Samuel Stern - Il quinto comandamento

 



Dopo l'esoterico "Il secondo girone" (ne avevo parlato qui), Andrea Guglielmino torna il 29 gennaio in edicola per Samuel Stern con questo "Il quinto comandamento" (continuano i titoli dal gusto numerologico), per gli efficaci disegni di Annapaola Martello.

La cover di Di Vincenzo/Piccioni/Tanzillo è come al solito di grande impatto, ancor più spettacolare della media (la ripropongo qui sotto in versione "nuda"), e appena dopo l'esordio con la appropriata citazione di De André ("Il testamento di Tito") si entra nel merito con una riflessione, nuovamente, sulla posizione numerica del comandamento "Non uccidere", che oscilla dal quinto al sesto o al settimo posto a seconda delle versioni.





(Di qui in poi, pur non entrando nel dettaglio della trama, possibili spoiler)

Il tema è declinato, lo intuiamo a partire dalla Splash page col titolo, nel senso della questione dell'eutanasia, che vede coinvolto nel dilemma padre Duncan, il sacerdote che affianca l'esorcista irregolare titolare della serie, Samuel Stern.

La questione è particolarmente intricata per il sacerdote perché affonda le radici nel suo passato: veniamo portati indietro di quarant'anni, nel 1982, ai tempi dell'IRA irlandese e alla giovinezza del futuro religioso.

(viene in mente, tra le righe, un parallelo a distanza, come spesso su Samuel Stern, con le vicende del bonelliano Dylan Dog, che "Finché morte non vi separi" intreccia similmente le sue vicende con quelle dell'IRA, e con l'unica donna da lui sposata nel "vecchio canone").

Il "Non uccidere" viene mostrato anche così nell'altro polo del dilemma morale, quello dell'uccidere legato a una presunta "giusta causa" nel passato, così come nel presente è legato alla richiesta di porre fine a lunghe sofferenze del protagonista.

Come è facile intuire, la cosa si va a sovrapporre alla vicenda esorcistica, con un demone che si impadronisce dell'aspirante suicida per impedirgli di darsi la morte.

Qui Guglielmino inventa una situazione teologicamente avvincente: infatti, in effetti, per un demone non ci sarebbe più gustosa sfida a un sacerdote esorcista che offrirgli un "patto col diavolo" in grado di tutelare formalmente i valori che deve difendere (e in cui Duncan realmente crede, oltretutto).

Chiaramente, non entro nel merito di come venga sviluppato il doppio dilemma morale, che è il fulcro dello sviluppo della storia, e rimando all'albo per cogliere in che modo sia alla fine risolto dallo sceneggiatore. 





Guglielmino, come al solito, è abile a giocare coi simbolismi, inserendo in bocca ai personaggi delle ambivalenze che possono divenire la chiave per decifrare il senso della storia: IRA, ad esempio, che oltre ad essere la sigla dell'organizzazione terroristica è anche il peccato capitale degli iracondi, che caratterizza ovviamente la violenza contro l'occupazione inglese ma anche la condotta dei vari personaggi dell'albo (anche lo stesso Duncan, qui più protagonista di Stern).

Similmente, ricorre più volte il simbolo cristiano di Ichthys, pesce, come rimando a Cristo: nel crocifisso evocato all'inizio, certo, nel fratellino perduto, nell'Ictus che origina la sofferenza di Jerome. Contrapposto all'Ira, è il simbolo della vittima innocente, l'agnello sacrificale che all'Ira soccombe.

Questi mi paiono i due campi semantici principali a livello simbolico, su cui Guglielmino costruisce una opposizione interessante e originale nello sviluppo, pur essendo un archetipo classico nella sua base di partenza.




Parlando dei disegni di Annapaola Martello, si confermano funzionali alla storia, con un segno nitido che porta avanti bene la narrazione, suddivisa tra un passato sottolineato dall'uso della mezzatinta mentre il presente è in un contrasto netto di bianco e nero. Le scene demoniache hanno dei passaggi piuttosto riusciti che riescono ad evocare un genuino senso di inquietudine, specialmente nella sequenza quasi conclusiva di pagina 92-94. Il disegno qui sopra non è legato all'albo, ma mi sembrava rappresentativo del suo stile e particolarmente bello. Permane il montaggio moderno, americano, che si era già visto nella sua prova sterniana precedente, al numero 10 (ne avevo scritto qui), anche se con un segno, forse, questa volta, meno cupo, in una storia incentrata su un orrore più sociale e meno puramente "gothico".

Tra le citazioni visive interessanti, il Jerome posseduto che dipinge il Grande Dragone Rosso di William Blake a pagina 50 (vedi il dipinto originale, che ho pubblicato più sopra, per un raffronto); mentre nella sequenza finale di pagina 88 e dintorni il cattivo biondo e allampanato mi ricorda da vicino lo Zanardi di Pazienza (cooptato ai tempi anche su Dylan Dog dalla Barbato, nel personaggio ricorrente del figlio degenere di Bloch, Virgyl), coerente con la cattiveria del personaggio.

Insomma, nel complesso un albo interessante, che conferma come Samuel Stern spesso dica il suo meglio in storie potenzialmente autoconclusive, in cui il tema demonologico serve da cartina al tornasole per scrivere in modo nuovo tematiche sociali, come in questo caso (o nell'acclamata storia di Luca Blengino, "Valery", che sta per essere edita a colori). 

Anche se, ovviamente, non mi spiace quando l'esorcista di Edimburgo scende in profondità puramente diaboliche, con un occhio di riguardo all'esoterismo stretto: ma su questi temi, in forma più pura, Guglielmino magari tornerà in futuro, per scendere qualche ulteriore girone della sua scala numerologico-sterniana.