Il Barbiere-Alchimista
LORENZO BARBERIS
Un annetto fa mi ero dilettato a ricostruire i rapporti tra il barbiere e la letteratura, dato che il mio cognome rimanda indubbiamente alla professione di barbiere svolta anticamente da qualche mio antenato.
Il negozio di barberia al centro dell'agorà era quindi già in Grecia - e Magna Grecia - un luogo di scambio e conversazione, giungendo poi nel 296 a.C. tramite la Sicilia in in una Roma sempre più ellenizzata nei costumi, col tonsore romano.
Un annetto fa mi ero dilettato a ricostruire i rapporti tra il barbiere e la letteratura, dato che il mio cognome rimanda indubbiamente alla professione di barbiere svolta anticamente da qualche mio antenato.
Ora ho deciso di stendere anche qualche nota storica sulla professione che, in qualche momento della storia, deve essere stata quella dei miei avi.
Il barbiere come professione è indubbiamente antica. Gli esseri umani, nell'evoluzione, tendono ad essere più glabri degli animali: l'assenza di peli è quindi sintomo di purezza: barba e capelli possono imprigionare dei demoni. Il barbiere è quindi un ruolo sacerdotale, incaricato di un rito di purificazione. Tale purificazione, ovviamente, è maggiore nei climi caldi, e massima nelle civiltà più organizzate nella Mezzaluna Fertile.
In Egitto si trovano rasoi di pietra verso il 5000 a.C., in bronzo dopo il 3500 a.C.. I barbieri sono parte della casta sacerdotale, dato che i sacerdoti operano in Egitto una tonsura totale, ogni tre giorni.
Col sorgere di una civiltà laica nella Grecia classica il negozio del tonsore nella città stato greca di stampo ateniese divenne uno dei luoghi fondamentali dell'Agorà. Un luogo dove assumere un aspetto ordinato e, al contempo, stabilire contatti e acquisire informazioni in un contesto informale.
Il negozio di barberia al centro dell'agorà era quindi già in Grecia - e Magna Grecia - un luogo di scambio e conversazione, giungendo poi nel 296 a.C. tramite la Sicilia in in una Roma sempre più ellenizzata nei costumi, col tonsore romano.
La prima tonsura di un giovane aveva un preciso valore rituale, residuo dell'antico valore rituale. Il termine di "barba" deriva dai "barbari", termine onomatopeico ("coloro che parlano dicendo bar bar", ovvero parole senza senso), poiché sono i barbari a portare barba e capelli incolti, segno di inciviltà.
Proprio forse per tale forte identificazione con l'età pagana, col cristianesimo e con la crisi della civiltà tale rito decadrà in favore, in generale, di una barba più incolta nell'alto medioevo, sull'influsso dei barbari che avevano invaso l'impero (da barbari anche "longobardi", "long bears" da cui "lombardi", identificativo di tutto il nord Italia nel medioevo).
Anche qui, i barbieri sopravvivono inizialmente legati ai monasteri e agli ordini religiosi, dove i religiosi si distinguono tramite la tonsura, e hanno quindi un barbiere nel loro ordine.
Anche qui, i barbieri sopravvivono inizialmente legati ai monasteri e agli ordini religiosi, dove i religiosi si distinguono tramite la tonsura, e hanno quindi un barbiere nel loro ordine.
Con la rinascita dell'anno 1000 si ha una maggiore diffusione anche nelle città. Nel 1163 al Concilio di Tours, Papa Alessandro III proibisce agli uomini di chiesa di occuparsi di medicina; mentre i pochi laureati di medicina nelle università se ne occupano solo in modo teorico. Si forma quindi la corporazione dei barbieri-cerusici, i quali praticano anche forme essenziali di chirurgia.
Nel palo da barbiere, la fascia rossa e bianca alternata rappresentano il sangue venoso e le fasce bianche usato per chiuderlo.
Le corporazioni dei Barbieri nascono di conseguenza al decreto papale; l’apprendistato si iniziava a dodici anni, cui seguivano sette anni di formazione, si seguivano lezioni di anatomia e dissezione, e spesso i barbieri erano la mano dei medici accademici, molto teorici, negli interventi chirurgici.
Le corporazioni dei Barbieri nascono di conseguenza al decreto papale; l’apprendistato si iniziava a dodici anni, cui seguivano sette anni di formazione, si seguivano lezioni di anatomia e dissezione, e spesso i barbieri erano la mano dei medici accademici, molto teorici, negli interventi chirurgici.
I Barbieri, con le loro cognizioni di medicina e di dottrina degli umori, potevano essere quindi dei praticanti alchemici popolari, sufficientemente "sotto i radar" dell'Inquisizione che più facilmente prendeva di mira alchimisti più blasonati, docenti all'università o autori di saggi scritti.
Il massimo fondatore dell'alchimia rinascimentale, Paracelso, ammonisce i suoi discepoli dell'importanza di cercare i segreti esoterici anche nelle tradizioni popolari dove si sono celati, tra le streghe, i guaritori, i barbieri, non limitandosi all'alto dell'accademia. Un monito tenuto presente, in altre modalità, anche da Cornelio Agrippa (che pone tra le conservazioni celate dell'esoterismo, per primo, anche i Templari).
