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Claudio Sottocornola, "A che punto è la notte?" (Oltre, 2024)






Ho avuto più volte modo di scrivere, negli anni, del lavoro del collega Claudio Sottocornola (Bergamo, 1959), docente di filosofia e storia nei licei con una vasta esperienza di docente e divulgatore, che coniuga la propria competenza disciplinare con uno sguardo attento alla cultura pop, musicale in primis, ma non solo. 

Un taglio che, nei limiti del mio possibile e un ambito differente (insegno in un'Itis informatico, e il mio focus è sul fumetto), anch’io ho sempre cercato di perseguire. Per tale ragione, scrivo con piacere di questo “A che punto è la notte?”, raccolta di saggi dell’autore che indaga il tema della crisi del sacro, che inaugura una collana saggistica delle edizioni Oltre.

Il titolo rimanda a una citazione biblica (Isaia, 21:11) ma anche al bel giallo di Fruttero e Lucentini (1979), sequel più esoterico de “La donna della domenica”, che parimenti indaga la crisi culturale della Torino bene con ironia ineffabile (non so se il doppio rimando sia intenzionale). La battuta, nel romanzo, spetta alla sapiente figura dell'Arcivescovo (che, in modo non dichiarato, è il conciliare cardinal Michele Pellegrino): nel momento più buio egli rassicura il commissario Santamaria circa il turbinio esoterico in cui il suo caso si va perdendo, invitandolo a procedere con razionalità. E infatti Santamaria lascia perdere le fumisterie gnostiche, si concentra sul suo fiuto da detective e risolve il complicatissimo caso. 

"Tracce di pensiero vigile", il sottotitolo, quasi in parziale opposizione al pensiero debole di Vattimo; la citazione di Montale richiama la sua lirica "Il sogno del prigioniero", nella "Bufera" (1956), che esprime una onirica resistenza ai totalitarismi del Novecento e ai loro orrori.

Non a caso il primo saggio, "Le ragioni della poesia", si incentra sull'importanza della bellezza per dare un senso al mondo: "L'idea che non è capace di incarnarsi come bellezza dimostra la sua impotenza", come afferma l'autore citando Vladimir Solov'ev. 

Ne "L'impegnativa bellezza del pluralismo" questo concetto è ampliato e declinato in un maggior rimando alla presente epoca, segnata da un politeismo dei valori (per citare Weber) che anche la chiesa ha accolto con la svolta del Concilio Vaticano II e l'apertura alla modernità.

Ne "Il fascino discreto della post-verità" l'autore affronta un altro aspetto ancora, ovvero, come è facile intuire, la modernità liquida di Bauman connessa agli sviluppi del web 2.0, tra social e fake news.

In "Pensare l'anima e il suo destino", invece, il problema dell'anima è esaminato anche alla luce dell'intelligenza artificiale e dei suoi recenti sviluppi, che ci costringono a riflettere su cosa è costitutivo dell'umano, qual è lo spazio della sua irriducibilità.

Ne "E le stesse stanno a guardare" si esamina il problema della potenziale presenza di altre intelligenze su altri mondi. Ho trovato interessante, oltre lo sviluppo di una riflessione che tiene conto anche dei sogni della fantascienza, il rimando al vescovo di Parigi del 1277, Etienne Tempier, che rigetta la proposizione che vietava a Dio di aver creato altri mondi come il nostro, ammettendo così la possibilità di alieni.

Altri saggi ancora esaminano la questione del Gender e  dell'animalismo, per poi giungere a una conclusione sulla crisi del sacro esaminata in vari suoi aspetti negli ultimi due saggi conclusivi. In questo modo dai vari saggi emerge una disamina del tema del sacro indagata sotto vari punti di vista, in una dimensione spirituale che, tuttavia, non è puramente confessionale, e che punta ad assumere un punto di vista universale. 

Il tutto scritto in uno stile scorrevole, sintetizzando senza banalizzare questioni complesse usualmente trattate in saggi più corposi. Ne emerge una visione dotata di una sua unitarietà pur nella struttura frammentaria dell'antologia di saggi diversi, che può costituire un'utile spunto di riflessione per il lettore.

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