Leviathan Labs: "Gaijn Salamander" e "Il fottuto uomorana"

 

Proseguo con questo post la disamina di due interessanti fumetti che mi sono stati gentilmente inviati da Leviathan Labs, che si è distinto ultimamente per una serie di produzioni molto varie ma accomunate da un gusto per l'azione che lo avvicina molto a certi esiti dei comics americani più recenti. I due volumi di cui accenno, stante questo comune gusto per l'azione adrenalinica, piuttosto differenti, ma accomunati da un diverso sviluppo del tema "rettilico".

"Gaijin Salamander" è un fumetto del 2018 con sceneggiatura di Massimo Rosi, disegni di Ludovica Ceregatti, colori di Renato Stevanato e lettering+design di Mattia Gentili.

 Introdotto da una favorevole prefazione di Steven Leitman, l'opera è una interessante variazione sui temi classici del Chambara, specialmente quello classico del Gaijin, lo straniero convertitosi alle arti e alla cultura orientale, come lascia intuire il titolo, ma appunto nella chiave degli animali antropomorfi, sia pure come dicevamo in una curiosa variazione "rettiliana".

Non si può non pensare a Usagi-Yojimbo, ma il gioco della rilettura del mito in chiave zoomorfa è antica quanto la letteratura, e ne troviamo esempi anche nelle opere dell'ukiyo-e, qui citate nelle prime pagine introduttive e poi sporadicamente nel prosieguo del testo. L'innovazione qui è appunto quella di stringere il campo sui soli rettili, rendendo più difficile - e per certi versi quindi più interessante - il gioco letterario della metafora animale. 



Una Batracomiomachia orientale, quindi, dove con le rane e i granchi (al posto dei topi omerici) si narra una classica storia di complotti di corte, tradimenti, eroismo, secondo le cadenze tipiche di questo "western del Sol Levante", che Ludovica Ceregatti reinterpreta virtuosamente in chiave rettilica (notevole, in particolare, lo studio sulle espressioni: l'artista sfrutta molto bene la classica fissità dei vari rettili per conferire ai suoi personaggi la ieraticità marziale tipica di queste opere). 

La colorazione, abilmente dosata su prevalenti toni seppiati, contribuisce molto all'evocazione del Giappone feudale, e assieme al combinato di testi e disegni efficaci riesce a rendere la classica epicità nipponica degli scontri, in un costante crescendo verso il finale.

Insomma, una intrigante variazione sul tema del manga di ambientazione storica, che ha il suo capolavoro in "Lone Wolf and Cub" (di recente, molti appassionati di fumetti ci hanno pensato per via del recente The Mandalorian, che riprende in chiave fantascientifica archetipi molto vicini), i cui temi sono stati traslati in occidente tra i primi da Frank Miller nel suo "Ronin".

Un fumetto appassionante e contraddistinto anche da una forte originalità nel tema trattato.


Parlando di rettili, c'è però anche un'altra pubblicazione degna di nota in casa Leviathan Labs. Pensiamo a "Il fottuto uomorana", sempre di Massimo Rosi, per i disegni di Vito Coppola e i colori, nuovamente, di Renato Stevanato. Il lettering e il design è di Mattia Gentili, mentre il logo di Lucrezia Benvenuti.

La pubblicazione, in una sinergia con Double Shot, introduce una serie che è, in verità, il rilancio di un progetto eco-hardcore già avviato nel 2013. Cosimo Pardi, del Corriere della Sera di Firenze, lo presenta nell'introduzione, chiarendone la natura di satira dei supereroi in chiave animalista.

Supereroi dall'aspetto animalesco, con un rimando al mito sciamanico di esseri superiori nella loro ibridazione con totemici animali guida, sono una costante nel mondo fumettistico americano. Pardi cita ovviamente "Animal Man" di Morrison, che in Vertigo va per la prima volta a decostruire questo aspetto del supereroico.

Questo "Fucked Frogman" va in una direzione analoga, con mezzi suoi. La storia comincia nell'Afghanistan del 2002, colto da Coppola con un potente segno realistico, congeniale al fumetto d'azione come in tutte le produzioni Leviathan Labs. 

Un montaggio di tavola moderno, americano, con frequenti splash pages e inset pages, esalta il dinamismo evocato dall'abile uso di linee cinetiche e dalla efficace colorazione, inizialmente su toni terrosi variamente declinati a evocare lo scenario di guerra in ambientazioni naturali spietate, e in seguito variata a seguire il tono ambientale ed emotivo prevalente delle varie scene, ma sempre con la tendenza a una certa uniformità cromatica nella tavola, una caratteristica frequente in Leviathan Labs (non dissimile dalla tendenza prevalente nel fumetto americano recente, supereroico e non).

Seguiamo il plotone al centro dell'azione addentrarsi in territorio nemico fino all'inevitabile catastrofe, che ci conduce alla origin story del personaggio, non priva di alcuni di quei rimandi sciamanici di cui si diceva prima. Vengono evocati i poteri lisergici delle coloratissime e velenose rane della giungla, spesso venerate come divinità (lo stesso eroe ricorda simpaticamente ad alcuni teppisti, a un certo punto, come la rana sia una figurazione antica della dea madre). Anche se, come chiarisce Marcello Portolan di Comixland nella postfazione, tale elemento è solo ironico, e l'uomo-rana è più vicino a certi antieroi come il Punitore.

E ben presto, in modo gustosamente grottesco, appare anche una degna nemesi del nostro Uomo-Rana, un arcinemico che condivide nientemeno che con Capitan America, ma che non vogliamo qui svelare per non diminuire l'effetto sorpresa sul lettore (secondo le simmetrie tipiche del supereroico, anch'egli ha subito una "mutazione animale" piuttosto originale). Contribuisce a questo voluto effetto grottesco e surreale l'accurato studio di espressione dei personaggi, con le pose supereroiche stentoree ed enfatiche e l'espressività dei volti intenzionalmente parossistica. Un riuscito effetto tra lo spassoso e l'inquietante, che pur in un segno più realistico e tradizionale ricorda a tratti un certo gusto per l'eccesso frankmilleriano, con cattivi flamboyant e "larger than life" e eroi rocciosi e parimenti eccessivi.

Chiude l'albo una stori breve di Paul Izzo, Emanuel Derna e Marco Pagnotta, che sviluppa bene i presupposti narrativi del personaggio.