Parmigianino, sempre nel '500, pittore alchemico per eccellenza, volle realizzare un proprio autoritratto in uno specchio da barbiere, come esercizio virtuosistico di stile che, tuttavia, fu seminale di uno stile di autoritrattistica ripreso anche da un grande artista-iniziato del '900 come Escher.
Tra i barbieri accusati ingiustamente di un'alchimia nerissima figura il Gian Giacomo Mora, che è centrale nel grande capolavoro letterario italiano dell'800, i Promessi Sposi. Il Mora infatti fu accusato di essere l'untore della peste milanese.
In occasione dell'epidemia di peste che aveva colpito Milano aveva iniziato a produrre (con il consenso dei Commissari alla Sanità) un unguento per difendersi dal contagio. Molti cittadini lo comperarono e tra questi il commissario di Sanità Guglielmo Piazza, più esposto degli altri al contagio per il suo compito.
Il Piazza però venne poi accusato di essere un untore, e torturato confessò di spargere il contagio con l'unguento ricevuto dal Mora. L'ispezione alla sua casa fece rinvenire un laboratorio alchemico che rinvigorì i sospetti, portando alla condanna.
Parmigianino, sempre nel '500, pittore alchemico per eccellenza, volle realizzare un proprio autoritratto in uno specchio da barbiere, come esercizio virtuosistico di stile che, tuttavia, fu seminale di uno stile di autoritrattistica ripreso anche da un grande artista-iniziato del '900 come Escher.
Tra i barbieri accusati ingiustamente di un'alchimia nerissima figura il Gian Giacomo Mora, che è centrale nel grande capolavoro letterario italiano dell'800, i Promessi Sposi. Il Mora infatti fu accusato di essere l'untore della peste milanese.
In occasione dell'epidemia di peste che aveva colpito Milano aveva iniziato a produrre (con il consenso dei Commissari alla Sanità) un unguento per difendersi dal contagio. Molti cittadini lo comperarono e tra questi il commissario di Sanità Guglielmo Piazza, più esposto degli altri al contagio per il suo compito.
Il Piazza però venne poi accusato di essere un untore, e torturato confessò di spargere il contagio con l'unguento ricevuto dal Mora. L'ispezione alla sua casa fece rinvenire un laboratorio alchemico che rinvigorì i sospetti, portando alla condanna.
Il fondatore della rinascita moderna dello studio del Tarocchi come strumento di divinazione occulta, poi, fu il barbiere Aillette (1738-1791), con nome esoterico di Etteila, ottenuto rovesciando il proprio nome.
Egli, anche commerciante di stampe e quindi probabilmente di tarocchi, per primo nella sua bottega iniziò a divinare coi tarocchi, ipotizzandone una origine egizia, derivante dai Libro dei Morti di Toth, il libro magico degli egizi come guida nel viaggio ultraterreno, con formule per controllare i demoni dell'oltremondo.
In qualche modo, nell'esoterismo Etteila viene ad essere l'equivalente della figura del Barbiere come intellettuale del popolo, "l'illuminista del villaggio", la cui bottega è un po' il contraltare della chiesa, luogo dove gli spiriti liberi vanno e, con la scusa di un taglio di barba, parlano liberamente.
Il secondo padre della psicanalisi, Jung, porrà la psicoanalisi scientifica moderna sulla scia degli esoteristi del passato, e darà valore alla cartomanzia coi tarocchi come permutazione di archetipi significativi, in grado di collegare l'interrogante all'immaginario collettivo.
L'arte si sciolse solo nel corso del '700, con la fine di tutte le corporazioni medioevali nella società della nascente rivoluzione industriale. Tuttavia, pur rinunciando alla pratica medica, i barbieri continuano a svolgere un ruolo fondamentale come luogo di aggregazione, pur non più legato a un luogo cospirativo.
Eliphas Levi nel 1850 critica Etteila ed è lui a identificarlo come barbiere. Con Levi si entra nell'era delle scienze occulte, abbandonando l'era precedente dell'ermetismo. Criticare Etteila come barbiere (per sottrargli tra l'altro le sue idee) testimonia la residua vitalità di un esoterismo "da barbiere".
L'ultima, nerissima, figura di un barbiere come un occultista è quella di Sweeney Todd, reso noto da un Penny Dreadful del 1846, gli horror popolari a basso costo dell'Ottocento inglese. Il barbiere Todd, con la sua bottega a Fleet Street, avrebbe ucciso alcuni clienti col suo rasoio per poi farli sparire.
La sua reale esistenza è contestata, ma nel caso fosse autentica anticiperebbe la figura, a fine secolo, di Jack The Ripper, che similmente uccideva le sue vittime con una lama di rasoio. Jack è invece una figura storica, ed è ipotizzato esser collegato anche a riti massonici oscuri, come in "From Hell" di Alan Moore che riprende e sistematizza, in chiave narrativa ma rigorosa, gli studi esoterici precedenti.
Se vogliamo, uno dei pochi accenni esoterici del '900 è il paradosso di Bertrand Russell, "Il paradosso del Barbiere", impossibile da inserire in un insieme tra gli uomini che si fanno la barba da soli e quelli che se la fanno dal barbiere.
Insomma, una lunga tradizione, a cui mi fa piacere pensare, velleitariamente, abbia aderito in qualche modo anche qualcuno dei miei avi.