chi "controlla le sorti del pianeta" può costantemente riscrivere la storia.

Sono, ben sintetizzate ed espresse in modo coerente, le tesi centrali del cospirazionismo sulla cultura pop (eccetto la primazia del fumetto, che però è tecnicamente vera, come rivendica un po' tutta la scena fumettistica). 

Qui queste tesi sono vere: infatti la Olling se ne serve per ricattare Darver, direttore della Alpha (come nella serie principale, con ruolo ovviamente diverso) perché in questi fumetti sono apparsi (come sul vero Nathan Never) alcuni segreti a cui questo NWO futuro vuole abituare il popolo, ma al tempo stesso tenere ancora celati.

In particolare, qui, sono "le ricerche di Hicks per riportare in vita i morti" (apparse nella miniserie NN Annozero, che purtroppo non ho letto), e che giustifica il tema vampirico ricorrente dell'albo, forse. Curioso del resto che il tema dei non morti sia centrale anche in una testata come il Dylan Dog sclaviano, a partire dal primo albo: e se Xabaras è l'artefice di una scienza fondata sull'arcana magia (è del resto un'anagramma dell'Abraxas gnostico), il dottor Hicks (che suona anche come la X di Xabaras) è un collaboratore delle sue ricerche più versato nel puro ambito della tecnoscienza estrema (non so se in NN Annozero il collegamento fosse già esplorato).

Suona quindi particolarmente inquietante, in questo gioco di specchi, quando la Olling dichiara che il tutto è l'allusione a "un esercito di zombie, manovrato da poteri occulti, e che dietro la promessa di una vita più lunga obbedienti soldatini hanno occupato posizioni chiave nel governo e nei più importanti consigli di amministrazione", sembra quasi di leggere un complottista di oggi che parla (in modo figurato, mentre la Olling è qui letterale, nel contesto fantascientifico) del Covid come complotto.

Naturalmente, NON SOSTENGO, sia chiaro, che questa è la tesi dell'albo: perché viene posta all'interno di un numero di scatole cinesi narrative così complesse che Vigna, dopo il gioco delle tre carte, ci chiede implicitamente, sornione, qual è il livello di realtà (il "layer", si direbbe oggi) a cui stiamo giocando, e non siamo più in grado di dirlo.

Questo ovviamente è quello che pensa un lettore del Pendolo di Foucault come me: un complottista direbbe che, in tutte quelle scatole cinesi, ci si conferma che la Plandemic è stata preparata psicologicamente dal 1986 in poi (se non c'è dal 1982 qualche albo mysteriano che la anticipa).

Ancora più curioso che tali tesi (meta)complottiste appaiano su un albo (rarissimo, in questo) che ha l'avallo del Ministero più high tech del governo italiano in un momento in cui vi è una fase fortemente tecnocratica (meritoria per molti, deleteria naturalmente per alcuni, come sempre finché si è in democrazia). Nell'universo narrativo che Vigna crea, la storia "dall'altra parte dell'albo" sarebbe una chiara prova dell'uso del fumetto da parte del NWO.

Le ultime battute dell'albo fanno scattare gli ultimi tasselli, con l'impressione di prestidigitazione che abbiamo già detto: i vari incastri sembrano andare a posto, ma sempre al contempo con una sensazione di qualcosa che non torni che però, per tutto quanto detto prima, è probabilmente voluta. 

Gli stessi sardi meta-obiettano che "neppure i lettori capiranno" e che "il pubblico vuole cose semplici" cosa che, di nuovo, è in parte un depistaggio: Never nasce, nel 1991, come un dichiarato tentativo di SF bonelliana "adulta", e fin dal secondo numero, il "Monolito nero" non a caso disegnato da Bonazzi, gioca potentemente su metanarrazione e illusione di massa.

A p.89, con un rimando anche al filosofo David Lewis (vedi qui) Vigna intrica ultriormente le cose, creando poi una continuity con l"Infinito universo e mondi" di Bruno, la biblioteca di Babele di Borges (omaggiato al n.50 da Never) e la fantascienza "alla matrixiana" cui si collega (anticipandola, con tutto il cyberpunk) anche Nathan Never (p.90).





Dopo la riflessione metatestuale di Nathan Never (ormai Smithee ha assunto tale nome nella sua realtà) che spiega sé stesso, ci ricolleghiamo al numero 21 della serie, "Delirio". Il Nathan Never che abbiamo letto fin dagli inizi potrebbe essere quindi il personaggio letterario di questo futuro, secondo la sceneggiatura dei tre sardi del futuro e soprattutto di Smithee, uomo comune ("Smith") del futuro che ha inserito dei rimandi alla propria esistenza rielaborati letterariamente.



Questa insomma la matassa, che non credo di aver sbrogliato del tutto: ma questo mio breve testo valga come invito a approfondirmi e segnalare eventuali spunti per decrittare meglio la complessa strategia testuale di Vigna, che si conferma sceneggiatore di grande abilità (come tutti e tre i Sardi, ovviamente, e moltissimi di quanti sono passati su Never).

Aggiungo un'ultima considerazione, un ultimo livello "meta" (voluto o no?) con Mystere. Castelli, ne "Il mistero delle nuvole parlanti", faceva uno dei più grandi elogi metanarrativi al fumetto. In quella "if story" gli Uomini In Nero cercano di distruggere il fumetto perché strumento a basso costo ed efficace perché visivo, e quindi non controllabile.

Qui il "basso costo", all'interno della narrazione, viene invece utilizzato da un simile NWO per sperimentare ciò che poi sarà proposto con altri media, ancor più visuali e ancor più efficaci nel penetrare nelle menti degli spettatori.

Ma in realtà, a un livello esteriore, Vigna fa esattamente quanto Castelli diceva: usa un medium popolare ma a relativo basso costo per diffondere delle idee che in una fiction ufficiale non sarebbero potute forse passare, forse (Castelli lo faceva più programmaticamente ancora. Nel suo mondo alternativo, i fumetti divenivano illegali e la droga legale: parallelo che mai potrebbe essere esplicitato in una fiction RAI, per dire).

E, indubbiamente, è questa la forza del medium.