Samuel Stern 38 - La chiave dell'abisso (Bugs Comics)

 



Questo numero 38 di Samuel Stern, inserito nell'attuale ciclo del personaggio, si conferma un albo di fattura particolarmente valida, sulla linea del buon livello raggiunto dalla testata e anche qualcosa in più. 

Copertina come al solito di grande impatto, fedele ai temi dell'albo (anche se c'è molto di pi di quanto lasci presagire); alla sceneggiatura abbiamo Massimiliano Filadoro, tra i creatori del personaggio quello che ha sempre mostrato un penchant più dichiarato per le tematiche esoteriche. Ai disegni lo accompagna Lisa Salsi, che aveva interpretato già "L'abisso" (con cui questa nuova storia è in forte continuità: della prima storia avevo parlato qui) e "L'angelo del focolare".

Non vi sono particolari spoiler, in quanto non narro la trama dell'albo: ma naturalmente consiglio vivamente di leggere prima la storia - merita davvero molto - ed eventualmente tornare qui.



Il segno di Salsi, già efficace nell'albo precedente, mi pare essersi particolarmente raffinato visivamente, in una certa continuità con la "scuola salernitana" del fumetto, che aveva furoreggiato in Bonelli specialmente negli anni '90 e primi 2000 su Dylan Dog (Brindisi) e Nathan Never (De Angelis). Il segno dell'autrice è comunque personale e raggiunge esiti di notevole eleganza compositiva. 

Proprio tale eleganza stilistica, unita a un segno estremamente preciso e dettagliato, è utile a rendere particolarmente efficaci le scene splatter che in quest'albo abbondano: non tanto come splatter fine a sé stesso ma come un disturbante corporeo, che emerge ancor più inquietante sia per il gusto del dettaglio dell'autrice, sia perché interviene su scene precedentemente, invece, dal tono delicato e sottilmente melanconico, con un gioco di contrasto decisamente riuscito.

Per la prima volta questo orrore fisico emerge - in modo ancora realistico - a pagina 22, avviando un'indagine che gli stessi protagonisti dichiarano anomala rispetto al loro lavoro esorcistico tradizionale.





La storia inizia subito a dipanarsi con una certa complessità, rievocando il personaggio di Arabella. Sulle parole di Death By Water di Thomas Eliot, comprendiamo che l'esorcismo non è andato pienamente a buon termine: e non per una mancata cacciata del demone ma, in modo molto più disturbante, per il vuoto che questo ha lasciato nella vittima. 








Un concetto molto interessante, affrontato in Samuel Stern forse per primo da Luca Blengino in "Valery", storia particolarmente apprezzata dai lettori, che esaminava il "dopo" della vittima. In effetti, usualmente - ed è in fondo normale - nella fiction investigativa la soluzione del caso coincide anche con la risoluzione dei problemi per le vittime, salvo il tema del "ritorno del mostro" in numeri successivi. Qui si mantiene ovviamente questo elemento della fiction popolare, ma si aggiunge il fattore del trauma che non si rimargina una volta superato l'evento.




Di Eliot, più avanti, si cita anche The Waste land, che si inserisce bene anche nell'evocazione del tema ecologico della "terra devastata". Curioso come, in questi stessi giorni, la trasmutazione di Dylan Dog con la distruzione della continuity degli ultimi dieci anni e il ritorno al passato si compia nel segno di due albi del nuovo astro che sorge Lanzoni, al suo esordio di sceneggiatore fumettistico con questa operazione, che citano per appunto due celebri versi di Eliot, da "The Hollow Man" (che sono il tema dell'albo).

La disegnatrice cita anche tra le ispirazioni usate per evocare le atmosfere dell'albo la Ballata del Vecchio Marinaio di Coleridge, e film come "Non Lasciarmi" (2005) ed "Espiazione" (2007) - che non conosco.



Interessante anche il sottotesto non esplicitato di Arabella che è legata all'ecologismo attuale, sempre meno ottimistico e sempre più (realisticamente, purtroppo) consapevole della tragedia cui stiamo andando incontro: nella sua casa appaiono molti poster in ambito Extintion Rebellion, che si coniugano bene alla cupezza disperante (per quanto non gridata, e magari è pure peggio) del personaggio.




In tutto questo, ancora una volta, è fondamentale l'accurata freddezza del segno di Salsi, nel rendere - prima ancora dell'orrore assoluto che irromperà nel finale - la sottile disturbante paranoia indotta dai dettagli ossessivi: si tratti della casa di Arabella, della collezione di farfalle del medico curante, della collezione di santi martiri della vittima da cui parte l'indagine, quasi una collezione di orrorifici arcani maggiori dei tarocchi.



Accurata è anche la resa delle sequenze di flashback, che come al solito nella testata sono rese in una scala di grigi acquerellata, in vignette senza margini e più luminose (e meno dettagliate) di quelle del presente.

Superata la metà dell'albo, come spesso capita in Stern - e specialmente in Filadoro - il tessuto del reale inizia a dissolversi in un onirico inquietante, da incubo. Qui la visione della realtà come un abisso sottomarino richiama certi elementi del lovecraftiano: non quelli più immediati di solito citati, i grandi mostri ciclopici della tradizione degli antichi,  ma quelli più sottili, sulla percezione alterata del reale che induce alla follia.

Viene in mente, per alcuni aspetti viene in mente il Neonomicon di Alan Moore e Jacen Burrows (ma lo sviluppo è totalmente diverso, autonomo e in certa misura più originale, in quanto meno derivativo-interpretativo di Lovecraft, se non in senso molto lato come pilastro culturale di un certo horror): sia le riflessioni di Filadoro possono avere dei paralleli con quelle del Bardo del fumetto inglese, ossessionato dal tema della percezione dello spaziotempo in tutte le sue opere, sia - in totale autonomia, ripeto - il segno di Salsi può richiamare la precisione minuziosa e un poco paranoide di Burrows.

Il parallelo mi suggerisce anche che quest'albo sarebbe davvero intrigante immaginato a colori, dato che il colore era un elemento determinante dell'inquietudine di Neonomicon, e qui credo potrebbe arricchire ulteriormente lo spirito orrorifico già ben funzionante in bianco e nero.



E nel finale si giunge anche al trionfo del disturbante, esaltato dal segno minuzioso di Salsi. Il merito di Filadoro è quello di non usare il terrificante, l'unheimlich freudiano solo come elemento sensazionalistico ma, come suo solito, inserendolo in un percorso dove esso ha una valenza perfettamente logica (nella logica distorta e rovesciata del Chaosium che domina questo come l'altro albo dedicato all'Abisso, ovviamente). Non dico nulla di più per non fare spoiler, e condivido solo questa immagine (già circolata online) per mostrare la potenza immaginifica del segno di Salsi.

La chiusura dell'albo offre qualche risposta e apre altrettante domande, in una conclusione apertissima come si confà alla stretta continuity stermiana. In ogni caso le ultime note dell'albo evocano l'apocalisse incombente che va dipanandosi in questa run del personaggio, lasciandoci in attesa del suo prossimo capitolo.