Diabolik 900

 


Confesso che non seguo Diabolik regolarmente, e questo 900 l'ho preso per il valore iconico della cifra tonda unito a una elegante cover metallizzata, unito al costo tutto sommato contenuto del fumetto. Il soggetto è di Gomboli e Pasini, che sceneggia, quest'ultimo, con Finocchiaro. Disegni di Giordano con chine d Brandi, retini di Vasco. La cover è di Buffagni.

Il bello di Diabolik, e il suo iconismo, è anche la sua classicità. Un formato che resta uguale fin dal lontano esordio nel 1962, e tutto sommato, con ovvie micro-variazioni, anche il tipo di storie, di disegno, di montaggio di tavola è rimasto quello della classicità del personaggio. Questo pregio è anche quello che, soggettivamente, mi rende meno interessanti le singole storie di un personaggio che in sé amo molto (ho ad esempio visto e apprezzato il recente film, di cui ho scritto ampiamente su Culture Club 51, e qui avevo ricostruito la ricezione del personaggio). 

Diabolik è infatti un superuomo perfetto (non nel senso dei supereroi americani, ma nel senso generico che tale figura ha dal romanzo ottocentesco in poi, da cui in effetti egli riprende i suoi modelli, da Fantomas in giù). Un superuomo "nero", diaboliko appunto, tanto puramente malvagio - e quindi malvagio con eleganza, senza conflittualità - quanto tetragoni nel bene erano gli eroi del decennio precedente, su tutti l'immortale Tex (1948).

Questa storia non delude: veloce, cinematografica, con un segno certo in parte aggiornato ma in forte continuità col passato, e una storia che mira ad agganciare anche eventuali lettori occasionali presentando alcuni mitologemi del personaggio (alcuni dei quali già apparsi nel recente film, che comunque - anche senza il più vasto successo che gli avrei augurato - ha introdotto e reintrodotto il personaggio a diversi suoi non lettori) fondamentali per inserirsi eventualmente nel flusso da questo starting point. Ben utilizzato, come mostra il titolo, l'elemento numerico del 900, che torna a più livelli all'interno dell'albo per aumentare la suspense.

Ci sono elementi di modernità (spoiler alert, anche se in realtà marginali alla storia): ad esempio, la bionda influencer che incontriamo fin dalle prime pagine è evidentemente una Chiara Ferragni dell'inesistente Clerville diabolika: ed Eva Kant - sublime ma più umana di Diabolik, da sempre - è vittima di una sequenza di tortura in waterboarding più forte di quanto avrei immaginato. E l'elemento giallistico che scatta sul finale funziona. 

Per il resto, siamo nel fumetto del superuomo, appunto: Diabolik vince semplicemente perché è Diabolik, in fondo (ed è corretto così), la sua mira infallibile, il suo aureo pugnale, dallo swiss inconfondibile, va sempre a segno infallibilmente, e a nulla serve moltiplicare ad infinitum gregari, guardie, killer prezzolati. Diabolik 900, insomma, è un eroe del Novecento, prima della decostruzione fin du siecle.

Il che ha indiscutibilmente un suo fascino: ma, al tempo stesso, mi spinge soggettivamente a rendere sporadica la mia frequentazione del re del crimine. E magari è più prudente così.