Lo scarabocchiatore - la scogliera dei suicidi

 


Ho avuto recentemente il piacere di ricevere questa pubblicazione, con cui si inaugura la produzione fumettistica della casa editrice "Lo Scarabocchiatore", evoluzione o, come si direbbe nei fumetti, uno spin-off dell'omonima associazione fumettistica, molto attiva sulla scena del fumetto. Di questo primo volume era stata realizzata una versione spillata per Lucca Comics 2024, ma ora ne è stata approntata una versione brossurata a cui è allegato anche un portfolio di omaggi artistici; per quest'ultimo ho scritto una breve prefazione, in cui ho cercato di evidenziare gli elementi di interesse di quest'albo.

Fumetto e casa editrice costituiscono il coronamento dell'ormai ampio e lungo progetto nato dalla passione di Mirko Leo, tra i principali divulgatori fumettistici in Italia negli ultimi anni con l’Associazione Lo Scarabocchiatore e iniziative ad ampio raggio in favore della Nona Arte, tra presenze social, riviste, un canale youtube con un salotto molto frequentato dai migliori nomi del fumetto italiano, e collaborazioni con le principali realtà editoriali del fumetto, specialmente quello popolare.

Un fumetto che un tempo avremmo definito "da edicola", e che ora deve ragionare su una trasformazione dove l'edicola non è più l'unica sponda, ma diventa sempre più rilevante la libreria di varia, il webcomic, gli eventi, la presenza online, che in vari gradi in precedenza erano legati maggiormente alla scena indie, underground o comunque a un fumetto autoriale. E, quindi, in questa nuova era, una realtà come Lo Scarabocchiatore, molto dinamica e in grado di coinvolgere e fidelizzare una scena variegata attorno a sé, acquisisce un particolare rilievo.  

L’approccio de Lo Scarabocchiatore funziona, perché coniuga uno stile leggero e chiaro con una evidente passione viscerale per il fumetto, che galvanizza fan, appassionati, autori esordienti e professionisti a tutti i livelli, assieme alla capacità di valorizzare in primis il disegno fumettistico, come evoca, in fondo, lo stesso nome associativo.

Il volume, dunque, mostra anch'esso questa capacità di Mirko Leo, del co-ideatore Enrico Ruocco e della associazione di aggregare nomi di primo piano del fumetto italiano attorno a quella che è partita come una realtà "dal basso", di appassionati. La copertina è di Massimiliano Frezzato, nome importante del fumetto italiano con opere come "I custodi del Maser"; la magnifica quarta di copertina è di Lola Airaghi, e il potente frontespizio di Giancarlo Olivares, altri due nomi davvero notevoli del miglior bonelliano fantastico. Questa ricchezza di omaggi visivi testimonia appunto l'attenzione degli "scarabocchiatori" all'aspetto visivo del fumetto, che è in effetti l'anima con cui le storie possono incarnarsi.

La prefazione è a firma di Milo Manara, un breve e affettuoso viatico da quello che oggettivamente è l'ultimo Grande Maestro del fumetto, parte della triade di quelle che ritengo "Le Tre Corone del Fumetto" formata con Guido Crepax, interprete di un erotismo simmetrico al suo, e del grandissimo Hugo Pratt, con cui spesso Manara collaborò in opere di altissimo livello come "Tutto ricominciò con un'estate indiana".

La cura grafica del progetto è di Stefano Sala. Soggetto e sceneggiatura invece sono di Andrea Cavaletto, nome importante del fumetto horror italiano, sull'ammiraglia bonelliana di Dylan Dog e con cose più personali molto più radicali (tra cui giudico "Paranoid Boyd" forse il suo capolavoro).

Qui lo stile di Cavaletto è per molti versi vicino a una declinazione meno estrema dell’horror, ma non per questo meno inquietante, mescolando elementi psicologici dei vari personaggi ed elementi del folklore locale che diventano una proiezione delle angosce intime del protagonista. Su tutto, un certo gusto lovecraftiano per quest’orrore sovrannaturale che agisce innanzitutto e prima di tutto nella sfera onirica. I disegni sono di Marco Bianchini, coadiuvato da Giuseppe Asciolla e Pietro Nicusanti.

