“L’inno a Satana” di Carducci è uno di quei testi che avevo piacere di possedere, come indubbia curiosità storica legata al primo Nobel della nostra letteratura, oggi di fatto estromesso dal canone letterario che si insegna a scuola (chissà che non c’entri anche, un po’, quel “peccato giovanile” del Poeta Vate dell’Italia unita). Composto nel 1863 per un simposio privato, e stampato per la prima volta nel 1865, nel 1869 venne riedito per celebrare l’avvio del Concilio Vaticano I, che anticipa di un anno la momentanea caduta dello Stato della Chiesa e del potere temporale dei papi. Questa edizione XIII, da Zanichelli, per ricche Lire Una, è carina per varie ragioni, oltre che per essere l’unica versione ottocentesca, in vita dell’autore, che si recupera facilmente online. Il numero non è male, innanzitutto, satanico il giusto; e poi il 1879, anno dell’edizione, è quello in cui Carducci viene a Mondovì presso il regio Liceo come ispettore, e ne trae spunto per i versi del “Dolce Mondov
libri e fumetti sulla sedia del barbiere.