Paolo Fosso, "Ferro e cielo", Leonida Edizioni

 



Parlare di questo romanzo di Paolo Fosso è per me un vero piacere. Si tratta di un volume che ho visto nascere e crescere, perché Paolo - una delle amicizie virtuali sviluppate nella rete di questi anni - è stato così gentile da volermi tra i revisori dell'opera.

Come spiega bene il prof. Mirko Volpi, docente di linguistica italiana all'università di Pavia, il romanzo è una riflessione sul valore della tecnologia, sulle sue finalità e i suoi limiti etici. Il riferimento, ovviamente, è soprattutto ad alcuni potenziali sviluppi della tecnologia informatica, che Paolo Fosso conosce bene, data la sua formazione di informatico. 

Un tema che è da sempre attuale da quanto, nel 1975, siamo entrati nella terza rivoluzione industriale, dopo la crisi petrolifera del '73, la conseguente riorganizzazione industriale e l'apertura delle reti informatiche americane al pubblico accesso da parte delle università e altri enti, nel 1974, che segnano la nascita di internet. 

Ma anche un tema che oggi è particolarmente attuale, data l'impennata delle AI applicate alla produzione di immagini e di testi creativi, tra MidJourney e ChatGPT, che hanno visto nel 2022 un incremento esponenziale almeno nella percezione di massa del fenomeno (e, unitamente al terribile biennio Covid e alla guerra Ucraino-Russa, ci hanno proiettati in quella che sembra una nuova età della storia, e sicuramente più sul versante della distopia).

Naturalmente, il dibattito sulle AI è ampio, giustamente critico: si ridimensiona l'importanza del fenomeno rispetto a entusiasmi forse eccessivi, da un lato, e si esprimono preoccupazioni non infondatamente luddiste sui rischi occupazionali prodotti da queste evoluzioni. E, tuttavia, è inevitabile percepirne il valore segnante sotto il profilo storico. La prima traccia archeologica dell'intelligenza umana è, convenzionalmente, l'apparizione di rudimentali forme d'arte, con la comparsa dell'homo sapiens sapiens e, per quanto lo si possa razionalizzare, ridurre, contestualizzare, l'accesso delle AI a qualcosa che sembra difficilmente distinguibile pare epocale.

L'opera di Paolo Fosso non tratta in modo diretto di questi temi, che non erano nella cronaca spicciola all'epoca della composizione (pur essendo temi della SF da sempre, da "Luciscultura" di Asimov a "La risposta" di Brown). Ma questo appare un merito dell'opera, che ci avvicina a queste tematiche con uno sguardo, potremmo dire, laterale.

Abbiamo un blogger che, per il suo podcast, inizia una ricerca non priva di un certo eclettismo, parlando con personalità che a livello differente si occupano dei temi dell'intelligenza artificiale, di quel "ferro" che potrebbe toccare il "cielo", diciamo. L'inchiesta, la centesima del suo programma, intreccia l'incontro con queste eminenze grigie del rinascimento prossimo venturo con una sottotraccia più inquietante, che emerge gradualmente, e su cui non mi soffermo per evitare spoiler.

Si passa così, con precisione ma senza inutili didascalismi, da Turing ai computer quantistici, dal transumanesimo all'homunculus, fino all'androide, il cui primo esempio rimanda agli studi meccanici di Alberto Magno, da cui deriva anche la diffusione del termine. Il tutto in un incedere raffinatamente labirintico, in un romanzo breve che tuttavia lascia un senso di stordimento, l'impressione di essersi persi nel pur breve dedalo di pagine che ci spingerà probabilmente a più di una rilettura.

Un punto di interesse dell'opera è la sua ambientazione a Pavia, la città di Fosso, che fa da sfondo non decorativo dell'opera. Oltre a dare spessore alla rappresentazione dello spazio del romanzo, muovendosi in un ambiente che conosce bene, l'autore crea un intrigante contrasto tra una cittadina italiana onusta di storia e i temi dell'high tech più sfrenato che si muovono al suo interno. 

Come osserva anche il prof. Volpi nella prefazione, il testo spicca per le sue potenzialità audiovisive: più ancora che un film, forse, il massimo delle sue possibilità lo darebbe in una forma breve, da puntata seriale di un antologico di fantascienza alla Black Mirror italiano. Da appassionato di fumetto, ne vedrei bene una trasmutazione anche in graphic novel o, perché no?, direttamente nella forma d'arte che gli sembra più congeniale, un videogame.

Un altro merito del romanzo è però, d'altro canto, l'accurata ricerca di uno stile, una scrittura asciutta, ironica, ricca di citazionismi dalla cultura tecnologica, scientifica, nerd in cui Fosso si muove a casa sua, come una seconda Pavia. Uno stile che rende bene la caratterizzazione anche linguistica del protagonista, giornalista 2.0 dell'età tecnologica, e che ci guida affabilmente in un percorso che affascina e, in certi punti, inquieta e addirittura terrorizza.

Insomma, un gradevole excursus nel cyberpunk futuribile che ormai è inscindibile dalla nostra quotidianità più normale, visto da una prospettiva inconsueta e quindi foriera di nuove possibilità di lettura. Forse, un domani, leggendo qualche nuova notizia flash sul brave new word ipertecnologico che ci si sta preparando, non diremo più solo, come è ormai consueto: "sembra una puntata di Black Mirror". Ma i veri intenditori diranno, in certi casi: "Sembra un romanzo di Paolo Fosso".