Come evidenzia Loris Cantarelli, direttore di Fumo di China, nella sua bella disamina in postfazione, si respirano le atmosfere di Dylan Dog ma calate "nell'affascinante paesaggio campano di Agropoli", nello scoprire che "il vero orrore può essere la vita di tutti i giorni". E quindi il sovrannaturale diventa specchio delle angosce interiori, secondo la vecchia lezione sclaviana, che Cavaletto ha riletto in modi personali.

La riuscita del volume ovviamente si deve anche al team di disegnatori, che realizza un lavoro classico molto curato e seducente, in una buona sinergia professionale con Cavaletto, che offre spazio a soluzioni visive eleganti e di impatto. Bianchini del resto è un nome storico del fumetto Bonelli dalla fine degli anni ‘70, per cui ha realizzato “Kerry il trapper” di Sclavi sul Capitano Mark, per passare poi a Mister No, a Tex – apice della carriera per un disegnatore – e a Dylan Dog in ambito orrorifico, che è qui sicuramente il riferimento principe.

L’attenzione alla resa psicologica e all’onirismo produce tavole molto efficaci, che utilizzano la classica griglia italiana – tre strip di usualmente due vignette – ma si concedono spesso ampie quadruple e splash page per esaltare le visioni più terribili e immaginifiche. Notevole l’uso del bianco e nero in contrasti chiaroscurali di indubbia potenza, sia nel rendere la natura selvaggia della scogliera, sconvolta da una tempesta, che nell’evocare creature infernali e degli abissi. 

Ma l’abilità del disegno si nota anche nell’evocare, per contrasto, gli ambienti domestici e le vedute della una provincia italiana che fanno quasi da contrasto alle manifestazione del sovrannaturale con la loro quotidianità.

In questo primo fumetto Mirko Leo corona quello che è un sogno di ogni appassionato del fumetto, spesso inconfessato: divenire egli stesso protagonista di una storia a nuvolette. La vicenda quindi riprende il suo personaggio - ormai iconico nella scena del fumetto - e lo pone al centro di una storia calata nella sua realtà quotidiana, con un afflato sul sovrannaturale, quasi uno "Stranger Things" calato nella provincia italiana. 

A parte un indubbio elemento di soddisfazione personale, l'idea in fondo non è diversa da quella di molto fumetto popolare di oggi, che traspone a fumetti icone del web o dello star system tradizionale (che a sua volta si appoggia ovviamente al web, oggigiorno): pensiamo alla fortunatissima serie dei fumetti di Lyon, su un pubblico infantile, o all'operazione tentata da Bonelli su Fedez, non particolarmente decollata (da leggere la recensione degli Audaci, qui).

Completa il volume la cartella grafica, in 100 esemplari, di grande formato (all'incirca in A4, direi) e di grande eleganza, in cui confluiscono altri omaggi di primissimo piano. Si tratta di immagini che amplificano ancora la bellezza della storia, a cui si ispirano, e dove come ho detto ho avuto il piacere di scrivere una prefazione per contestualizzarle. 

La cover è di Fabio Fiorebello, e all'interno sono presenti autori di primo livello, tra quelli già citati e altri: sei ottime stampe su cartoncino patinato opaco, 250 grammi, di Giampiero Casertano, Davide Furnò, Giancarlo Olivares, Lola Airaghi, Massimiliano Frezzato e Alessandro Nespolino.

Pertanto, il fumetto è di particolare interesse per gli appassionati de Lo Scarabocchiatore, ma resta comunque un horror godibile grazie all'alto livello di professionalità coinvolte. L'aspetto che trovo più interessante è l'indagine dell'orrore calato nella provincia italiana, che in qualche modo costituisce un tentativo di ritorno alla vera origine dell'orrore sclaviano, nato nelle brume di Pavia solo in seguito divenute quelle di Londra, per la classica esterofilia bonelliana di cui ha scritto molto bene Castelli in "America on my mind".