"Selvaggia" di Rosalia Radosti (Rebelle Edizioni): una splendente fiaba oscura


 


“Selvaggia” di Rosalia Radosti, recentemente pubblicato per Rebelle Edizioni (vedi qui), costituisce l’opera di esordio dell’autrice, affermata illustratrice, nell’ambito della graphic novel, dopo aver realizzato qualche pregevole storia breve.

Consiglio ad esempio davvero la lettura di "Happy", visionabile sulla pagina fb dell'editore, qui: 

Rebelle Edizioni | Facebook

Inoltre, per una panoramica del suo lavoro da illustratrice, consiglio la sua pagina instagram:

Rosalia Radosti (@ra.ro81) • Foto e video di Instagram


Radosti, che in "Selvaggia" è autrice completa, si cimenta qui con un genere che ha ultimamente avuto un certo successo, più ancora che nel fumetto in ambito filmico e dell’animazione: la decostruzione della fiaba. Pensiamo a opere come “Brave” della Pixar, o “Maleficent” o perfino “Cruella”, ritenendo “La carica dei 101” una fiaba moderna. Un rovesciamento che è diventato di successo, forse, nel cinema d’animazione dopo la fortuna di “Shrek” (2001), tratto da un omonima opera narrativa per ragazzi del 1990. 

Ma naturalmente gli spunti di questa decostruzione del fiabesco ha radici profonde, in quella narrativa dell’infanzia basata su una pedagogia progressista che qui da noi ha come campione un maestro (in tutti i sensi) come Gianni Rodari, ad esempio – ma non solo – nelle sue “Favole al telefono” (1962).





Naturalmente, proprio l’inserirsi in un filone di successo si rivela una prova impegnativa, nel delineare una storia che abbia un approccio autonomo a questo trend generale: e Radosti, come vedremo, dimostra di saperlo fare.

Fin dalla elegantissima copertina – sempre di mano dell’autrice, e realizzata, come tutto il volume, con alta qualità cartotecnica – vediamo l’archetipo della fanciulla “selvaggia”, appunto: una giovane principessa che tira con l’arco e rifiuta il ruolo di damsell in distress da chiudere in una torre – magari opportunamente guardata da un dragone – in attesa del principe azzurro. Se vogliamo, si può aggiungere che l’opera appare perfettamente adatta a consolidare il paradigma di “Rebelle Edizioni”, che va consolidando un interessante e personale catalogo dove spiccano spesso storie di autrici, e con protagoniste femminili coraggiose, “rebelli”, appunto.

Come detto, lo sviluppo della storia ha il merito di impostarsi con una certa originalità, non riprendendo un modulo narrativo di “viaggio dell’eroe” ormai consolidato, efficace e un po’ consolatorio. E ciò è ancor più coraggioso se si pensa che è un prodotto che – godibilissimo da un pubblico adulto – pensa anche a un pubblico di giovanissimi.

Fin dalla prima splash page (vedi sopra), in cui Radosti può subito mettere in campo tutto il suo raffinato talento di illustratrice, ci viene dichiarato (dall’immagine e dal testo) che questa sarà una storia anche crudele, anche di “lacrime e sangue”, quasi a preparare il più giovane lettore (e lettrice).





La splendente bellezza luminosa e umoristica delle prime tavole (che sfrutta anche bene l’elemento, tipicamente fumettistico e fiabesco a un tempo, dell’iterazione comica), appare quindi sotto una luce già più malinconica, nell’attesa degli sviluppi annunciati, nonostante un segno acquerellato delicatissimo che rende queste tavole di grande seduzione visiva.





L’evoluzione della storia porta, come consueto, a ragionare sul tema “matrimoniale” presente costantemente nelle fiabe classiche, e appunto a decostruirlo, mostrando come si tratti di un modello forzato nel suo automatismo “salvezza = principe azzurro”.

Tuttavia nello sviluppo la storia prende una direzione decisamente dark, che se potrebbe essere prevista da un lettore più smaliziato e critico, sarà indubbiamente uno shock (salutare) per lettori più giovani. Pur rimanendo nelle convenzioni del romanzo a fumetti per ragazzi, e quindi con una dose di horror comunque contenuta nel “classico”, la storia esplora appieno la sua svolta oscura. 





È soprattutto il cambio della luce nei meravigliosi acquerelli di Radosti a segnare il progressivo incupimento della storia: e in questo, essere autrice completa indubbiamente la aiuta nell’operare questa transizione a un tono oscuro con grande maestria, in perfetto bilanciamento tra la storia e l’aspetto visivo delle tavole. Tanto gioiosi erano i colori primaverili della prima parte, tanto disperante emerge la luce livida e invernale della seconda.

Anche a livello di trama, se nella prima parte la formularità fiabesca – la ripetizione dei bagni “punitivi”, la ripetizione dei goffi e tronfi pretendenti – era usata in modo efficacemente comico, nella seconda parte assume tutta la sua tragicità di “fiaba crudele” (crudeltà però, come detto, non gratuita, ma “educativa” per mostrare una possibilità nelle relazioni cui è bene essere predisposti, senza velarla dietro l’happy ending obbligatorio delle fiabe).





Il finale da un lato non è totalmente pessimistico (come annunciato anche all’inizio), anche perché – in quest’ottica di una lettura anche per ragazzi/e – una chiusa del tutto negativa sarebbe controproducente. Ma, di nuovo, colpisce come – adattato al linguaggio fiabesco – non si risparmi nulla della metafora di una relazione distruttiva (vedi la sequenza finale di p. 120-121).

Un lavoro quindi riuscito, e che consiglierei decisamente per ragazzi delle medie (o forse anche degli ultimi anni delle elementari), soprattutto se come lettura inserita in una successiva riflessione educativa con il gruppo dei pari, sotto la guida di un adulto, che possa far emergere la riflessione sui pericoli di una relazione distruttiva celata in modo elegante sotto la struttura fiabesca (che appunto, in sé, nasconde sempre un elemento educativo implicito, più o meno accentuato).

Radosti tratta questo tema con grande sensibilità, con una delicatezza nel tratto che accompagna quella del tratteggio psicologico dei personaggi, colti con finezza e resi con eleganza sotto il profilo visivo, sia nel disegno dei volti che nella recitazione dei personaggi. Sotto il profilo della struttura di tavola, si usa un montaggio arioso, che parte dalla griglia italiana a tre strip di due vignette e spesso allargate a tutta la strip orizzontale, più raramente alla splash page e alla doppia splash page. Una particolarità sottile, con cui ci piace chiudere, è il bordo sottilmente smussato di tutte le vignette: un espediente che di solito nel fumetto segna un flashback nel passato.

E, in effetti, tutta la storia, come ogni fiaba, è un racconto al passato, introdotto dal classico “c’era una volta”, che ci induce in un mondo fantastico e sognante. Come il sogno conclusivo di Selvaggia, che lascia al lettore/lettrice di immaginarsi come si chiuderà la storia della protagonista. E la sua.