Paola Lombroso, Mario Carrara, "Nella Penombra della Civiltà" (Bocca, 1906)

 



Ho avuto modo di recente di leggere questo saggio di Paola Lombroso - e del marito Mario Carrara - scritto nel 1906, anno in cui la Lombroso presenta il suo progetto per il "Corriere dei Piccoli" al Corsera, che lo eseguirà non affidandole però la direzione, e relegandola in un ruolo minore, sotto lo pseudonimo di "Zia Mariù" (fino alla rottura definitiva nel 1912).

In questo volume Lombroso e Carrara analizzano la cultura popolare con un inchiesta su un gruppo - non vastissimo - di esponenti da loro intervistati, ed è quindi molto interessante. Carrara era il miglior allievo ed erede di Lombroso negli studi antropologici; fu uno dei rarissimi docenti universitari (12 in tutto) che non prestò giuramento al fascismo. Negli anni '20, la casa Lombroso-Carrara era un luogo di contatto tra gli antifascisti di GL torinesi e quelli espatriati in Francia e all'estero. Nel 1935 Carrara venne arrestato e incarcerato dal regime, e morì nel 1937 da detenuto alle Carceri Nuove di Torino.

Paola Lombroso, come la sorella Gina, collaborava dal 1880 all'Archivio di Psichiatria, la rivista del padre, e dal 1896 si era avvicinata al socialismo tramite Anna Kuliscioff, tra le leader del socialismo italiano, che le esorta a occuparsi di creare una organizzazione per aiutare i figli dei poveri negli studi, sul modello di analoga organizzazione milanese. In continuità con quest'idea il progetto, curato anche sul Corrierino, delle "Bibliotechine" per ragazzi, che la Lombroso giudica il suo lascito più rilevante.

Venendo al presente saggio, la "penombra della civiltà", raffigurata bene sulla copertina dalla essenziale incisione anonima (una lampada che emana una luce minima) ha un valore "illuministico": le classi sociali proletarie sono "nella tenebra" quasi completa, e bisogna appurare la loro visione del mondo per guidarle all'emancipazione. 

Gli autori indagano la "cultura popolare" ad ampio raggio, e notano le sue lacune. Il "polo" è un lago, un mare o un fiume ghiacciato per i pochi che rispondono, e solo 3 (su 45) hanno cognizione di cosa sia, vagamente, l'astronomia. Anche chiedendo la spiegazione di sole, luna e stelle emerge una visione arcaica, che non ha beneficiato in nulla della rivoluzione scientifica. In generale emerge una grande indifferenza alla scienza ma anche alla tecnica, salvo per un elemento, visto invece con molto favore e molto usato: la ferrovia. La Lombroso sottolinea la vicinanza con le idee cosmogoniche dei bambini (analizzata nel suo "La vita dei bambini", 1904).

La stessa geografia terrestre è un concetto vaghissimo, al di fuori dell'Italia c'è la percezione di un grande "hic sunt leones", e l'Italia è sopravvalutata moltissimo nella sua dimensione. Giappone, Russia sono "grosse città", per dire).

Anche la cultura umanistica è minima e ancorata solo a poche grandi figure: o biblico-cristiane, oppure legate al risorgimento (Garibaldi, Silvio Pellico, Mazzini, Verdi, i vari sovrani e papi coinvolti). Una eccezione nei più colti sono Cristoforo Colombo e i briganti famosi (oggetti all'epoca, in effetti, di un culto nella letteratura e nel teatro popolare). Con shock dei relatori, Dante Alighieri stesso è una figura ignota (come sarà nel primo "Grande Fratello", del resto...).

Si coglie quindi la differenza radicale con la borghesia anche poverissima, che è unificata da un patrimonio culturale anche quando divisa da quello economico (probabilmente i piccolissimi borghesi più male in arnese non stanno tanto meglio, ma sono comunque "nella luce della civiltà" grazie al loro bagaglio di conoscenze e alla possibilità di ampliarle).

Interessante notare che gli unici giornali letti dagli uomini siano "i giornali umoristici" (si citano "La Luna, il Biricchino, Kri-Kri, il Motto per ridere"). Una donna legge Carolina Invernizio.

Nell'analizzare la cognizione politica appare evidente in primis la loro rassegnazione rispetto alla supremazia della nobiltà, della classe borghese, del re. Appare curioso che per Lombroso e Carrara è "ingenua" l'idea del popolo che il Re abbia un controllo ancora assoluto della nazione, come fosse cosa sua, mentre è invece, per loro, limitato dallo Statuto, dalla legge, etc. etc... in verità, per ingenuità e forse per caso, su questo il popolo nel suo fatalismo ha capito meglio i Savoia della borghesia illuminata.

Appare insomma, come scrivono anche loro, l'esatto quadro descritto da Verga (curiosamente loro citano direttamente e solo Zola, forse perché più vicino alle posizioni socialiste), pur su un bacino popolare del nord (e di circa 20 anni dopo rispetto alle principali opere verghiane).

L'alfabetizzazione è presente in circa la metà dei soggetti indagati, ma non ha portato a un salto di qualità nella percezione del mondo, per quanto alcuni leggano discretamente, non solo in modo puramente meccanico, specie gli uomini. Gli autori quindi concludono esortando a migliorare la cultura del popolo come mezzo di migliorare la società: la Lombroso, in seguito, cercherà di farlo soprattutto partendo dall'infanzia. E. in qualche modo, la sua eredità lascerà un segno nell'indubbio progresso nella cultura popolare.