Bruno Morchio e Marco D'Aponte, "Maccaia" (Capricorno, 2024)


 



Il post di oggi è relativo a un bel volume di recente uscita, la graphic novel "Maccaia" tratta dal romanzo dello scrittore Bruno Morchio, sceneggiata e disegnata da Marco D'Aponte, fumettista di cui spesso mi è capitato di parlare (vedi qui), e che nella sua poliedrica produzione ha appunto un occhi di riguardo per il noir.

L'opera è edita da Capricorno, casa editrice indipendente di Torino che si aggiunge così alle molte case editrici che, ormai, si cimentano anche nel mercato del fumetto da libreria. L'opera però è uscita anche edicola xome allegato de Il Secolo XIX, in una operazione commerciale esistente ma non così frequente, e che qui si giustifica per il forte radicamento genovese di questo giallo.





A partire dal titolo: "Maccaia", parola che non conoscevo, e che indica un particolare clima genovese, quando, per citare le parole d'apertura del romanzo, "il vento soffia dal mare gonfio di sale e di umidità. La primavera arriva così. Lo scirocco soffia su Genova per tre quarti dell'anno, fino ad esaurirsi in un'aria immobile, quell'aria sospesa dove tutto può accadere e niente mai accade."

Fin da queste righe capiamo come questo sarà, senza fare inutili spoiler, un giallo giocato soprattutto sulle atmosfere, un classico noir italiano dove la trama investigativa, pur presente, serve più per immergerci in un ambiente, in un microclima ineffabile. Il modello alto è indubbiamente il fondamento del nostro postmoderno, "Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana" con la Roma gaglioffa e brutale descritta da Gadda con un raffinato pastiche letterario. Ma, in tempi recenti, è il filone aperto da Camilleri col suo Montalbano (1995), da cui comunque il Bacci Pagano (2004) di Bruno Morchio è del tutto indipendente, collegandosi più al filone dell'hard boiled americano del private eye stazzonato in una salsa locale.





L'autore e il personaggio hanno recentemente vinto anche il Premio Scerbanenco 2023, il più prestigioso, forse, dei premi italiani del giallo e del noir, con "La fine è ignota", e festeggiano così il ventennale con questo esordio a fumetti.

Lo spunto di partenza, come da presentazione del volume, è un grande classico di questi gialli urbani all'italiana. Bacci Pagano viene ingaggiato da una compagnia assicuratrice per indagare sulla morte di un anziano strozzino, in apparenza morto sbranato da un lupo nel parco del Peralto, che aveva stipulato un’assicurazione milionaria sulla vita, con beneficiaria la giovane moglie panamense. 

Ne segue una storia giustamente affollata di personaggi e colpi di scena, come si confà al giallo dove il narratore deve rimescolare più volte le carte per compiere adeguatamente i suoi giochi di prestigio. Un adattamento quindi non facile per il fumetto che si presta a una maggior sintesi, ma ideale per lo stile di D'Aponte che si è dimostrato, anche nelle sue opere precedenti, particolarmente abile a far funzionare, tra le altre cose, una matassa ingarbugliata di personaggi e situazioni (come ne "I morti non sanno nulla", 2019, di cui ho scritto sul blog).





Il suo segno elegante, lievemente spigoloso, impreziosito dall'acquerellatura (qui in bianco e nero, come si confà al noir, anche se lo spettacolo è massimo quando si dà al colore) è congeniale nel coniugare il labirinto dei carruggi col labirinto della trama. Lo aiuta, in questo, anche l'eleganza del montaggio della tavola, sempre molto variato ed elegante pur restando perfettamente leggibile e, almeno qui, meno sperimentale all'apparenza e quindi scorrevole anche all'occhio del lettore più occasionale e saltuario di fumetti, a cui si rivolge, anche, questo tipo di produzioni.

Buona come al solito la resa della recitazione dei personaggi, centrale in un giallo che, pur non privo di azione, è prevalentemente giocato sul dialogo e l'investigazione.

Insomma, un volume indubbiamente godibile, da leggere per immergerci per qualche ora gradevole nei bassifondi della Genova del noir.





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